REDAZIONE NOICOMUNISTI
di Guido Fontana Ros
Per inquadrare correttamente il recente intervento coloniale/militare della Francia, nell’Africa subsahariana, non basta porre l’accento sui giacimenti di minerali strategici presenti in questo poverissimo stato. A tutte le persone mediamente dotate di intelletto, (purtroppo in questo gruppo non paiono rientrare molti comunisti odierni)pare quantomeno curioso che formazioni di combattenti islamici, formate ed equipaggiate dai servizi segreti Usa col supporto degli analoghi francesi e inglesi, le stesse utilizzate per abbattere il regime del colonnello Gheddafi, improvvisamente diventino il nemico da combattere. Le multinazionali che determinano sia la politica USA che quella francese non si sarebbero certo fatto scrupoli di stringere lucrosissimi accordi commerciali con questi branchi di tagliagole.
Vediamo il retropalco. Dobbiamo fare un passo indietro, precisamente nel 2007, quando George W. Bush insieme a Dick Cheney firmò la direttiva per la creazione dell’AFRICOM.
Vediamo brevemente i motivi salienti del confronto:
- Pechino, 2000. Creazione del FOCAC, forum di coordinamento fra Cina e stati africani per sviluppare l’interscambio commerciale
- 2008. Completando un tour in Africa che toccò otto nazioni in dodici giorni – la terza visita simile da quando iniziò il suo incarico- il Presidente cinese Hu Jintao annunciò un programma triennale da tre miliardi di dollari di prestiti ed altri aiuti umanitari per l’Africa. Questi fondi si aggiunsero ai 3 miliardi di dollari di prestiti e 2 miliardi di dollari in crediti da esportazione che Hu Jintao aveva già precedentemente annunciato.
- Nei quattro anni seguenti, il commercio tra Cina e nazioni africane aumentò vertiginosamente nella misura in cui l’influenza francese e statunitense sul “continente nero” diminuiva. Secondo le statistiche cinesi il volume degli scambi tra Pechino e l’Africa raggiunse i 166 miliardi di dollari nel 2011 e le esportazioni africane verso la Cina – in particolar modo materie prime necessarie all’industria cinese – salirono a 93 miliardi dai 5,6 miliardi del decennio precedente. Nel luglio 2012 la Cina offrì alle nazioni africane 20 miliardi in prestiti per il triennio successivo, un ammontare doppio rispetto ai prestiti concessi nel triennio precedente.
- La Cina, per sostenere il suo tasso di crescita del PIL, in media il 9% negli ultimi 2 decenni, ha un bisogno smodato di risorse strategiche. Basti pensare che che del suo import di petrolio, 2,6 milioni di barili di greggio al giorno, quasi la metà proviene dall’Africa.
- Le corporation cinesi sotto il controllo governativo sono più scaltre di quelle occidentali. Invece di offrire pesanti imposizioni da parte dell’FMI implicanti pesanti riforme economiche ed austerity, la Cina sta offrendo crediti e generosi prestiti per costruire strade e scuole.
Tutto questo cosa ha che vedere con il Mali?
Inoltre, il Primo ministro francese Pierre Moscovici affermò nel dicembre scorso a Abidjan che le imprese francesi devono andare all’attacco e scatenare un’offensiva contro l’influenza della rivale Cina scommettendo su mercati africani sempre più competitivi. ” È evidente che la Cina è sempre più presente in Africa… le imprese (francesi) che hanno i mezzi devono perseguire questa offensiva. Esse devono essere più presenti sul territorio. Esse devono combattere” affermò Moscovici durante un suo viaggio in Costa d’Avorio.Così si chiude il cerchio.