Burro e cannoni – La Russia ha un piano a due direttrici per aiutare il popolo venezuelano

Burro e cannoni – La Russia ha un piano a due direttrici per aiutare il popolo venezuelano

4fcae-i2b52bmaestri

Di Joaquin Flores

FONTE

Traduzione di Guido Fontana Ros

 

putin-maduro

MOSCA, Federazione Russa – Le autorità russe hanno lanciato un piano in due parti per aiutare il loro partner strategico, il Venezuela, a uscire dalla profonda crisi. La prima è rivolta immediatamente alla stabilità della sicurezza, e comporta l’uso di mercenari russi approvati dal Cremlino presi dal contingente della Wagner. Reuters ha riferito oggi in mattinata:

“Appaltatori militari privati ​​che svolgono missioni segrete per la Russia sono volati in Venezuela negli ultimi giorni per rafforzare la sicurezza del presidente Nicolas Maduro di fronte alle proteste dell’opposizione sostenute dagli Stati Uniti, secondo due persone vicine agli ambienti degli appaltatori russi.

Una terza fonte vicina agli appaltatori russi ha anche detto alla Reuters che c’era già un contingente in Venezuela, ma non è stato possibile dire quando siano arrivati ​​o quale fosse il loro ruolo.

La Russia, che ha sostenuto il governo socialista di Maduro per un ammontare di miliardi di dollari, questa settimana ha promesso di stare al suo fianco dopo che il leader dell’opposizione Juan Guaido si è dichiarato presidente con l’approvazione di Washington.

È stata l’ultima crisi internazionale a dividere le superpotenze globali, con gli Stati Uniti e l’Europa a sostegno di Guaido, e Russia e Cina che sollecitano la non interferenza “.

Come nota di correzione, l’UE riconosce che Maduro è presidente del Venezuela, nonostante dichiarazioni non ufficiali o personali espresse da vari leader europei o dell’UE, e il rapporto Reuters qui è in grave errore.
In connessione con questo vi è il precedente accordo sulle armi del 6 dicembre 2018. Venezuela e Russia hanno firmato diversi contratti multimiliardari durante la visita della delegazione venezuelana guidata dal presidente Nicolas Maduro a Mosca.

Oggi sono stati firmati dei contratti per garantire investimenti superiori a 5 miliardi di dollari con i nostri partner russi in una joint venture per incrementare la produzione di petrolio greggio”, ha detto. “Inoltre, stiamo garantendo un investimento di oltre 1 miliardo per il settore minerario, principalmente per la produzione di oro.

 Il presidente venezuelano ha anche dichiarato che un accordo sulle forniture di grano russo al paese sudamericano è stato firmato durante la sua visita a Mosca insieme a un contratto sulla manutenzione delle armi.

Abbiamo … firmato un contratto per garantire forniture di 600.000 tonnellate di grano per i venezuelani”, ha affermato, sottolineando che le forniture sono garantite per il 2019 e oltre.

“Inoltre, è stato firmato un contratto per fornire assistenza, manutenzione e riparazione alle armi della Repubblica Bolivariana del Venezuela.

Inoltre, il 6 dicembre il ministro della difesa venezuelano Vladimir Padrino Lopez ha dichiarato che le forze armate venezuelane sono interessate alla modernizzazione dei sistemi anti-aria terrestri precedentemente forniti dalla Russia.
Questi sono generalmente intesi come un riferimento al sistema S-300 e S-400, che il Venezuela dovrà ottenere il più presto possibile dal momento che gli Stati Uniti minacceranno resto di effettuare “attacchi mirati di precisione” su “obiettivi governativi e militari” per ” la caduta di Maduro”.
La seconda parte del piano prevede una revisione della politica economica in quattro punti.
Secondo la pubblicazione russa Bell, citando fonti nel governo russo, l’economia venezuelana è in crisi e l’inflazione ha raggiunto circa 1.300.000% rispetto allo scorso anno.
Vi sono quattro punti principali nel pacchetto di misure proposto.
In primo luogo, gli economisti russi propongono di introdurre un reddito di base per le famiglie venezuelane. Sostengono che un reddito di base è una misura più efficace per combattere la povertà rispetto ai sussidi di carburante che il governo intendeva introdurre a partire dal 1° gennaio 2019. “Il denaro reale può essere speso sia per il carburante sia per le necessità domestiche”, ha detto un interlocutore addentro alle proposte.
In secondo luogo, i funzionari russi propongono di interrompere il finanziamento del deficit di bilancio con stampa di nuova valuta. Nell’agosto dello scorso anno, Maduro ha rimosso cinque zeri dalla valuta e ha ristampato altro danaro come “bolivar sovrano”, ma senza alcun effetto sulla riduzione del deficit di bilancio e la valuta ha presto perso il 95% del suo valore rispetto al dollaro.
In terzo luogo, gli economisti russi hanno proposto che il Venezuela attuasse le riforme fiscali, seguendo l’esempio della Russia, passando alla tassazione indiretta anziché alle imposte dirette.
La quarta misura proposta dalla Russia comporta un aumento della produzione di petrolio e la massima diversificazione delle esportazioni.
Le fonti giornalistiche riportano che non si sa se il governo venezuelano sia pronto ad attuare le raccomandazioni dei funzionari russi. Tuttavia, il governo venezuelano ha ottenuto dalla Russia le cose importanti di cui aveva bisogno dopo l’incontro con Maduro all’inizio di dicembre. Come risultato dei colloqui, ha dichiarato Maduro, la Russia sta investendo oltre 5 miliardi di dollari nell’industria petrolifera venezuelana e oltre 1 miliardo di dollari nel settore minerario. La Russia fornirà anche 600.000 tonnellate di grano al paese.
Dal 2006, il governo russo e il gigante petrolifero russo Rosneft hanno fornito prestiti a Caracas per almeno 17 miliardi di dollari.
joaquinfloresbiopic-238x300
Joaquin Flores è caporedattore di Fort Russ News, nonché direttore del think-tank di Belgrado, il Center for Syncretic Studies. Educato alla California State University, a Los Angeles, nel campo delle relazioni internazionali, in precedenza ha ricoperto il ruolo di negoziatore capo e organizzatore interno in diverse giurisdizioni per il sindacato della SEIU in California. Flores ha venti anni di esperienza in comunità, lavoro e organizzazione anti-guerra. Flores è apparso regolarmente su “PressTV” iraniana e sulle notizie “RT” della Russia per condividere la sua opinione e analisi degli esperti sulle attuali ni geopolitiche.
maduroputin

Verità e bugie su Stalin. Un’intervista esclusiva con Grover Furr

Verità e bugie su Stalin. Un’intervista esclusiva con Grover Furr

4fcae-i2b52bmaestri

Traduzione di Danila Cucurnia

A distanza di circa 15 anni dall’intervista a Grover Furr, rilasciata a Revleft nel luglio 2006 (pubblicata da noi nel 2012 nella traduzione del compagno Davide Spagnoli: Intervista a Grover Furr rilasciata il 18 luglio 2006 a RevLeft); pubblichiamo oggi una nuova intervista, più completa, del dicembre 2018. Gli studi e le ricerche documentali di Furr, che a fine intervista ricorda il collega Domenico Losurdo scomparso nel giugno del 2018, sono una delle fonti più autorevoli per combattere l’anticomunismo e continuare a spazzare via tutto il fango gettato sull’operato di Josif Stalin. (D.C.)

Verità e bugie su Stalin. Un’intervista esclusiva con Grover Furr

Lo sviluppo della robotica nella ricerca spaziale nasce dal fatto dalle difficoltà dell’essere umano di vivere a lungo nello spazio. I viaggi umani sulla Luna sono stati troppo brevi (circa otto giorni) per avere dati sperimentali sull’eventuale differenza che l’abbandono della prossimità di un pianeta comporta. Un aspetto da non trascurare è […]

via AVATAR SULLA LUNA E ALTRI MISTERI SPAZIALI — Marcos61’s Blog

Un monumento a un vero patriota?

A cura di Danila Cucurnia

Vladimir Putin ha inaugurato martedì 11 dicembre a Mosca una statua di Aleksandr Solzhenitsyn, nel giorno in cui ricorre il centenario della nascita dello scrittore Premio Nobel per la letteratura nel 1970. Il monumento, creato dallo scultore Andrei Kovalchuk, si trova nel quartiere Taganka, nel centro della capitale russa. Il presidente russo ha parlato del dissidente morto a Mosca nel 2008 come di un «vero patriota». Dopo l’espulsione dall’Urss nel 1974, lo scrittore si stabilì — in esilio — nel Vermont fino al 1994, quando fece ritorno in Russia. «Non consentiva a nessuno di parlare male o con sufficienza della sua madrepatria. Si ergeva contro qualsiasi forma di russofobia», ha sottolineato Putin. Il presidente ha poi ricordato che lo scrittore aveva denunciato nel regime comunista «un sistema totalitario che provocava sofferenza e reali difficoltà a milioni di persone».«La cosa più importante è che la voce di Solzhenitsyn continui a risuonare, che i suoi pensieri e le sue idee risuonino nei cuori e nelle menti della gente», ha aggiunto Putin. Fra gli ospiti alla cerimonia anche la vedova dello scrittore, Natalya.

