Parigi 1940-1944: la Resistenza degli italiani al nazismo

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A cura di Guido Fontana Ros

A seguito di “vecchie” conversazioni con il compagno Davide Spagnoli che in passato si era occupato da ricercatore storico della vicenda del gruppo di resistenti italiani del gruppo della “Maison de chimie” parigina e stimolato da un post su Facebook del compagno Jean Pino Frank Castellotti, ho intrapreso una ricerca nel Web.
La ricerca si è rivelata molto fruttuosa, infatti ho trovato una tesi di laurea di Eva Pavone: Parigi 1940-1944: la Resistenza degli italiani al nazismo.
La tesi tratta dell’emigrazione antifascista italiana a Parigi durante la Seconda guerra mondiale, degli antifascisti di estrazione proletaria che presero parte alla lotta al nazifascismo e alla battaglia per liberare la città. L’approccio biografico dell’autrice ha consentito di esplorare la loro militanza nell’ambiente antifascista dei quartieri “rossi” di Parigi e l’impegno fin dalla primissima ora contro i nazisti. La loro integrazione nella società francese matura negli anni Trenta attraverso una forte partecipazione alle lotte sociali e all’associazionismo delle organizzazioni antifasciste. Al momento dell’occupazione militare tedesca, gli italiani furono tra i primi a prendere parte alla Resistenza contro i tedeschi. Alcuni aderirono ai gruppi armati diretti dal partito comunista francese. Altri italiani, organizzati in formazioni autonome, dettero supporto alle azioni dei gruppi armati e parteciparono attivamente nell’agosto del 1944 alla battaglia finale.
L’autrice ha compiuto un buonissimo lavoro che va a colmare una lacuna storiografica anche se bisogna dire che, non  essendo marxista-leninista, c’è qualche “sbavatura”.
Consiglio vivamente di salvare sul proprio hard disk questo testo in quanto contiene una miniera di informazioni di difficile reperibilità.

Parigi 1940-1944: la Resistenza degli italiani al nazismo

La bufala dei 100.000 fucilati dall’NKVD nell’Ucraina occidentale nel 1941

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Di Luca Baldelli

Tra il miliardo di persone sterminate dai senzadio kumunisti sovietici guidati dall’uomo più malvagio della storia, trova posto la narrazione dei 100.000 fucilati nell’Ucraina occidentale nei giorni immediatamente seguenti all’invasione tedesca.
Naturalmente l’incipit è ironico, per la comprensione del significato della parola ironia si veda l’Enciclopedia Trec:cani a questo URL:
Ultima cosa. Da qualche tempo siamo soliti abbinare qualche immagine sia alla presentazione sui social che all’interno, ai nostri articoli, questa volta non lo facciamo per non alimentare, in questo caso si tratterebbe di pornografia dell’orrore, questo feticismo dell’immagine.
Comunque immagini ce ne sarebbero e si potrebbero ritrovare agevolmente nella rete; riguardano gli innominabili massacri perpetrati in quelle terre dai nazisti e dai loro servi, i nazionalisti ucraini.

La bufala dei 100.000 fucilati dall’NKVD nell’Ucraina occidentale nel 1941

La bufala di Stalin che consegnò i comunisti ad Hitler

La bufala di Stalin che consegnò i comunisti ad Hitler

I 5 MAESTRI

Di Luca Baldelli

Una delle più grandi bugie diffuse dalla propaganda antisovietica ed antistalinista in particolare, è quella dell’intesa Hitler-Stalin, che sarebbe stata cementata dal patto Ribbentrop-Molotov. Sembra ironia e barzelletta dover spiegare che chi distrusse il nazismo non può esser certo stato alleato di chi lo creò, eppure nel mondo borghese e capitalista succede di tutto, non a caso la droga e le sue intossicazioni sono frutto precipuo di questo mondo.

L’Urss riuscì, con quel patto sopra richiamato, ad ottenere tempo e modo per preparare la difesa contro l’assalto delle orde hitleriane, e questo dopo che le Nazioni occidentali “capitalistico-borghesi” e “liberali” avevano a più riprese rifiutato l’idea staliniana di un’alleanza antinazifascista europea e planetaria, pretendendo che l’Urss schierasse l’Esercito da sola e da sola si sacrificasse per tutti, istigando la Polonia (che tutto era meno che una Nazione pacifica) a sabotare ogni possibile intesa con l’Unione Sovietica, (vedasi qui) consegnando ad Hitler la Cecoslovacchia e la sua sovranità su un piatto d’argento, affinché un domani rivolgesse le sue armate contro il primo Stato mondiale degli operai e dei contadini. Da tutti questi bei pulpiti si è parlato e si parla di “alleanza” fra Hitler e Stalin, si sono inventate e si inventano storielle buone solo per i gonzi, si è cercato e si cerca di inquinare i cervelli e le coscienze. Si è così creata a tavolino la storia dei “protocolli segreti” del Patto Ribbentrop-Molotov, dei quali abbiamo già parlato (rimando al mio saggio: IL PATTO MOLOTOV – RIBBENTROPP. VERO PATTO, FINTI PROTOCOLLIIL PATTO MOLOTOV – RIBBENTROPP. VERO PATTO, FINTI PROTOCOLLI), e si è pure tentato di far passare, con documenti sempre fasulli o scientemente distorti, l’idea di un’intesa tra NKVD e GESTAPO per gestire la partita degli “oppositori”, con le relative deportazioni ed i relativi “trasferimenti” da una Nazione all’altra di personaggi “scomodi” da internare.

Bugie invereconde, costruite su pezzi di carta oscenamente taroccati. Il principale tra essi, riguarda la presunta firma, a Mosca, in data 11 novembre 1938, di un patto tra il capo della GESTAPO (sic!) Heinrich Muller ed il responsabile per l’NKVD (sic!) Stepan Solomonovic Mamulov. Ai sensi di tale intesa, anteriore persino al Patto di non aggressione, i due organi di sicurezza si sarebbero scambiati informazioni su argomenti, persone e movimenti di reciproco interesse, adottando poi adeguate misure di volta in volta stabilite, come la consegna di comunisti tedeschi nelle mani della GESTAPO. Una falsificazione filologicamente maldestra, per chi mastica un po’ di storia e si prende la briga di andare a confrontare fonti e documenti: ora, nel documento la GESTAPO è indicata come “Direzione generale per la sicurezza dello NSDAP (il Partito nazionalsocialista, ndr)”, quando tale denominazione nemmeno esisteva e la GESTAPO era null’altro che la Polizia segreta di Stato (Geheime Staatspolizei), organo dell’apparato statale e non del Partito.

Non solo: Muller, nel giorno 11 novembre 1938, come testimoniano documenti inoppugnabili, si trovava non a Mosca a firmare l’inesistente accordo, ma in Germania a compiere la ricognizione dei danni arrecati dalla Notte dei Cristalli, il pogrom antiebraico al quale non furono estranei agenti provocatori da una parte e dall’altra. Quanto a Mamulov, nel 1938 era responsabile (udite udite!) del Dipartimento agricoltura del VK(b)P della Georgia; solo il 3 gennaio del 1939 avrebbe scalato i vertici della NKVD. Nel 1938, poteva firmare al massimo documenti riguardanti fertilizzanti e capi di bestiame, non certo documenti come quello costruito a tavolino dai falsificatori professionisti. Sulla base di questa patacca, (vedasi Accordo tra Gestapo e NKVD), si è esibito in pompa magna tutto un coro di pseudostorici, memorialisti, personaggi anche con un passato nobile, ma con un presente non altrettanto di…qualità. Tutti impegnati a dimostrare, senza un documento dettagliato che sia uno, senza un elenco di nomi uscito da archivi che si possano definire tali, senza il minimo riscontro, che Hitler e Stalin si sono scambiati prigionieri.

Possiamo certamente annoverare, tra i memorialisti che non ce l’hanno raccontata giusta, Margarete Buber-Neumann (1901- 1989). Ella, nella sua opera Prigioniera di Stalin ed Hitler (tradotto in Italia ed uscito per i tipi de “Il Mulino”, nel 1994) racconta delle sue peripezie e del suo internamento nel lager di Ravensbruck, dopo la sua consegna alla GESTAPO nel 1940, ad opera dell’NKVD. Ebbene, chi era Margarete Buber-Neumann? Attivista comunista sin dall’età di 20 anni, sposata in prime nozze con il figlio del grande filosofo ebreo Martin Buber, divorziò negli anni ’20 risposandosi poi con Heinz Neumann, rampollo di una famiglia borghese e comunista anch’egli.