Si rimane piuttosto stupiti, sempre che abbia effettivamente detto così,  a sentire Putin tessere un elogio così sperticato a Solzhenitsyn, soprattutto definendolo un “vero patriota”.
Infatti sono note le sue posizioni non solo anticomuniste ma anche antirusse, quando in diverse occasioni si doleva della sconfitta dei nazisti al tempo della Grande Guerra Patriottica o riversava fango sui combattenti sovietici.
Si può leggere a questo link la lettera del maresciallo Chujkov, il difensore di Stalingrado, a Solzhenitsyn in occasione della pubblicazione diArcipelago Gulag:
L’esempio di come la menzogna, divulgata e perpetrata per anni, possa diventare verità storica, è l’esaltazione di Solzhenitsyn (vedi saggio del Compagno Luca Baldelli https://noicomunisti.wordpress.com/category/e-le-foibe/page/11/ ). Commemorato a destra e a manca (dove “manca” sta per “sinistra mancante di comunismo”), viene onorato come un salvatore della patria, da chi si indigna perché non viene ricordato a dovere. Contrariamente a ciò che vogliono farci credere, in Russia si ricordano molto bene di lui e, a quanto pare, non è un personaggio amato; lo dimostrano le contestazioni e le manifestazioni dei molti cittadini che, alla vigilia dell’inaugurazione del monumento per il centenario della nascita dello scrittore, chiedevano di annullare la cerimonia.
Vedi qui
e qui
Perché le proteste sono buone:
Interessante articolo:
Lo dimostrano inoltre i tanti commenti all’articolo pubblicato su un sito russo di Stavropol, città natia di Solzhenitsyn, che narra come il Presidente Putin inauguri il monumento, parlando del Premio Nobel per la letteratura (1970), come di un “vero patriota”. (foto da tweet.net)
I COMMENTI: 

Fu un vero traditore del suo popolo, oltre che un oscurantista devastato mentale: perciò ebbe successo presso gli sporchi yankee, e per questo gli tributarono uno di quei premi Nobel che non si rifiutano mai alle peggiori canaglie, anzi spesso sono riservati proprio a loro: che sia per la letteratura, la pace o l’economia.

Gli hanno messo subito al collo un cartello con scritto: ” traditore”?

SU FACEBOOK: 
RICERCA PER IMMAGINI DEI SITI RUSSI CHE DOCUMENTANO LE PROTESTE:
 

Ampia intervista a Putin in Serbia

Traduzione a cura di Davide Spagnoli

Presentiamo la prima traduzione in italiano dell’intervista rilasciata da Putin dopo la recentissima visita in Serbia.
Naturalmente questa importante visita è passata “casualmente” quasi inosservata da parte dei media occidentali o trattata quasi come una provocazione, come se i Balcani fossero riserva di caccia dell’azione guerrafondaia e disgregatrice della NATO.
Anche in questo caso bad news for western good boys.

Ampia intervista a Putin in Serbia 

Losing Military Supremacy

Losing Military Supremacy

4fcae-i2b52bmaestri

A cura di Davide Spagnoli

 

41W-Kgw82BKL._SX331_BO1204203200_

Presentiamo un testo molto interessante. E’ un’eccellente analisi, nettamente in controtendenza rispetto alla vulgata che vuole gli USA detentori del supremo potere militare  mondiale.

In pratica cattive notizie per i good boys, sono arrivati nel rione dei bad guys: i russi e i cinesi…

Gli USA grazie a una politica industriale del comparto militare che mira solamente a incrementare i fatturati stratosferici del complesso militar-industriale e i guadagni del deep state che vi gravita attorno, sta perdendo, se non ha già perso la supremazia planetaria militare.

Il testo esamina in profondità i motivi di questo sorpasso soprattutto per quanto riguarda la Russia, fatto perfettamente comprensibile: l’autore è un ex alto ufficiale russo, quindi parla di quello che conosce, situazione rara di questi tempi.

Molto interessante è altresì la disamina dei motivi per cui la Russia, nonostante le pretese, dai media occidentali, difficoltà economiche, sia tranquillamente in grado di sfidare e superare il potenziale bellico statunitense. Il motivo risiede nel secolo scorso:

losing military supremacy

 

E queste in sintesi sono le conclusioni del libro:

  1. I moderni avversari sono in possesso di capacità di comando, controllo, comunicazione,  raccolta e analisi di  informazioni, sorveglianza e ricognizione, nonché computer, uguali o migliori  degli americani
  2. I moderni avversari hanno capacità di guerra elettronica uguali o migliori degli USA.
  3. I moderni avversari hanno sistemi d’arma migliori o pari a quelli degli americani.
  4. I moderni avversari hanno difese aeree che pongono grossi limiti all’efficacia del potere aereo USA.
  5. I moderni avversari hanno missili subsonici, ipersonici e da crociera che rappresentano una minaccia enorme alla marina USA, alle basi, alle aree di sosta e perfino al territorio nazionale americano.

Un caso di penosa disinformazione dei controrivoluzionari attorno alla sanità cubana: la vicenda dell’ospedale clinico chirurgico “JULIO TRIGO”.

Un caso di penosa disinformazione dei controrivoluzionari attorno alla sanità cubana: la vicenda dell’ospedale clinico chirurgico “JULIO TRIGO”.

4fcae-i2b52bmaestri

Di Luca Baldelli

Cuba rivoluzionaria, faro imprescindibile per tutti coloro i quali credono in un mondo più giusto e libero dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, viene da sempre diffamata dalle centrali della disinformazione controrivoluzionaria ed imperialista. Non vi è campo nel quale la calunnia, l’inganno, la falsificazione, non abbiano tentato di macchiare l’immagine di un Paese che, dal 1959, si è liberato dalla tirannia dell’imperialismo americano, del grande capitale, delle usurocrazie mondiali e dagli intrighi delle mafie. L’intossicazione informativa ha viaggiato sulle stesse lunghezze d’onda del bloqueo economico, dell’embargo assassino mediante il quale gli Usa ed i loro servizievoli, zelanti lacchè hanno tentato di giugulare il Paese e di destabilizzarlo, generando malcontento tra la popolazione. Purtroppo per loro, il tentativo non è riuscito e l’Isola della dignità, della vera libertà e della vera indipendenza, ha tenuto alta la bandiera dei suoi imperituri valori, con un popolo cosciente e coraggioso stretto attorno al Comandante Fidel, al Partito Comunista Cubano e agli organi di autogoverno, presidi saldi e sicuri di piena sovranità.

Fidel_Castro_4

Quanto più i successi sono stati acquisiti all’attivo della storia patria, e sono stati certificati in sede internazionale, da fori al di sopra di ogni sospetto, tanto più la rabbia malsana degli imperialisti e dei loro burattini si è sfogata in spettacoli indecenti a base di menzogne, isterismi degni del più malfamato postribolo manicomiale, esibizioni di ignoranza sesquipedale.

Così, mentre tutti i dati registrati e sanciti in sede internazionale ci mostrano una Cuba con indicatori sociali paragonabili a quelli dei più avanzati Paesi del Nord-Europa (che, peraltro, non sono stati saccheggiati per secoli delle loro materie prime e non hanno mai patito embarghi…), qualche “gusano” interno ed esterno si cimenta nell’arte nobile di vedere problemi dove non esistono e dove sono in via di risoluzione.

Schermata-del-2018-12-26-09-47-56

Guardiamo prima ai dati nudi e crudi, di fonte internazionale, dell’ONU e delle sue agenzie: Cuba ha un’aspettativa di vita pari a 80 anni (79,74 nel 2016) ed un tasso di mortalità infantile pari al 3,9 per mille; dal 2008 in avanti, quest’ultimo tasso è sempre stato sotto il 4 per mille. Negli Usa delle scintillanti vetrine e del “sogno” che si dice sia a portata di mano per tutti, si è tra il 5 ed il 6 per mille, e come puntualizzeremo più avanti, si tratta solo ed esclusivamente di una media statistica, che copre situazioni assai diverse ed enormi diseguaglianze. Nel 1958, prima della vittoria della Rivoluzione castrista, speranza per tutto il mondo oppresso dall’imperialismo e dal fascismo atlantico, l’aspettativa di vita era di 62/63 anni, mentre la mortalità infantile era del 60/70 per mille nelle statistiche più “edulcorate”, del 125 per mille in quelle più realistiche, che tenevano conto delle mancate registrazioni di nascite nelle zone isolate, montuose e nelle campagne, dove viveva la gran parte della popolazione e dove la povertà era più estesa e grave (le città erano ipocrite vetrine di falsissimo, apparente benessere fondato su lotterie e lenocinio). La disoccupazione cronica e la sottoccupazione dei braccianti e dei ceti più umili faceva sì che l’alimentazione della classe lavoratrice fosse largamente deficitaria, dal lato calorico e proteico: migliaia, milioni di persone speravano quotidianamente che dalla tavola dei ricchi epuloni sfruttatori e mafiosi, che ogni giorno spendevano sul tavolo verde l’equivalente di migliaia di stipendi mensili, cadesse qualche provvidenziale briciola a riempire i loro stomaci avvinti da atavica fame.