Nel KPD, Neumann rappresentava l’ala più settaria e dogmatica, impegnata più a sabotare gli sforzi per un vasto fronte antinazista, in nome di un’impossibile autosufficienza, che a combattere l’avvento della peste bruna. Questo atteggiamento, speculare a quello rinunciatario e codardo dei socialtraditori della socialdemocrazia di destra, sarebbe costato molto alla Germania. Fuggiti dalla Germania con l’avvento di Hitler, Margarete Buber (nata Thuring) ed Heinz Neumann ripararono prima in Spagna, poi in Svizzera, quindi, cacciati dalle elvetiche contrade (sempre molto poco solidali con i comunisti e gli antifascisti veri, specie quando non portavano denari nelle banche…), in Unione Sovietica.

Qui Neumann sarebbe stato arrestato nel 1937, condannato a morte e giustiziato, mentre la sua compagna sarebbe stata deportata in un Gulag presso Karaganda (Kazakhstan). Questo, stando ai racconti ufficiali, poiché abbiamo visto, ad esempio per l’italiano Guarnaschelli, (Roma a Mosca: lo spionaggio fascista in URSS e il caso Guarnaschelli di Giorgio Fabre), che la fucilazione data per certa in alcuni documenti non ci fu mai, essendo il rifugiato in questione deceduto di morte naturale. Ad ogni modo, dando per buone le risultanze delle quali disponiamo, Neumann tutto fu meno che un perseguitato: nel 1932, dopo che l’Internazionale comunista aveva già condannato il suo gruppo di accoliti come settario e lontano da ogni applicazione delle direttive generali, Kaganovic scrisse a Stalin riguardo alle diversioni di questa schiera, ma il Piccolo Padre, comunque, ricercò pazientemente il dialogo anche con il Bordiga tedesco, incontrandolo a Soci nell’estate di quell’anno (vedasi lettera di Kaganovich a Stalin). Fu un dialogo tra sordi, ma nessuno può dire che, da parte di Stalin, non vi fu buona disposizione ad ascoltare le ragioni altrui. Il fatto è che Neumann, che era ostile in maniera viscerale al grande combattente antifascista e vera guida dei comunisti tedeschi, Ernest Thalmann, non sentì ragioni e proseguì sul suo sentiero distruttivo.

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Ernst Thalmann

Nel 1934, stabilitosi a Mosca, cercò in ogni modo di seminare zizzania nel gruppo dirigente bolscevico ed in quello dell’Internazionale, attirandosi strali e sospetti che, poi, sfociarono nel suo arresto e nella sua eliminazione, nel 1938. Ora, rispetto alla “purga” del 1937/38, molto si è scritto, ed è sempre più chiaro che, in gran parte, fu un’azione efficace nell’eliminare quinte colonne e sabotatori, non fece milioni di morti, fu strumentalizzata, in alcuni casi, da settori trockisti, zinovevisti e bukhariniani per infangare Stalin e creare malcontento. Non a caso, poi l’implacabile giustizia sovietica colpì chi si era fatto scudo con l’esigenza di ripulire il Paese dalle spie e dai criminali per consumare vendette o per destabilizzare il sistema. Non sappiamo molto della sorte di Neumann e della fondatezza dei capi d’accusa su di lui pendenti, ma certamente con i suoi comportamenti e con la sua contiguità ad ambienti e gruppi che sotto sotto simpatizzavano per l’Asse, quando non lo facevano in maniera aperta (si veda l’atteggiamento tenuto da Bordiga, e lo si veda in una fonte al di sopra di ogni sospetto: https://www.avvenire.it/agora/pagine/bordiga- ) non gli giovò di certo.