Medici-Cubani

Cuba rivoluzionaria ha posto fine a questo stato di cose: con il compagno Fidel in testa, è stato il primo ed unico Paese dell’America Latina e del mondo a sradicare completamente il problema della denutrizione infantile, investendo poi il 14% del bilancio in istruzione, percentuale raggiunta da nessuna Nazione esistente sulla faccia della terra (la Francia, Paese che ha rapinato colonie per secoli e che non subisce alcun embargo, spende il 7% circa). Istruzione e sanità: un binomio indissolubile, che è pietra miliare di ogni indice reale di misurazione della qualità della vita. Andiamo però oltre ed entriamo specificamente e dettagliatamente nel tema che ci siamo proposti di inquadrare. Il livello di assistenza sanitaria che Cuba garantisce fa sì che molte operazioni, impossibili da effettuare negli Usa, se non per un pugno di ricconi insolenti, si possano compiere nell’Isla Grande del tutto gratuitamente e con le migliori tecnologie possibili, nonostante l’embargo che strozza l’economia e rende difficile il reperimento di molte specialità, strumentazioni, tecnologie. Nonostante questo, già dalla fine degli anni ’80, a Cuba esistevano vari microscopi elettronici, acquistati perlopiù in Giappone, Paese leader in determinate tecnologie, che consentivano di ingrandire fino ad oltre un milione di volte le particelle in osservazione. Grazie a questo e ad altri strumenti, importati dal campo socialista, il livello di ricerca medico-scientifica a Cuba si situava ai livelli dei più avanzati Paesi del mondo. Alla fine degli anni ’80, Fidel riassumeva così la situazione a Gianni Minà: “L’indice di mortalità infantile nel 1986 è stato del 13,6 per ogni mille nati vivi. Stiamo lavorando per cercare di ridurlo (da allora è sceso di 4 volte! E nonostante gli anni di crisi provocati dal crollo del socialismo reale e dalla stretta ulteriore all’embargo, ndr). Nei prossimi cinque anni speriamo di far scendere l’indice sotto il dieci. Ormai muoiono solo quelli che hanno poche possibilità di sopravvivere, quelli nati con malformazioni congenite incompatibili con la vita, come dicono i medici (…). Prima della Rivoluzione c’erano seimila medici. Molti di loro esercitavano all’Avana, e molti a dir la verità erano senza lavoro. Iniziammo a costruire ospedali e a sviluppare il servizio medico nelle campagne e nel resto del paese. (…) Adesso abbiamo più di venticinquemila medici; nei prossimi tre anni se ne laureeranno altri tremila e arriveremo quindi a ventotto mila”.

maxresdefault

E ancora: “Un trapianto di cuore negli Stati Uniti costa centoventimila dollari e a volte bisogna ripeterlo. E’ qualcosa che solo i ricchi possono permettersi, anche se talvolta offre il pretesto per ostentare un po’ di filantropia grazie a una colletta. Da noi invece il cittadino – puntualizzava Fidel – riceve l’assistenza medica, costi quel che costi”.

Questo panorama mai venne meno, neppure negli anni più duri del periodo especial (1991-1994), con la.fine del supporto dei Paesi socialisti, minati e smantellati nei loro ordinamenti dalla controrivoluzione borghese e filo-imperialista, con l’incremento dell’ostilità statunitense, con nuove misure genocide di blocco economico e boicottaggio dell’Isola, colpevole soltanto di non piegarsi al diktat yankee e di difendere a spada tratta la propria sovranità e libertà.

Nel 1995, anno nel quale si cominciavano a cogliere i segnali di una ripresa guadagnata per intero dal popolo col suo sudore, il suo ingegno ed il suo spirito di sacrificio, ma nondimeno si subivano gli strascichi del quadriennio precedente, tutto a base di razionalizzazioni, razionamenti draconiani ed appelli al lavoro volontario per raddrizzare la situazione, il Paese poteva vantare il tasso più basso di mortalità infantile in America Latina: 9 per mille, un dato che assimilava Cuba ai Paesi euro-occidentali e l’avvicinava a quello degli Usa (8 per mille), Paese dove però la media statistica è un’illusione, in quanto negli slums e nelle aree depresse si hanno tassi da Paese dal Terzo Mondo, mentre nelle aree abitate dai ricchi si tocca lo zero per mille. In quello stesso anno, il 1995, l’aspettativa di vita a Cuba era di 75,8 anni (nel 2010 l’aspettativa di vita a Cuba è salita a 79,1 per arrivare nel 2016 a 79,74, mentre gli USA sono a 79,3. Considerate che a Cuba il dato è uniforme mentre negli USA vi sono enormi differenze di aspettative di vita, come detto più sopra, tra chi vive a Beverly Hills e chi vive in uno slum di Detroit), al secondo posto in America Latina dietro al Costa Rica (76,2), Paese verso il quale, però, nessun embargo è mai stato in vigore e nel quale le discrepanze tra ricchi e poveri sono considerevoli e si riflettono sui dati socio-sanitari, esattamente come nel caso degli Usa.

08-030508-Fa-photo

In questo quadro che qualsiasi parte politica dovrebbe prendere ad esempio, togliendosi il cappello davanti a risultati inequivocabili raggiunti con l’eroico, corale impegno di tutto il popolo, sotto la direzione del Partito e degli organi di autogoverno popolare, si inserisce l’azione di squallidi propagandisti, in gran parte cubani con base a Miami, centrale dell’eversione anti-castrista, legati a doppio filo alle agenzie statunitensi, ai circoli reazionari, a determinati potentati economici, i quali hanno preteso, in maniera squallida ed anche molto poco intelligente, infangare l’immagine di Cuba in campo sanitario. Mentre l’ONU e l’OMS certificano una situazione che ogni Paese in via di sviluppo ed anche moltissimi Paesi evoluti si augurerebbero, ecco che certi blog, organi di disinformazione, centrali di manipolazione delle notizie tirano fuori vari casi, tutti riconducibili alla malafede ed all’occultamento della verità, tra i quali spicca, per maldestrezza, quello relativo all’Ospedale clinico-chirurgico “Julio Trigo”, sito nell’area della provincia de L’Avana, precisamente ad Arroyo Naranjo, Municipio di oltre 180.000 abitanti. Tale presidio sanitario, legato in modo speciale all’Università ed ai suoi laboratori e centri formativi, serve con il suo qualificato personale molteplici esigenze di un bacino di quasi mezzo milione di persone. Nel 2012/2013, tale ospedale è stato sottoposto ad interventi radicali di recupero, risanamento e risistemazione, con contestuale potenziamento di tutto un ventaglio di servizi fondamentali. Ebbene, cosa ti inventano i pennivendoli cullati sotto le palme di Miami, molti dei quali non vedevano quell’ospedale e la zona afferente da decenni? Una serie di articoli volti a dimostrare che la struttura è fatiscente, incapace di fornire cure adeguate, del tutto abbandonata. Immaginate di trovarvi davanti ad un cantiere che sta procedendo ad un recupero importante di un vecchio edificio, per renderlo più bello ed accogliente, e di trovarvi dinanzi ad un cretino che comincia a parlare al microfono denunciando il fatto che lo scheletro delle armature deturpa la visuale, che alcune infiltrazioni interne provocate dai lavori in corso stanno causando allagamenti, che vi sono pareti scrostate e che su dieci bagni se ne trova uno otturato. Come trattereste il tipo, se non indirizzandolo verso una visita psichiatrica specialistica? Eppure, nessuno ha chiesto il conto alle centrali della disinformazione per l’analogo caso relativo all’Ospedale “Julio Trigo”. Così, la disinformazione ha fatto il giro del mondo, proponendo immagini di aree abbandonate da tempo spacciate per punti di ricovero, di piani con infissi malmessi e parapetti degradati rivenduti come elementi di arredo architettonico permanenti, anziché come situazioni in via di risoluzione grazie ai restauri, di bagni smantellati da tempo o in via di risanamento, fatti passare per emblematici del livello dei servizi sanitari a Cuba. Come se, oltretutto, gran parte degli abitanti dei Paesi in via di sviluppo non sognasse anche solo un ospedale con quattro mura ed un paio di strumenti per potersi curare, anche in mezzo a mura scrostate e bagni non proprio eleganti e raffinati; come se nella gran parte degli ospedali di moltissime metropoli del capitalismo sviluppato non vi fossero situazioni ai limiti dell’emergenza igienico-sanitaria, con pantegane scorrazzanti e malattie infettive contratte in massa nei ricoveri! Addirittura, si è fatto fare il giro della rete ad una sedia a rotelle per i ricoverati ingegnosamente messa a punto unendo una sedia di plastica ad un normale telaio, senza pensare che Cuba soddisfa il 90% della domanda di articoli simili con sforzi enormi, mettendone sul mercato di nuovi e funzionali e rimediando al deficit l’inventiva, e che senza embargo non vi sarebbe stato bisogno di mettere in atto l’arte di arrangiarsi, che comunque fa sì che nessuno si debba muovere, a Cuba, su tavole di legno con le rotelle come nei quartieri più poveri delle metropoli del Terzo Mondo, magari chiedendo l’elemosina, visto che il sistema previdenziale cubano in altri luoghi è solo un miraggio. Ad ogni buon conto, la vergognosa campagna di stampa sull’Ospedale “Julio Trigo” è stata tragicomica: coloro i quali mai si erano accorti del degrado parziale e fisiologico di una struttura, lo hanno additato in maniera grottesca come simbolo del livello medio delle strutture sanitarie cubane, proprio mentre il governo ed il popolo di Cuba, coscienti della situazione e delle sue reali proporzioni, stavano risolvendo il problema. Oggi quel centro sanitario si presenta a tutti coloro i quali vogliano visitarlo non solo rinnovato nella veste estetica e nelle pertinenze architettoniche più funzionali alla sua attività, ma anche nel quadro delle prestazioni offerte alla popolazione, sempre più ampie ed efficaci. Nuovi servizi igienici, padiglioni interamente risanati, altri costruiti di sana pianta, letti e armadi nuovi di zecca, fanno pendant con prestazioni migliorate nella qualità e nella quantità: tutto questo, mentre nel pingue occidente si tagliano servizi e posti letto, si rendono a pagamento prestazioni prima gratuite, si obbligano i cittadini a pagare più volte la sanità: con le tasse, con i contributi pubblici o assicurativi, con il ricorso alla sanità privata anche in ambiti prevalentemente pubblici, viste le chilometriche liste d’attesa. Il corredo di immagini fotografiche e videoregistrate, la dice lunga sulla mistificazione che denunciamo:

cuba1
Un’ala prima del risanamento, che l’ha resa completamente nuova e sicura. Era, prima, utilizzata solo in parte.