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Amadeo Bordiga

La sua compagna Margarete è un altro enigma, da questo punto di vista: ella ha raccontato di essere stata deportata dall’NKVD e di esser stata poi consegnata alla GESTAPO. Ora, a parte che se fosse stata davvero scomoda e se i Gulag fossero stati quelli che ha raccontati, certamente non sarebbe sopravvissuta, c’è anche da chiedersi per quale motivo reale fu consegnata alla Germania. Stalin protesse tutti i comunisti tedeschi riparati in Urss, altro che consegne e patti con la GESTAPO!

Questa è la storia e riguarda, direttamente o indirettamente, tra gli altri, Misha Wolf e Walter Ulbricht, due nomi non proprio secondari nel panorama comunista tedesco… Abbiamo però notizia di comunisti tedeschi che, invischiati a torto o a ragione in trame eversive nel 1937/38, presi di mira dalla NKVD (alcuni erano spie ed infiltrati fascisti sul serio, come testimoniano anche vicende di italiani chiarite dai documenti desecretati), chiesero ad un certo punto di essere rimpatriati. Ne fa fede un documento, nel quale due comunisti tedeschi, sui quali aleggia ben più che il sospetto di essere state spie naziste, chiesero la protezione dell’ambasciata tedesca per venir rimpatriati senza scontare le pene irrogate dalla giustizia sovietica. I loro nomi: Fritz Baltes e Fritz Vinter. Nessuno di loro, rimpatriato, avrebbe fatto un giorno di lager. Strana storia, per dei comunisti nella Germania di Hitler…

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Sulla Buber-Neumann, non possiamo dire altrettanto. Non vi sono prove di una sua attività a favore della GESTAPO, ma certamente vi sono elementi inquietanti: costei venne rimpatriata e, nel lager, diventò la segretaria particolare della SS Johanna Langefeld, supervisora di ben tre campi di concentramento (Auschwitz, Ravensbruck, Lichtenburg) e svolse servizi per la multinazionale Siemens, legata a doppio filo con il sistema militare-industriale del Reich. Un curriculum un po’ particolare, per una pericolosa comunista… Una comunista che sopravvive ed ottiene anzi incarichi, mentre attorno a sé le donne antifasciste e comuniste più pericolose e combattive cadono sotto ai colpi delle SS e delle malattie endemiche nel sistema concentrazionario (vedasi Buber-Neumann, Margarita e il libro della Buber-Neumann summenzionato): non solo la sua vecchia protettrice, la SS sadica e cinica Lagenfeld, la va a trovare e le racconta particolari e vicissitudini legati al lager, nel quale Grete aveva anche avuto un ruolo nel selezionare prigionieri ed era pure stata punita, successivamente, per vendetta, quando l’astro della Lagenfeld era declinato (vedasi Il cielo sopra l’inferno), ma la Buber-Neumann stessa, in prima persona, prende parte a tutte le crociate anticomuniste ed antisovietiche più chiassose, dal processo Kravchenko (sul quale ci soffermeremo in futuro), trionfo delle bufale antisovietiche sull’holodomor ed altre nefandezze inventate, alla militanza nel Congresso o Associazione per la libertà della cultura, creatura della CIA, come bene ha dimostrato uno studio condotto da Frances Stonor Saunders, La guerra fredda culturale

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Ad ogni passo, l’ombra delle centrali anticomuniste, dei centri bellicisti antisovietici, va di pari passo con Margerete Buber-Neumann. Colei che ha diffuso, se non per prima in assoluto, per prima con maggiore evidenza, forza e capacità di penetrazione mediatica, il mito dell’accordo tra NKVD e GESTAPO, dello scambio di prigionieri tra Hitler e Stalin. Proprio lei, che nel lager era segretaria di quello zuccherino di Johanna Lagenfeld.

 

Cosa sta succedendo in Russia?

Cosa sta succedendo in Russia?