 

cuba2
Una visione completa della stessa ala e degli spazi ad essa prossimi: come si può vedere, ad una parte utilizzata ne corrispondeva una già abbandonata, poi ristrutturata e rimessa a nuovo (il trave appoggiato alla finestra era di una pertinenza non più utilizzata dal personale e dai ricoverati se non come magazzino).
cuba3
La famosa sedia a rotelle. Esempio rarissimo a Cuba, dove il 90% delle carrozzine sono moderne e funzionali (basta fare un giro sul web, vi sono immagini di disabili e di centri di trattamento per costoro).
cuba4
Da “Courtney photo”: come si può ben vedere, la data in sovraimpressione (3.9.2012) è anteriore alla fine dei lavori di risanamento (primavera/estate 2013, con prosieguo e messa a punto generale nel 2014). Ad ogni modo, qui si tratta di locali di passaggio, in parte adibiti a depositi e, forse (da verificare) a camere mortuarie, non a punti di ricovero.

Immagini autentiche che chiariscono come siano andate le cose, dalla viva voce degli operatori sanitari cubani e dei pazienti, sono queste:

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA RAGIONATE:

  • uno degli articoli dai quali è partito tutto (fondato su fonti anonime, il che è tutto dire!):

MISCELANEASDECUBANET

  • la prosecuzione nel 2014 della campagna scandalistica, anche con vecchie fotografie, quando il 99% dei problemi era ormai risolto:

CUBANET.ORG

  • si possono consultare annuari cubani e dati statistici relativi alla situazione socio- sanitaria dell’Isola su:

ONE.CUB

  • in ordine ai dati OMS:

https://www.who.int/gho/countries/cub/en/

  • rispetto ai dati FAO:

FAO.ORG

Gianni Minà: “Fidel Castro” (Sperling e Kupfer Editore, 1996), con particolare attenzione al dodicesimo capitolo, dedicato alla medicina.

Antonio Soda: “Que pasa en Cuba” (Edizioni L’Altritalia, 1996). Utile soprattutto per la panoramica breve ma esaustiva di dati sulla Cuba di Batista.

http://lasa.international.pitt.edu/Lasa2003/McGuireJames.pdf
(fonte anticomunista, ma in alcuni punti oggettiva ed attendibile)

Trotskij nell’Italia fascista del 1932 e l’assoluta inconsistenza del PCL

Trotskij nell’Italia fascista del 1932 e l’assoluta inconsistenza del PCL

4fcae-i2b52bmaestri

Di Daniele Burgio, Massimo Leoni e Roberto Sidoli

trtsky pompei

In un nuovo articolo, intitolato “Dalla tragedia alla farsa”, emerge per l’ennesima volta l’inconsistenza e il carattere involontariamente autodistruttivo della direzione del PCL, di un nucleo dirigente allo stesso tempo presuntuoso, inetto e sottoposto a continue scissioni: un caso da manuale di teoria e praxis della “scissione permanente”.
Infatti avevamo innanzitutto invitato per ben due volte il micro partitino in oggetto, a partire dal nostro articolo intitolato volutamente “Quattro sfide alla candida ignoranza del PCL sul caso Olberg”, a dare risposta alle questioni concrete da noi sollevate proprio rispetto al caso di Valentin Olberg.
Pur sapendo che non ci sarà risposta neanche stavolta, ripetiamo per la terza e ultima volta almeno tre delle domande da noi sottoposte al PCL già alla fine di novembre del 2018 e, non certo a caso, lasciate senza alcun contraddittorio e replica da parte di Ferrando, nel suo articolo del 3 dicembre.
“Prima sfida per il PCL: come può spiegare che Olberg non si dichiarò in nessun modo stalinista, e più precisamente una talpa e un agente provocatore stalinista, quando egli venne arrestato agli inizi di gennaio del 1936, proprio dalla polizia stalinista, ossia dal suo (presunto) “datore di lavoro”?
Seconda sfida. Proprio seguendo l’ipotesi avanzata dal PCL non si può spiegare in alcun modo perché Valentin Olberg, il presunto infiltrato stalinista, non abbia affermato e dichiarato subito, nel gennaio 1936, sia verbalmente che per iscritto, che egli volontariamente si era finto trotzkista dal 1929 al gennaio 1936, su incarico della polizia stalinista e dei suoi capi di Mosca; che egli si era volontariamente presentato e fatto passare per trotzkista durante sette lunghi anni, dal 1929 fino all’inizio del 1936, su incarico e dietro ordini proprio della polizia stalinista e dei suoi capi di Mosca.
Terza sfida per il PCL: come può spiegare la distanza temporale di più di un anno tra il momento in cui Valentin Olberg, il presunto agente stalinista, ricevette il falso passaporto honduregno nel 1935 dai nazisti e quello nel quale egli confessò tale elemento decisivo alla polizia stalinista nel maggio del 1936?
Infatti un ulteriore elemento di prova rispetto alla reale militanza trotzkista di Valentin Olberg è costituita dalla distanza temporale di più di un anno creatasi tra il momento in cui Valentin Olberg ottenne materialmente a Praga il falso passaporto honduregno, con l’aiuto di Tukalevskij e della Gestapo agli inizi del 1935, e quello in cui invece egli rivelò tale dato di fatto all’NKVD e alla polizia sovietica, ossia nel giugno del 1936.
Lo storico antistalinista Rogovin aveva riportato nel suo libro che “le indagini sul caso Olberg, che si erano concluse a maggio” del 1936 “vennero riaperte” nel giugno del 1936: Rogovin ammise che “ora” (nel giugno del 1936) “Olberg aveva testimoniato di avere legami con la Gestapo”, a partire dal famoso passaporto falso honduregno procuratogli a Praga anche grazie a Tukalevskij e ai nazisti.
Seppur involontariamente, lo storico antistalinista Rogovin ha contribuito a devastare ancora più profondamente la teoria secondo cui Valentin Olberg costituiva un infiltrato stalinista: la falla emerge quasi subito, sempre accettando come veritiera tale ipotesi.
Agli inizi del 1935, Valentin Olberg infatti ottenne ed ebbe materialmente in mano il falso passaporto honduregno, anche grazie a Tukalevskij e alla Gestapo: fatto sicuro e innegabile.
Ma solo nel maggio del 1936, e cioè solo dopo più di un anno, Valentin Olberg confessò tale fatto eclatante e tale clamoroso aiuto logistico di matrice nazista agli investigatori della polizia sovietica: altro elemento sicuro e riportato persino dall’antistalinista Rogovin, anche se quest’ultimo spostò ancora avanti nel tempo, ossia al giugno del 1936, le prime ammissioni di Olberg sui suoi concreti rapporti logistici con Tukalevskij e i nazisti.
Sussiste, in altre parole, una sicura e innegabile distanza temporale di circa cinquecento giorni tra il momento in cui Valentin Olberg ricevette e venne materialmente in possesso a Praga del falso passaporto honduregno, grazie a Tukalevskij e alla Gestapo, prima di entrare illegalmente e sotto falso nome in Unione Sovietica nel luglio del 1935, e il periodo (maggio del 1936, dieci mesi dopo) in cui invece Valentin Olberg finalmente ammise e confessò di fronte all’NKVD che il suo falso passaporto gli era stato procurato da Tukalevskij e dall’apparato statale nazista.
È solo un dato di fatto arido e privo di importanza, quello avente per oggetto i circa cinquecento giorni che distanziarono l’acquisizione materiale del passaporto falso da parte di Olberg, all’inizio del 1935 e grazie all’aiuto di Tukalevskij e della Gestapo, dalla confessione effettuata da Valentin Olberg all’NKVD stalinista rispetto a tale eclatante notizia e avvenuta solo nel maggio del 1936, più di un anno dopo?
Per niente: si tratta invece di un’informazione sicura che demolisce ulteriormente la tesi di “Olberg-provocatore stalinista”, mentre simultaneamente conferma e comprova nuovamente l’ipotesi opposta, di una notizia sicura rispetto a una condotta di Olberg imperniata sul seguire scrupolosamente la “regola del silenzio” rispetto al nemico, nel caso specifico il regime stalinista.
I cinquecento giorni che separano l’acquisizione materiale da parte di Olberg del falso passaporto honduregno, grazie all’aiuto di Tukalevskij e della Gestapo, dalla data dell’ammissione di tale notizia all’NKVD costituiscono infatti l’elemento concreto che fa sparire anche i dubbi quasi irragionevoli sul fatto che Valentin Olberg fosse un coraggioso militante trotzkista, e non certo un infiltrato stalinista nelle fila trotzkiste”.
Creando, ovviamente, un’inevitabile domanda: perché la Gestapo e i nazisti fornirono un passaporto falso a un intellettuale ebreo, comunista e antistalinista, intenzionato e deciso a entrare in modo illegale nell’Unione Sovietica stalinista del 1935?”.
Anche nel nuovo articolo “Dalla tragedia alla farsa” la direzione del PCL riesce in modo farsesco e più che imbarazzante a non rispondere in alcun modo alle nostre sfide sul caso Olberg.
Nulla, zero e niente anche nella loro ultima pseudo risposta, e la ragione di tale silenzio risulta fin troppo semplice: chi con nulla ferisce, nel nulla perisce.
In secondo luogo avevamo dimostrato già in precedenza e con tutta una serie di argomenti, ivi compreso il significativo e lungo silenzio tenuto in merito dall’intelligente e preparato storico trotzkista Brouè, la concretissima realtà della ricevuta della lettera spedita da Trotskij a Karl Radek all’inizio del 1932: si può ritrovare tale materiale nel nostro articolo intitolato “McGregor, Pompei 1932 e le menzogne di Trotskij”.
Cosa ha opposto di concreto il PCL, nell’articolo dell’8 gennaio 2019, ai “fatti testardi” (Lenin) che abbiamo presentato rispetto alla cocciuta ricevuta della lettera del 1932, conservata non a caso negli insospettabili archivi Trotskij di Harvard?
Ancora una volta, nulla. Zero. Niente.
In terza battuta avevamo sfidato Ferrando e il PCL almeno a entrare nel merito di “Linköping”: parola e città svedese riportata dallo stesso Trotskij durante la tredicesima sessione della commissione Dewey, che demolisce senza scampo la tradizionale tesi antistalinista sulla presunta e immaginaria impossibilità materiale del volo di Pjatakov, nel dicembre 1935.
Anche su questa tematica nell’articolo in oggetto emerge un patetico zero, un niente farsesco e un nulla paradossalmente estremamente rivelatore.
E per le coincidenze da noi evidenziate rispetto agli eventi del 1935, a partire dal fatto sicuro e innegabile che un aereo civile proveniente dall’estero era atterrato in quel mese nell’aeroporto norvegese di Kjeller, a soli cinquanta chilometri in linea d’aria da Honefoss e da dove risiedeva allora Trotskij?