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Di DAVIDE SPAGNOLI

Penso che la cosa migliore per la presentazione di questi materiali sia lasciare la parola al traduttore dal russo: il compagno Davide Spagnoli. Questo è il testo della mail di accompagnamento all’invio degli 11 file. In calce alla sintetica descrizione di ogni file troverete il link per leggerne la traduzione:

Il senso di queste traduzioni non è solo dare conto di quanto sta accadendo in Russia, ma è anche quello di cercare di dimostrare che la politica di Putin è spesso determinata dal PCFR nel senso che Putin cerca di scavalcare a sinistra il Partito Comunista per fargli sfondare delle porte aperte. Un esempio è la “Legge sulla pianificazione strategica” – che non trovi tra le traduzioni perché è lunga 55 pagine in A4 e mi ci vorrà ancora un po’ di tempo, e sarà la traduzione 00 – fortemente voluta dai comunisti sulla quale Putin ha messo il cappello. Ma di esempi ce ne sono molti altri.

Inizio con il Programma del PCFR (ti accludo anche il logo del Programma che ho scaricato dal sito del Partito) che mi sembra piuttosto interessante anche su alcuni punti ideologici avrei qualcosa da ridire, quando cioè loro dicono che con il socialismo finirà lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo; ma mi sembra un gran bel programma e certamente non di nostalgici ma di gente proiettata nel futuro. Il Programma del Partito non porta data…

Proseguo con un interessante articolo del 2016 di un ebreo anticomunista – Khaldei – che spiega dettagliando e documentando perché Putin non può fare nulla di diverso che costruire il socialismo, di quale tipo – sovietico o svedese, ne discutono su twitter gli analisti russi – si vedrà.

il terzo articolo, sempre di un anticomunista, pubblicato anno scorso continua ancora sulla falsariga del socialismo in costruzione in Russia.

Il quarto articolo riguarda il dato statistico del Levada Center – agenzia statistica russa – che proprio recentemente ha certificato come il 66% dei russi vuole il ritorno all’URSS e al socialismo.

Il quinto articolo spiega, naturalmente da un punto di vista anticomunista, perché Putin è per la socializzazione – capitalismo monopolistico di Stato – e non per il socialismo.

Nel sesto articolo Yuri Afonin, dirigente del PCFR, spiega perché i russi vogliono il ritorno al socialismo.

Nel settimo pezzo Zyuganov celebra l’invio del 76° convoglio umanitario in Donbass da parte del PCFR. Naturalmente Zyuganov tratta anche molti altri temi di politica estera e interna, ponendo l’accento sul contropotere economico che i comunisti russi stanno già costituendo in Russia, e il Sovkhoz Lenin ne è un esempio, e di come il punto di forza dei comunisti russi sia oggi l’agricoltura e l’industria agro-alimentare.

Verso il Natale dell’anno scorso Putin e Zyuganov hanno avuto un incontro ufficiale; oltre al resoconto stenografico di una parte di quello che si sono detti che si trova nella traduzione n° 8,

nella traduzione n° 9 sono tradotti i 10 punti del PCFR che Zyuganov ha presentato a Putin durante l’incontro.

La decima traduzione riguarda un incontro di Putin con gli oligarchi avvenuto dopo l’incontro con Zyuganov e se ci fai caso nelle parole di Putin si legge chiaramente il segno lasciato da quanto aveva illustrato Zyuganov in precedenza.

L’ultima traduzione, la n°11 riguarda la richiesta di Putin per una nuova alleanza economica.

Lo so, il tutto è abbastanza lungo ma credo non ci sia altra maniera per cercare di capire costa sta avvenendo in Russia.

 

L’ “Holodomor” e il film “Bitter Harvest” sono bugie fasciste

L’ “Holodomor” e il film “Bitter Harvest” sono bugie fasciste

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Di Grover Furr

Traduzione di Guido Fontana Ros

FONTE

(nota dell’Autore: in questo articolo ricorro largamente alle prove citate nelle ricerche di Mark Tauger dell’University of West Virginia. Tauger ha trascorso la sua vita professionale studiando l’agricoltura e le carestie russe e sovietiche. E’ un’autorità mondiale riguardo a questi soggetti e è cordialmente odiato dai nazionalisti ucraini e in genere dagli anticomunisti in quanto le sue ricerche mandano in briciole le loro falsificazioni.)

La pellicola nazionalista ucraina “Bitter Harvest” diffonde le bugie inventate dai nazionalisti ucraini. In questa recensione Louis Proyect diffonde anche lui queste menzogne.