Nulla, zero, niente anche in questo caso specifico.

Avevamo altresì chiarito che Ferrando, nel suo articolo dell’inizio di dicembre dello scorso anno, non aveva detto alcunché neanche sul terzo capitolo del nostro libro: seguito fedelmente, nella sua strada nichilista, anche dal disastroso articolo intitolato “Dalla tragedia alla farsa”.
E il quinto capitolo del libro “Il volo di Pjatakov”? Anche in questo caso nulla emerge dall’articolo in oggetto, che da una farsa si trasforma ormai in una burla mal riuscita.
Zero, nulla e neanche una risposta anche nei confronti dell’apparentemente assurda “gita nel ghiaccio” compiuta da Trotskij dal 20 al 22 dicembre del 1935, in una gelida foresta norvegese e nonostante che egli si dichiarasse allora “malato”, stanco e febbricitante.
Nell’allucinato pezzo in via di esame non si può trovare ovviamente nulla neanche sulla miserevole figuraccia rimediata da Trotskij durante la sesta sessione della commissione Dewey, sempre in relazione alla sopracitata “gita nel ghiaccio” del 20/22 dicembre 1935.
Infine avevamo sottolineato già nell’articolo intitolato “McGregor, Pompei 1932 e le menzogne di Trotskij” tutta una serie di indizi e prove indirette a favore dell’esistenza concreta dell’incontro segreto di Pjatakov con Trotskij, nella Norvegia del dicembre 1935.
Non si trattava certo di elementi di poco conto.
Ad esempio lo storico trotzkista Brouè aveva infatti ammesso che Lev Sedov, su incarico di Trotskij, mentì clamorosamente nel 1936 rispetto all’esistenza del concretissimo e indiscutibile Blocco delle opposizioni antistaliniste del 1932.
Inoltre erano venuti alla luce del sole i due viaggi compiuti apertamente da Trotskij, nel novembre e nel dicembre 1932, nell’Italia fascista di quel tempo; due viaggi senza avere guai e scocciature di alcun genere da parte della polizia del prototipo di quei regimi fascisti definiti correttamente dall’Internazionale Comunista di matrice stalinista, nel dicembre del 1933, come “la dittatura terrorista aperta degli elementi più reazionari, più imperialisti, più sciovinisti del capitale finanziario”.
Bene, a questo punto ripubblichiamo e ripetiamo per la seconda volta tale sezione del nostro intervento precedente, a cui ovviamente nulla ha potuto obiettare la patetica direzione del PCL all’inizio di gennaio.
“Primi due flash.
Durante la sesta sessione della commissione Dewey “di fronte alla domanda di Dewey avente per oggetto se egli tenesse “un diario”, Trotskij rispose: non un diario. Le mie lettere sono annotate, lettere spedite e lettere che arrivano. In questo modo, io posso più o meno fissare il mio reale diario”.
Un’evidente bugia, visto che esiste un diario scritto sicuramente da Trotskij nel corso del 1935.
Tra l’altro Trotskij non scrisse unicamente il concretissimo diario del 1935, ma il leader in esilio della Quarta Internazionale ricordò con notevole precisione, in una nota del 9 febbraio contenuta proprio nel suo diario del 1935, che “ne tenni uno” (di diario) “per qualche settimana allo scoppio della guerra”, e cioè nell’agosto del 1914, e anche “un altro in Spagna, dopo la deportazione dalla Francia, nel 1916. Credo che sia tutto”.
Quindi scopriamo l’esistenza di ben tre diari scritti da Trotskij, nel 1914, nel 1916 e nel 1935: niente male, per una persona che invece dichiarò nell’aprile del 1937 di non tenere “un diario”, a solo due anni di distanza dal momento in cui egli iniziò a scrivere il diario del 1935.
Sempre sotto l’aspetto dell’abilità di Trotskij nel produrre disinformazione va notato altresì che sempre nel suo diario “dimenticato” del 1935, e più precisamente il 9 aprile del 1935, il leader della Quarta Internazionale annotò che, “nei giorni scorsi, ho letto sulla “Veritè” (l’organo principale di informazione dei trotzkisti francesi, dal 1929 al 1936) “un saggio intitolato: Où va la France? Si tratta di un giornale che, come dicono i francesi, “se rèclame de Trotskij”. Nella sua analisi c’è molto di vero, ma anche molto di taciuto. Non so chi scriva questa serie di articoli” (ripetiamo volutamente: “non so chi scriva questa serie di articoli”) “comunque, uno che conosce a fondo il marxismo”.
Pertanto Trotskij sottolineò il 9 aprile del 1935, e sempre sul suo diario, che egli non sapeva chi scrivesse “questa serie di articoli”, contenuti sotto il titolo di “Où va la France” e appena usciti su un periodico trotzkista: il problema deriva dal fatto che l’autore di quella “serie di articoli” risulta senza ombra di dubbio proprio lo stesso Trotskij, ossia l’autore delle note contenute nel suo diario del 1935, in data 9 aprile 1935.
In quella data, pertanto, Trotskij dichiarò di non conoscere l’identità dell’autore di un saggio scritto ed elaborato da lui stesso, ossia “uno che conosce a fondo il marxismo”: il leader della costituenda Quarta Internazionale non era diventato schizofrenico di colpo, giudici-lettori.
Essendo ormai in cattivi rapporti con le autorità francesi a partire dalla seconda metà del 1934, dopo la buona accoglienza invece ricevuta al suo arrivo come esule in Francia nel luglio del 1933, Trotskij temeva in quella fase storica un’eventuale perquisizione della polizia locale, che avrebbe potuto colpire e interessare anche il suo diario: non desiderando in alcun modo rivelarsi come l’autore degli articoli dal titolo “Où va la France”, egli dichiarò quindi di non conoscere la paternità di questi ultimi.
Un trucco e una forma sottile di disinformazione usata, per motivi comprensibili, dal leader in esilio della Quarta Internazionale? Certo, ma si tratta di un’ulteriore prova della capacità di Trotskij di produrre clamorose menzogne, in questo caso non prive d’arguzia e umorismo, quando tale particolare praxis gli faceva comodo e serviva i suoi bisogni concreti”.
Passiamo ora a un terzo elemento illuminante, ossia la grande elasticità tattica dimostrata dal leader in esilio della costituenda Quarta Internazionale.
Un notevole grado di spregiudicatezza tattica nei confronti degli apparati statali borghesi era stato usato in ogni caso da Trotskij “già nel dicembre del 1932, rispetto all’orrendo regime fascista italiano allora al potere da dieci anni.
Tornando nel suo esilio in Turchia, dopo una conferenza da lui tenuta a Copenaghen il 27 novembre del 1932, Trotskij transitò infatti per la Francia al fine di imbarcarsi verso i lidi ottomani, ma egli ebbe allora uno scontro con le autorità di Parigi per banali questioni logistiche; al fine di risolvere la situazione Trotskij cercò e ottenne aiuto, invece che dalla vicina Spagna democratico-borghese del 1932, proprio dalla dittatura anticomunista di Mussolini che, secondo le testuali parole dello storico trotzkista Brouè, gli concesse un “visto italiano di transito”. Quest’ultimo ha notato in proposito che Trotskij, “ripartito il mattino del 2 dicembre,” (1932, da Copenaghen) “attraversa la Francia con Lev Sedov, che l’accompagna fino a Marsiglia: qui hanno luogo incidenti con la polizia francese che lo vuole imbarcare a forza su una vecchia tartana, la Campidoglio” (della serie: la comodità prima di tutto). “Ne nasce uno scandalo da cui esce grazie a un visto italiano di transito”, passando brevemente per Milano prima di imbarcarsi per la Turchia.
Molto prima dei suoi spregiudicatissimi colloqui in Messico, nel giugno e luglio del 1940, con il funzionario statunitense Robert McGregor, Trotskij non ebbe in sostanza alcun problema politico e morale nel dicembre del 1932 a ricercare e ad acquisire un “visto italiano di transito” dalle autorità fasciste italiane, ossia da quella dittatura reazionaria di Mussolini che da dieci anni perseguitava ferocemente e senza interruzione i comunisti e le forze democratiche.
La sicura informazione sul viaggio italiano – legale e autorizzato dalle autorità fasciste – del leader in esilio della Quarta Internazionale va inoltre collegata e messa a confronto con la tesi, più volte esposta da Trotskij, secondo il quale egli non prese mai e in alcun caso “accordi”, e non avviò mai anche solo delle “trattative dietro le quinte” con i “nemici della classe operaia”. Ad esempio anche nel suo testamento del febbraio-marzo del 1940, redatto poco prima della morte del leader della Quarta Internazionale, Trotskij scrisse: “Non ho bisogno di confutare ancora una volta le stupide e vili calunnie di Stalin e dei suoi agenti: non v’è una macchia sul mio onore rivoluzionario. Né direttamente, né indirettamente non sono mai sceso ad accordi o anche solo a trattative dietro le quinte, coi nemici della classe operaia.
Avendo conosciuto ormai sia il viaggio (legale, autorizzato) di Trotskij, nell’Italia fascista del 1932 sia le affermazioni contenute nel suo testamento del febbraio-marzo 1940, sono possibili a questo punto solo tre ipotesi.
Prima ipotesi: a giudizio del Trotskij che scriveva nel 1940, Mussolini e il regime fascista italiano del 1932 non risultavano dei “nemici della classe operaia”. Escludiamo subito tale tesi.
Seconda ipotesi: Trotskij, nel 1940, si era dimenticato completamente del suo viaggio legale nell’Italia fascista del dicembre 1932. Vista l’ottima memoria di Trotskij, sommata al carattere molto particolare sia dell’incidente di Marsiglia sia della sua successiva permanenza in Italia, dove egli tra l’altro si trovò allora attorniato e seguito da alcuni giornalisti fascisti che cercavano inevitabilmente di ottenere le sue dichiarazioni, escludiamo subito anche tale ipotesi.
A questo punto non rimane che una sola alternativa: Trotskij mentì clamorosamente, anche nel suo testamento del 1940, sul fatto di non essere “mai sceso ad accordi”, “né direttamente né indirettamente”, “o anche solo a trattative dietro le quinte” con i “nemici della classe operaia”. Riteniamo che tale conclusione sia inattaccabile, visto che per entrare pubblicamente e legalmente nell’Italia fascista del dicembre del 1932 Trotskij doveva inevitabilmente “trattare” e “accordarsi”, “direttamente o indirettamente”, con la polizia fascista e le autorità fasciste italiane: per l’appunto egli doveva quindi “accordarsi” con inequivocabili e sicuri “nemici della classe operaia” come quel funzionario statunitense legato all’FBI, ossia Robert McGregor, a cui Trotskij fornì in Messico tutta una serie di succulente informazioni nell’estate del 1940, durante un colloquio tra i due su cui torneremo in seguito”.