Proyect cita un articolo del 1988 comparso su Village Voice a firma di Jeff Coplon: In Search of a Soviet Holocaust: A 55-Year-Old Famine Feeds the Right.

In questo articolo Coplon evidenziava che i maggiori esperti di storia sovietica appartenenti alla corrente dominante respingevano ogni nozione che una deliberata carestia possa essere stata perpetrata contro gli ucraini. Lo fanno tuttora. Proyect dimentica di menzionare questo fatto.

Ci fu una grave carestia in URSS che includeva (ma non solo) la repubblica socialista dell’Ucraina negli anni 1932-33, ma non c’è mai stata alcuna prova di un “Holodomor” o di una carestia “pianificata” e non ce n’è alcuna neanche adesso.

L’invenzione dell’ “Holodomor” fu escogitata dai collaborazionisti ucraini che trovarono rifugio nell’Europa Occidentale, in Canada e in USA dopo la guerra. Un primo racconto è quello di Yurij Chumatskij: Why Is One Holocaust Worth More Than Others? che fu pubblicato in Australia nel 1986 da “veterani dell’esercito insurrezionale ucraino”; quest’opera è un attacco vero e proprio ai “giudei” per essere troppo favorevoli al comunismo.

La recensione di Proyect contribuisce a perpetuare le seguenti falsità sulla collettivizzazione sovietica dell’agricoltura sulla carestia degli anni 1932-33:

  • Che i contadini resisterono alla collettivizzazione  principalmente perché era una “seconda servitù della gleba”.
  • Che la carestia fu causata dalla collettivizzazione forzata. In realtà la carestia ebbe cause ambientali.
  • Che “Stalin” vale a dire la dirigenza sovietica crearono intenzionalmente la carestia.
  • Che fu concepita per distruggere il nazionalismo ucraino.
  • Che “Stalin” (il governo sovietico) “arrestò la politica di ucrainizzazione cioè la promozione di una politica per incoraggiare l’uso della lingua ucraina e la diffusione della cultura ucraina.

Nessuna di queste affermazioni è vera. Nessuna è supportata da prove storiche. Sono semplicemente asserzioni di fonti nazionalistiche ucraine create col proposito di fornire una giustificazione ideologica alla loro alleanza con i nazisti e alla loro partecipazione all’Olocausto ebraico, al genocidio degli ucraini polacchi (i massacri in Volinia degli anni 1943-44) e dell’assassinio di ebrei, comunisti e di molti contadini ucraini dopo la guerra.

Il loro fine ultimo è quello di equiparare il comunismo con il nazismo (il comunismo è attualmente fuorilegge nell’Ucraina “democratica”), l’URSS con la Germania nazista e Stalin con Hitler.

La collettivizzazione dell’agricoltura – La realtà

La Russia e l’Ucraina hanno sofferto gravi carestie ogni pochi anni per oltre un millennio. Una carestia accompagnò la Rivoluzione del 1917, diventando più seria nel 1918-1920. Un’altra grave carestia, chiamata “la carestia del Volga”, colpì dal 1920 al 2121. Ci furono carestie nel 1924 e di nuovo nel 1928-29, quest’ultima particolarmente grave nella repubblica socialista ucraina. Tutte queste carestie avevano cause ambientali. Il metodo medievale di coltivazione dell’agricoltura contadina rendeva impossibile un’agricoltura efficiente e le carestie inevitabili.

I leader sovietici, tra cui Stalin, decisero che l’unica soluzione era riorganizzare l’agricoltura sulla base delle grandi fattorie di tipo industriale come quelle del Midwest americano, che furono prese intenzionalmente a modello. Quando i sovzhozy o “fattorie sovietiche” sembrarono funzionare bene, la leadership sovietica prese la decisione di collettivizzare l’agricoltura.

Contrariamente alla propaganda anticomunista, la maggior parte dei contadini accettò la collettivizzazione. La resistenza fu modesta; gli atti di ribellione totale rari. Nel 1932 l’agricoltura sovietica, compresa quella della repubblica ucraina, fu in gran parte collettivizzata.

Nel 1932 l’agricoltura sovietica fu colpita da una combinazione di catastrofi ambientali: la siccità in alcune zone, troppa pioggia in altre, attacchi di ruggine e fuliggine (malattie fungine) e infestazioni di insetti e topi. Il diserbo venne trascurato, i contadini si indebolirono, riducendo ulteriormente la produzione.

La reazione del governo sovietico cambiò quando la dimensione del fallimento del raccolto divenne più chiara durante l’autunno e l’inverno del 1932. Credettero che la cattiva gestione e il sabotaggio fossero le cause principali del magro raccolto, il governo rimosse molti dirigernti del Partito e delle fattorie collettive (a questo riguardo non è provato che qualcuno sia stato “giustiziato” come capita a Mykola nel film). All’inizio del febbraio del 1933 il governo sovietico iniziò a fornire enormi aiuti di grano alle aree della carestia.

Il governo sovietico organizzò anche ispezioni nelle fattorie contadine per confiscare il grano in eccesso per nutrire le città, che non producevano il proprio cibo. Inoltre intervenne per frenare la speculazione; durante una carestia il grano viene venduto essere a prezzi gonfiati. Nelle condizioni di una carestia non si poteva permettere un mercato libero del grano a meno che i poveri non fossero lasciati morire di fame, come succedeva sotto gli zar.

Il governo sovietico organizzò dipartimenti politici (politotdely) per aiutare i contadini nel lavoro agricolo. Tauger conclude:

“Il fatto che il raccolto del 1933 fosse molto più grande di quello del 1931-1932 significa che la politica del paese aiutò le fattorie a lavorare meglio.” (Modernisation, 100)

Il buon raccolto del 1933 fu consegnato a una popolazione considerevolmente più piccola, poiché molti erano morti durante la carestia, altri erano malati o indeboliti, e altri ancora erano fuggiti in altre regioni o nelle città. Ciò riflette il fatto che la carestia non fu causata da collettivizzazione, interferenze governative o resistenza contadina, ma da cause ambientali non più presenti nel 1933.

La collettivizzazione dell’agricoltura fu una vera riforma, una svolta nella rivoluzione dell’agricoltura sovietica. C’erano ancora anni di scarsi raccolti – il clima dell’URSS non cambiò. Ma, grazie alla collettivizzazione, ci fu solo un’altra carestia devastante nell’URSS, quella del 1946-1947. Il più recente studio di questa carestia, Stephen Wheatcroft, conclude che questa carestia venne causata dalle condizioni ambientali e dalle interruzioni della coltivazione causate dalle distruzioni della guerra.

Le false affermazioni di Proyect

Proyect ripete acriticamente la versione fascista autoassolutoria  della storia ucraina senza alcuna base reale.

  • Non esisté mai una “macchina stalinista  per uccidere”.
  • I funzionari incaricati del Partito non sono stati “epurati e giustiziati”.
  • “Milioni di ucraini” non sono stati condotti a “forza nelle fattorie statali e in quelle collettive”. Tauger conclude che la maggior parte dei contadini accettò le fattorie collettive e lavorò bene in esse.
  • Proyect accetta l’afermazione nazionalista ucraina di “3-5 milioni di morti premature”. Questo è falso.

Alcuni nazionalisti ucraini citano cifre di 7-10 milioni, al fine di eguagliare o superare i sei milioni dell’olocausto ebraico (cfr. Il titolo di Chumatskij “Why Is One Holocaust Worth More Than Others?“). Il termine “Holodomor” stesso (“holod” = “hunger”, “mor” dal polacco “mord” = “omicidio”, ucraino “morduvati” = “omicidio) è stato deliberatamente coniato per sembrare simile a “Olocausto”.

L’ultimo studio scientifico sulle morti per carestia parla di 2,6 milioni di vittime (Jacques Vallin, France Meslé, Serguei Adamets e Serhii Pirozhkov, “Una nuova stima delle perdite della popolazione ucraina durante le crisi degli anni ’30 e ’40“, Population Studies 56, 3 (2002) : 249-64).