Un altro segmento “di prove indirette riguarda invece le innegabili ed evidenti bugie espresse nel 1936-37 dal leader della Quarta Internazionale e da suo figlio rispetto alle loro reali relazioni con molti imputati nei processi di Mosca, oltre ai casi sopra esaminati di Pjatakov e Radek.
Partiamo dalla clamorosa menzogna espressa da Lev Sedov, con l’autorizzazione e l’impulso diretto da parte del padre, rispetto alla reale posizione politica di I.N. Smirnov.
Lo storico trotzkista P. Brouè ci ha infatti informati che dopo il primo processo di Mosca dell’agosto del 1936 “Sedov, spinto dal padre che gli chiede di fare quel che ormai non può più fare di persona, comincia la preparazione di un opuscolo, che lo porta a definire meglio la linea di difesa e a condurre un esame critico molto accurato del verbale del processo. Per evidenti ragioni di sicurezza e per timore di nuocere alla difesa degli uomini nelle mani della GPU” (ossia della polizia stalinista) “che non hanno ancora negato, Sedov decide di negare tutto ciò che ha a che fare con il blocco delle opposizioni del 1932. Per le esigenze della difesa Smirnov, che Sedov ammette di aver incontrato, banalizzando però la conversazione, è trattato come un qualsiasi capitolazionista” (della corrente trotzkista) “del 1929, distinto da Zinoviev solo per sfumature; allo stesso modo, tutti gli imputati di Mosca vengono presentati come avversari politici di Trotskij quali effettivamente sono stati in una certa epoca, ma non erano più veramente nel 1932”.
Focalizziamo innanzitutto l’attenzione sulla figura di I.N. Smirnov: lo stesso storico trotzkista Brouè ammise apertamente che, per le “esigenze della difesa” e “spinto dal padre”, Lev Sedov mentì rispetto alla reale posizione e ruolo politico di I.N. Smirnov, e che cercò invece di farlo passare per un qualsiasi “capitolazionista” rispetto a Stalin, mentre sempre Brouè nel 1991 aveva invece stabilito che I.N. Smirnov fosse, senza dubbio e a tutti gli effetti, già nel corso del 1931 un dirigente politico antistalinista assai vicino alla Quarta Internazionale, come si è già citato in precedenza.
Siamo quindi in presenza di una plateale menzogna elaborata di comune accordo dal duo Sedov/Trotskij, certo sostenuta per le legittime “esigenze della difesa” della costituenda Quarta Internazionale (Brouè); ma se Sedov e Trotskij mentirono rispetto al reale ruolo politico svolto da Smirnov per le “esigenze della loro difesa”, per quale motivo non avrebbero potuto (e dovuto) pronunciare menzogne anche rispetto alla reale posizione politica di Pjatakov e Radek nel 1931-36, sempre “per le esigenze della difesa”? Si tratta in tutti i casi dell’esistenza (o non esistenza) di rapporti politici di matrice antistalinista, in entrambi negati con forza da Sedov/Trotskij.
La sequenza di bugie continuò con la clamorosa menzogna espressa da Lev Sedov, sempre con l’autorizzazione da parte del padre, rispetto alla concreta e indiscutibile esistenza del “blocco delle opposizioni” nel 1932.
Nel passo sopracitato lo storico trotzkista Brouè ammise apertamente che, sempre per le “esigenze della difesa” di Trotskij, suo figlio (e in seguito lo stesso Trotskij, davanti alla commissione Dewey e in altre occasioni) mentirono negando la realtà sicura e indubbia del “blocco delle opposizioni nel 1932”, alleanza politica invece realmente formatasi nel corso di quell’anno.
Di nuovo: se Sedov/Trotskij dissero bugie e raccontarono storie anche negando la concreta esistenza di un fronte unito delle opposizioni antistaliniste nel 1932, sempre per le (legittime) “esigenze della difesa”, perché non dedurne che essi raccontarono frottole anche sulla reale posizione politica di Pjatakov/Radek nel 1931-36 e sul volo di Pjatakov, sempre per le legittime “esigenze della difesa” di Trotskij e della costituenda Quarta Internazionale?
Un discorso identico va effettuato anche per la clamorosa menzogna pronunciata da Lev Sedov, sempre con l’autorizzazione da parte del padre, (“spinto dal padre”) in relazione ai reali rapporti politici creatisi nel 1932 tra Trotskij e Zinoviev/Kamenev, principali imputati al processo di Mosca dell’agosto del 1936.
Nel passo sopracitato lo storico trotzkista P. Brouè ci informa che, sempre per le “esigenze della difesa”, Sedov presentò “tutti gli imputati di Mosca” (al processo di Mosca dell’agosto 1936) “come avversari politici di Trotskij, quali effettivamente sono stati in una certa epoca ma non erano più veramente nel 1932”: tutti gli imputati quindi, ivi compresi Zinoviev e Kamenev, come del resto fece suo padre qualche mese dopo davanti alla commissione Dewey.
Di nuovo: se Sedov/Trotskij mentivano sulla reale posizione politica di Zinoviev/Kamenev nel 1932, che allora operavano in qualità di astuti oppositori clandestini di Stalin, oltre che rispetto alla loro reale relazione (di alleanza politica) con Trotskij sempre nel 1932, per quale motivo non dedurre che essi produssero menzogne anche sulla reale posizione politica di Pjatakov e Radek nel 1931-36, oltre che sul volo di Pjatakov?”.
Sempre per le “esigenze della difesa”, certo.
Ultimi due flash rilevanti, rispettivamente su Robert McGregor e sulla gita di Trotskij a Pompei nel novembre del 1932, con un regime fascista allora dominante in Italia.
A giudizio di Trotskij si poteva infatti “diventare un informatore temporaneo dell’apparato statale degli USA, se le circostanze concrete l’avessero richiesto.
Trotskij giunse infatti fino al punto di incontrarsi due volte in Messico nel 1940 con un rappresentante del consolato statunitense nel paese latino-americano, un certo Robert G. McGregor, per un flusso di informazioni a senso unico sulle attività degli stalinisti in Messico, teso e finalizzato ad aprire uno spiraglio alla richiesta di visto per gli USA, espressa da tempo da parte del leader dell’ormai costituita Quarta Internazionale. Nel rapporto dell’FBI del 1940 risulta che “nel giugno, Robert Mc Gregor del consolato si è incontrato con Trotskij nella sua casa… Egli” (McGregor) “si incontrò di nuovo con Trotskij il 13 luglio… Egli diede a Mc Gregor i nomi di pubblicazioni messicane, di leader politici e sindacali e di funzionari governativi che, secondo quanto si asseriva, erano legati con il CPM” (Partito Comunista Messicano). “Egli” (Trotskij) “affermò che uno degli agenti principali del Komintern, Carlos Contreras” (l’italiano Vittorio Vidali) “era al servizio del Comitato Direttivo del CPM. Egli discusse anche i presunti sforzi di Narciso Bassols, ex ambasciatore messicano in Francia, che Trotskij sosteneva fosse un agente sovietico, per ottenere che egli” (Trotskij) “fosse espulso dal Messico”.
Il professor William Chase dell’università di Pittsburgh, che ha trovato il rapporto arrivato all’FBI nel 1940 proprio negli Us States archives-RG 84, notò giustamente che “col procurare al consolato USA informazioni sui loro comuni nemici, fossero essi messicani o comunisti americani o agenti sovietici, Trotskij sperava di provare il suo valore a un governo” (quello statunitense) “che non aveva desiderio di garantirgli un visto d’ingresso”: diventare momentaneamente un informatore e un confidente dell’FBI non costituiva pertanto un grosso ostacolo per lo spregiudicato e disinvolto Trotskij, sempre che tale azione fosse finalizzata a raggiungere un obiettivo politico da lui ritenuto importante.
A giudizio di Trotskij, dunque, entrare in rapporti di collaborazione momentanea e tattica con nazioni e apparati statali capitalistici non costituiva certo un tabù e un grave problema politico, in certi casi: provi dunque Ferrando, se ci riesce, a dimostrare che i colloqui confidenziali del 1940 di Trotskij con un funzionario statale americano siano una “falsificazione stalinista”.
Si è inoltre già ricordato in precedenza come il leader in esilio della Quarta Internazionale fosse entrato in diretto e indiscutibile contatto “con le autorità fasciste italiane alla fine del 1932, nel suo viaggio di ritorno in Turchia dalla conferenza da lui tenuta a Copenaghen, e a questo punto si può aggiungere che Trotskij si fermò tranquillamente nell’Italia di Mussolini anche durante la tappa di andata del suo viaggio in Europa, visitando Pompei in compagnia della moglie e attorniato in tale escursione anche da quasi una decina di altre persone.
Avvocato del diavolo: “Servono prove indiscutibili, per questa vostra affermazione”.
Ce le fornisce lo stesso Trotskij che, in un’intervista del 23 novembre 1932 rilasciata al giornale danese Politiken, citò esplicitamente Pompei notando che proprio in quel luogo “noi” – ossia lui stesso e sua moglie – “abbiamo avuto una grande esperienza”.
Si tratta di un’altra falsificazione stalinista, Ferrando?
In ogni caso stiamo analizzando una “grande esperienza” di Trotskij che ovviamente si basava sul preventivo e indiscutibile assenso del governo fascista rispetto al suo passaggio sul suolo italiano, con i relativi contatti preliminari tra le due parti in causa necessari a tal fine.
Per ammissione dello stesso leader della Quarta Internazionale in via di costruzione, dunque, nel novembre del 1932 e durante il viaggio di andata verso Copenaghen Trotskij si fece una bella gitarella a Pompei con la moglie, mentre durante il ritorno in Turchia egli si fermò una seconda volta e di nuovo nell’Italia fascista di quel tempo, sempre volontariamente e sempre con l’accordo indispensabile delle autorità anticomuniste di Roma.
Spesso un’immagine vale più di mille parole, e su questa materia si può facilmente trovare un breve ma interessante filmato sulla gita di Trotskij a Pompei cliccando su internet “Leon Trotsky: Trotsky visits the ruins of Pompeii with his wife, Natalia Sedova” (online footage.tv, 18 giugno 2015); oppure si può osservare la foto con Trotskij e sua moglie a Pompei ricercando “Leon Trotsky Russian statesman, visiting Pompeii with his wife”.
Si tratta forse di un’altra falsificazione stalinista, Ferrando?”
È stato fin troppo facile evidenziare la totale vacuità e inconsistenza delle corbellerie partorite in questo caso specifico dalla fallimentare micro direzione del PCL: ma ormai, di fronte a un caso clinico di natura politica talmente disperato, conviene proprio pensare ad altro.

I senatori statunitensi ammettono che per gli Stati Uniti e l’UE l’Ucraina è un «problema incontrollabile»

I senatori statunitensi ammettono che per gli Stati Uniti e l’UE l’Ucraina è un «problema incontrollabile»

4fcae-i2b52bmaestri

Traduzione di Davide Spagnoli

I senatori statunitensi Ammettono che per gli Stati Uniti e l’UE l’Ucraina è un «problema incontrollabile»
di Paul Antonopoulos il 6 gennaio 2019
Secondo l’International Policy Digest, negli Stati Uniti c’è stato un incontro tra senatori repubblicani e rappresentanti di varie organizzazioni civili ucraine, dopo che i legislatori hanno fortemente criticato la politica dell’Ucraina.
Soprattutto, i senatori hanno detto che l’Ucraina è diventata un paese incontrollabile per gli Stati Uniti e l’Unione europea.
I politici statunitensi hanno sottolineato che le autorità ucraine seguono una politica economica estremamente improduttiva.
Secondo loro, le istituzioni finanziarie internazionali contribuiscono con miliardi di dollari all’Ucraina, tuttavia, la corruzione frenetica e le sterili spese per il conflitto interno del Donbass, rendono superflui gli sforzi internazionali.  Questo porta anche alla graduale riduzione del PIL del paese, registrata negli ultimi anni, e alla massiccia emigrazione degli ucraini.
Inoltre, i senatori hanno criticato il presidente ucraino, Pyotr Poroshenko, per il metodo che ha scelto per perseguire i suoi oppositori con l’aiuto della legge.  Secondo loro, gli organi di pubblica sicurezza sono utilizzati nel paese per raggiungere obiettivi politici, mentre i tribunali, controllati da politici e imprenditori influenti, sono tutt’altro che indipendenti, spesso condannando i nemici politici, ha sottolineato la rivista.
In particolare, i politici americani hanno criticato una causa contro l’ex presidente Viktor Yanukovych, che hanno definito una «parodia di giudizio», sostenendo che l’accusa è stata fatta senza fornire prove sostanziali di tradimento.  Inoltre, nel corso del procedimento, sono state registrate numerose violazioni materiali e negligenze della legge, mentre il processo si è concluso con il disprezzo per la supremazia delle norme ucraine e dei principi universali di giustizia e diritti umani, ha aggiunto l’International Policy Digest.
Nel frattempo, il rappresentante permanente dell’Ucraina alle Nazioni Unite, Vladimir Yelchenko, ha detto di non aspettarsi una risoluzione pacifica del conflitto di Donbass a breve.
«Non credo che accadrà», ha detto Yelchenko all’agenzia Ucrinform in un’intervista sulla possibilità di risolvere la crisi del Donbass nel prossimo futuro.

La verità sui gulag sovietici

La verità sui gulag sovietici

4fcae-i2b52bmaestri

Traduzione di Guido Fontana Ros

La verità sui gulag sovietici – Sorprendentemente rivelata dalla CIA

INTRODUZIONE
Le bugie “umanitarie” servono a lavare il cervello alla popolazione per sostenere le guerre imperialiste. Nutriti dalla propaganda d’estrema destra e sovvenzionati dalla CIA, gli organi principali di “notizie” descrivono i campi di lavoro sovietici, anche noti come “gulag”, come un mezzo adoperato da Stalin per reprimere i dissidenti pro democrazia e ridurre in schiavitù le masse sovietiche. del resto la stessa CIA che per mezzo dell’operazione Mockingbird, diede al complesso militare USA il controllo pressoché totale della stampa mainstream al fine di favorire la disinformazione antisovietica (Tracy, 2018), ha recentemente declassificato alcuni documenti che invalidano le menzogne circondanti i gulag.
La CIA che condusse operazioni antisovietiche per quasi cinque decadi e la cui direzione si sforzava di ottenere informazioni accurate sull’URSS, non poteva essere tacciata di favoritismo verso l’Unione Sovietica. Quindi i seguenti file declassificati dove vengono “confessate” sorprendentemente informazioni favorevoli all’Unione Sovietica, assumono un particolare rilievo.
Mentre concordiamo sulle dure condizioni che esistevano nei  gulag, come succede in ogni sistema carcerario nel mondo, lo scopo di questo articolo è quello di lumeggiare i seguenti fatti:
1) la durezza delle condizioni delle prigioni è stata esagerata dalla stampa occidentale, attraverso menzogne create a bella posta
2) le statistiche attinenti la popolazione dei gulag sono state esagerate
3) ci fu uno sforzo genuino per migliorare le condizioni dei prigionieri quando ci furono le possibilità e
4) i requisiti delle condizioni della prigionia erano molto più alti di quelli vigenti in molti paesi capitalisti.

LE CONDIZIONI DI DETENZIONE

Un documento della CIA risalente al 1957, intitolato “Forced Labor Camps in the USSR: Transfer of Prisoners between Camps” ci rivela queste informazioni circa i gulag sovietici da pagina due a pagina sei:
1) Fino al 1952 ai prigionieri veniva conferito un dato ammontare di cibo, aumentato nel caso che le quote di produzione fossero state superate
2) Dal 1952 in poi il sistema cominciò a funzionare sulla “responsabilizzazione economica”, vale a dire più i prigionieri lavoravano più venivano pagati
3) nel caso di completamento e superamento delle quote di produzione del 105% ogni giorno di pena veniva contato per due.
4) Inoltre grazie alla ricostruzione socialista postbellica il governo sovietico poté disporre di più fondi e così aumentò la fornitura di cibo ai detenuti.
5) Fino al 1954 i prigionieri lavoravano 10 ore al giorno, mentre gli operai ne lavoravano 8. Dal 1954 in poi i prigionieri lavorarono 8 ore come gli operai.
6) Uno studio della CIA su un campo preso come campione mostra come il 95% dei detenuti fosse composto da veri e propri criminali.
7) Nel 1953, fu concessa un’amnistia al 70% dei criminali comuni detenuti in quel campo e nei successivi 3 mesi la maggior parte di loro fu di nuovo arrestata avendo commesso nuovi reati.

Qui di seguito alcuni estratti da codesti documenti della CIA, sottolineati e riuniti insieme per facilitare il lettore:

Questi contraddicono in modo assoluto la narrazione  che i prigionieri dei gulag non fossero retribuiti. Indubbiamente il lavoro era forzato, ma erano forniti premi ed incentivi materiali. I prigionieri furono pagati dal 1952 in poi mentre precedentemente erano ricompensati con cibo.

Secondo le fantasie borghesi il “regime” sovietico di proposito affamava la popolazione dei gulag. Invece alla luce dei fatti ci furono sforzi dalla parte sovietica per incrementare la fornitura di cibo ai prigionieri dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Il fatto che la giornata lavorativa fosse solo di due ore superiore a quella degli operai fino al 1954 e che da quell’anno divenne pari a quella degli operai liberi è una chiara dimostrazione delle tendenze egalitaristiche dello stato sovietico.

Oltre tutto, fatto degno di nota è che fossero i criminali non i rivoluzionari pro democrazia ad essere spediti nei gulag. Come in tutti i sistemi giudiziari, certamente c’erano degli errori e qualche innocente poteva finire in prigione; il fatto cruciale è questo fatto venne esagerato dalla stampa imperialista.