  • Jeff Coplon non è un “sindacalista canadese” ma un giornalista e scrittore newyorkese; il libro del defunto Douglas Tottle, Fraud, Famine and Fascism, una ragionevole risposta al fraudolento Harvest of Sorrow di Robert Conquest, fu scritto (così come il libro di Conquest) prima dell’inondazione dalle fonti primarie dagli archivi ex sovietici rilasciate alla fine dell’URSS nel 1991 e quindi è seriamente obsoleto.
  • L’affermazione di Walter Duranty circa “frittate” e “uova”  non fu fatta “in difesa di Stalin” come asserisce Proyect, ma come critica alla politica del governo sovietico:

Ma, per dirla alle spicce, non si può fare una frittata senza rompere le uova e i dirigenti bolscevichi sono proprio indifferenti alle perdite in cui eventualmente incappano  nel percorso verso la socializzazione proprio come un generale della Guerra Mondiale che ordinava un costoso attacco per mostrare ai suoi superiori che lui e la sua divisione possedevano il giusto spirito militare. In effetti i bolscevichi sono ancora più indifferenti poiché sono animati da una convinzione fanatica. (The New York Times March 31, 1933)

Evidentemente Proyect ha semplicemente copiato questa notizia infondata da qualche fonte nazionalista ucraina. Spazzatura in entrata, spazzatura in uscita.

  • Andrea Graziosi, che Proyect cita, non è uno studioso dell’agricoltura sovietica o della carestia del 1932-33, ma un anticomunista ideologico che asseconda qualsiasi falsità anti-sovietica. L’articolo che Proyect cita è dell’Harvard Ukrainian Studies, un giornale privo di ricerche obiettive, finanziato e curato da nazionalisti ucraini.
  • Proyect si riferisce a “due decreti segreti” del dicembre 1932 del Politburo sovietico che egli chiaramente non ha letto. Questi hanno fermato l'”ucrainizzazione” al di fuori della repubblica ucraina. All’interno della repubblica ucraina l’ “ucrainizzazione” ha continuato senza soste. Non è “finita” come sostiene Proyect.
  • Proyect non cita alcuna prova di una “politica sovietica volta alla distruzione fisica della nazione ucraina, in particolare della sua intellighenzia” perché non esisteva tale politica.

Un trionfo del socialismo

La collettivizzazione sovietica dell’agricoltura è una delle più grandi imprese della riforma sociale del XX secolo, se non la più grande di tutte, da mettere assieme alla “rivoluzione verde”, al “miracolo del riso” e alle imprese di controllo delle acque in Cina e negli Stati Uniti. Se i premi Nobel venissero assegnati anche per i risultati comunisti, la collettivizzazione sovietica sarebbe il miglior concorrente.

La verità storica sull’Unione Sovietica non è gradita non solo ai collaborazionisti nazisti, ma anche agli anticomunisti di ogni tipo. Molti che si considerano di sinistra, come i socialdemocratici e i trotskisti, ripetono le bugie dei fascisti dichiarati e degli scrittori apertamente pro-capitalisti (neretto del traduttore). Gli studiosi obiettivi della storia sovietica come Tauger, determinati a dire la verità anche quando questa verità è impopolare, sono fin troppo rari e spesso soffocati dal coro dei falsificatori anticomunisti.

Fonti

I libri frutto delle ricerche di Mark Tauger, in particolare “Modernization in Soviet Agriculture” (2006); “Stalin, Soviet Agriculture and Collectivization” (2006); e “Soviet Peasants and Collectivization, 1930-39: Resistance and Adaptation.” (2005), tutti disponibili su Internet. Altri articoli di Tauger sono disponibili in questa pagina:

https://www.newcoldwar.org/archive-of-writings-of-professor-mark-tauger-on-the-famine-scourges-of-the-early-years-of-the-soviet-union/

Vedasi anche il capitolo I del mio libro Blood Lies; The Evidence that Every Accusation against Joseph Stalin and the Soviet Union in Timothy Snyder’s Bloodlands Is False (New York: Red Star Press, 2013 a questa URL;

http://msuweb.montclair.edu/~furrg/research/furr_bloodliesch1.pdf

Sulla carestia del 1946-47 vedasi Stephen G. Wheatcroft, “The Soviet Famine of 1946–1947, the Weather and Human Agency in Historical Perspective.” Europe-Asia Studies, 64:6, 987-1005.