Facciamo un paragone fra il sistema sovietico e quello USA. Il 13° emendamento permetto il lavoro schiavile dei detenuti; con molti detenuti vessati a causa della loro etnia. Anche la dinastia Clinton ebbe schiavi nello stato dell’Arkansas (News 2017).

Eccezionale concentrato di grandissime balle

I NUMERI

Secondo la quarta pagina di un altro documento della CIA (1989), intitolato “The Soviet Labour System: An Update,” il numero dei prigionieri dei gulag “crebbe fino a 2 milioni” al tempo di Stalin.

Questi dati sono comparabili a quelli provenienti dagli archivi sovietici desecretati. Il seguente documento è un documento archivistico sovietico declassificato del 1954 ((Pykhalov), di cui un estratto è stato tradotto in inglese:

NDT: A questo punto non possiamo più seguire l’articolo originale, dove è stato fatto un pasticcio ai limiti della comprensibilità con i dati tratti dal libro di Pykhalov, quindi ne facciamo un riassunto corretto e comprensibile.

“Nel periodo intercorrente fra il 1921 e l’inizio del 1953, per reati controrivoluzionari furono condannate  a morte 642.980 persone, 2.369.220 alla reclusione e 765.160 al confino.
Tuttavia vi sono altri dati, sempre dal libro citato, che dettagliano con cifre di poco differenti il numero delle persone condannate a morte in quell’arco temporale: 815.619 condannati a morte su 4.308.487 persone processate.
Bisogna considerare però che in questi dati è compresa una notevole quota di criminali comuni (almeno il 30%) e che spesso non tutte le sentenze capitali venivano eseguite. Per esempio, su 76 condanne a morte emesse dalla Corte distrettuale di Tyumen nella prima metà del 1929, al gennaio del 1930 solo 9 furono eseguite… e 46 furono trasformate in pene detentive o annullate.”

Gli archivi sovietici rimasero riservati per decenni, furono aperti solo dopo il collasso dell’Unione Sovietica. In aggiunta, dopo la morte di Stalin, il capo della NKVD (Ministero degli Interni russo) , Lavrenty Beria, sostenitore di Stalin, fu fatto uccidere prontamente da  Khrushcev, accanito antistalinista (History in an hour 2010).

Questi fatti rendono molto improbabile che i servizi di sicurezza sovietici fossero favorevoli a Stalin.

IL NOBEL DELLA MENZOGNA

Lo storico italoamericano Michael Parenti (1997, pp. 79-80), analizzò ulteriormente i dati provenienti dagli archivi sovietici:

“Nel 1993, per la prima volta, diversi storici hanno ottenuto l’accesso agli archivi precedentemente segretati della polizia sovietica  e sono stati in grado di stabilire stime ben documentate della popolazione delle prigioni e dei campi di lavoro e hanno scoperto che la popolazione totale dell’intero sitema dei gulag a partire dal gennaio 1939, verso la fine delle Grandi Purghe, era di 2.022.976, e in quel periodo iniziò pure una purga degli epuratori, tra cui molti funzionari dell’intelligence e della polizia segreta (NKVD) e membri della magistratura e altri comitati investigativi, che furono da quel momento ritenuti responsabili per gli eccessi del terrore nonostante le loro proteste di fedeltà al regime.”

“I campi di lavoro sovietici non erano campi di sterminio come quelli che i nazisti costruirono in Europa: non c’era uno sterminio sistematico dei detenuti, nessuna camera a gas o forni crematori per sbarazzarsi di milioni di corpi …” La grande maggioranza dei detenuti del gulag sopravvisse e alla fine ritornò alla società quando fu concessa l’amnistia o quando finirono di scontare la pena. Ogni anno, dal 20 al 40% dei detenuti erano rilasciati, secondo i registri degli archivi. Nonostante questi fatti, il corrispondente di Mosca del New York Times (7/31 / 96) continua a descrivere il gulag come “il più grande sistema di campi di sterminio nella storia moderna”.

“Quasi un milione di prigionieri di gulag furono rilasciati durante la seconda guerra mondiale per prestare servizio militare. Gli archivi rivelano che più della metà di tutti i decessi nei gulag per il periodo 1934-53 avvenne durante gli anni della guerra (1941-45), per lo più a causa dalla malnutrizione, quando la fame e gli stenti erano il destino comune dell’intera popolazione sovietica (circa 22 milioni di cittadini sovietici morirono durante la guerra). Nel 1944, ad esempio, il tasso di mortalità nei campi di lavoro era di 92 su 1000. Nel 1953, con la ripresa postbellica, le morti dei campi erano scese a 3 per 1000.”

“Tutti i detenuti dei gulag possono essere considerati vittime innocenti della repressione rossa? Contrariamente a quanto siamo stati portati a credere, quelli arrestati per crimini politici (“reati controrivoluzionari “) erano compresi tra il 12 e il 33% della popolazione carceraria, con variazioni annuali. La maggior parte dei detenuti era accusata di reati non politici: omicidio, aggressione, furto, banditismo, contrabbando, truffa e altre violazioni punite in qualsiasi società.”

Così, secondo la CIA, circa due milioni di persone furono inviate al Gulag negli anni ’30, mentre secondo gli archivi sovietici declassificati, 2.369.220 fino al 1954. Rispetto alla popolazione dell’URSS dell’epoca, facendo un raffronto con le statistiche di un paese come gli Stati Uniti, la popolazione del Gulag nell’URSS nel corso della sua storia era  in percentuale inferiore a quella carceraria degli Stati Uniti di oggi o degli anni ’90. Infatti, secondo la ricerca di Sousa (1998), negli Stati Uniti c’era una percentuale più grande di prigionieri (rispetto all’intera popolazione) di quanti ce ne fossero mai stati nell’URSS:

“In una notizia senza alcun risalto che appariva sui giornali dell’agosto 1997, l’agenzia di stampa FLT-AP riferiva che negli Stati Uniti non c’erano mai state così tante persone nel sistema carcerario come i 5,5 milioni detenuti nel 1996. Questo rappresenta un aumento di 200.000 persone dal 1995 e significa che il numero di criminali negli Stati Uniti è pari al 2,8% della popolazione adulta. Questi dati sono disponibili per tutti coloro che fanno parte del dipartimento di giustizia nordamericano …. Il numero di detenuti negli Stati Uniti oggi è di 3 milioni più alto del numero massimo di detenuti in Unione Sovietica! Nell’Unione Sovietica, ci fu un massimo del 2,4% della popolazione adulta in carcere: negli Stati Uniti la cifra è del 2,8% ed è in aumento! Secondo un comunicato stampa diffuso dal dipartimento della giustizia degli Stati Uniti il ​​18 gennaio 1998, il numero di detenuti negli Stati Uniti nel 1997 è aumentato di 96.100 persone”.

CONCLUSIONE

Ritenendo l’URSS come la maggior sfida ideologica, la borghesia imperialistica occidentale demonizzò Stalin e l’Unione Sovietica. Ora dopo decenni di propaganda, archivi desecretati russi e americani smascherano insieme queste menzogne antisovietiche. Degno della nostra attenzione è il fatto che la CIA, fonte aspramente antisovietica, abbia pubblicato documenti desecretati che smantellano i veri e propri miti che promuoveva e continua a promuovere nei mezzi di comunicazioni di massa. I file CIA insieme ai documenti declassificati degli archivi sovietici hanno dimostrato che la stampa borghese mentiva sui gulag.

FONTI

13th Amendment to the U.S. Constitution: Abolition of Slavery. (n.d.). Retrieved August 28, 2018, from https://www.archives.gov/historical-docs/13th-amendment

Central Intelligence Agency (CIA). (1989). THE SOVIET FORCED LABOR SYSTEM: AN UPDATE (GI-M 87-20081). Retrieved February 12, 2018, fromhttps://www.cia.gov/library/readingroom/docs/DOC_0000500615.pdf

Central Intelligence Agency (CIA). (2010, February 22). 1. FORCED LABOR CAMPS IN THE USSR 2. TRANSFER OF PRISONERS BETWEEN CAMPS 3. DECREES ON RELEASE FROM FORCED LABOR 4. ATTITUDE OF SOVIET PRISON OFFICIALS TOWARD SUSPECTS 1945 TO THE END OF 1955. Retrieved January 5, 2018, from https://www.cia.gov/library/readingroom/docs/CIA-RDP80T00246A032000400001-1.pdf

Hillary and Bill used ‘slave labour’. (2017, June 08). Retrieved June 10, 2017, from https://www.news.com.au/technology/online/social/hillary-and-bill-clinton-used-black-prisoners-for-forced-slave-labour-in-the-arkansas-governors-mansion/news-story/9af23848a5d44770b538c931c62460fe

Игорь, П. (n.d.). Книга: За что сажали при Сталине. Невинны ли «жертвы репрессий»? Retrieved August 28, 2018, from https://www.e-reading.club/bookreader.php/1008874/Pyhalov_-_Za_chto_sazhali_pri_Staline._Nevinny_li_zhertvy_repressiy.html

Parenti, M. (1997). Blackshirts and reds: Rational fascism and the overthrow of communism. San Francisco, Calif: City Lights Books.

Sousa, M. (1998, June 15). Lies concerning the history of the Soviet Union. Retrieved August 27, 2018, from http://www.mariosousa.se/LiesconcerningthehistoryoftheSovietUnion.html

The Death of Lavrenty Beria. (2015, December 23). Retrieved August 31, 2018, from http://www.historyinanhour.com/2010/12/23/lavrenty-beria-summary

Tracy, J. F. (2018, January 30). The CIA and the Media: 50 Facts the World Needs to Know. Retrieved August 28, 2018, fromhttps://www.globalresearch.ca/the-cia-and-the-media-50-facts-the-world-needs-to-know/5471956