Una compagna poco nota: Olga Benario Prestes (1908-1942)

Una compagna poco nota: Olga Benario Prestes (1908-1942)

REDAZIONE NOICOMUNISTI

FONTE

Traduzione di Guido Fontana Ros

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La figura di Olga Benario Prestes è quella di un’eroina comunista brasiliana poco conosciuta ma straordinaria.

Olga nacque a Monaco di Baviera, in Germania come Olga Gutmann Benario, da una famiglia ebrea. Nel 1923, all’età di 15 anni entrò a far parte dell’Internazionale della Gioventù Comunista e nel 1928 collabora all’evasione del marito, il compagno Otto Braun, dal carcere di Moabit. Espatriò in Cecoslovacchia e da lì, si riunì con Braun, a Mosca. Come funzionario della Internazionale della Gioventù Comunista, Olga svolse varie missioni; in uno di queste fu imprigionata per breve tempo in Gran Bretagna con l’accusa di spionaggio.

Nel 1934 fu incaricata di aiutare il ritorno in Brasile di Luís Carlos Prestes, il leader del Partito Comunista del Brasile, al quale fu assegnata come guardia del corpo. Al fine di realizzare questa missione, furono realizzati documenti falsi attestanti che i due che fossero una coppia sposata portoghese. Dopo l’insurrezione fallita del novembre 1935, la Benario e suo marito entrarono in clandestinità e dopo esser a malapena sfuggiti a un raid della polizia a Ipanema, entrambi furono arrestati nel gennaio 1936, durante l’aspra campagna anti-comunista del dittatore Getúlio Vargas che aveva proclamato marziale legge e stava già tramando il colpo di stato del 1937 che avrebbe portato alla istituzione del regime fascista poi conosciuto come Estado Novo.

La vera identità di Olga fu scoperta grazie alla stretta collaborazione tra la diplomazia brasiliana e la Gestapo. in seguito alla richiesta di estradizione da parte della Germania nazista e, nonostante una campagna internazionale, Olga fu deportata in Germania nel settembre 1936. Il capitano della nave tedesca che la trasportava, annullò gli scali previsti nei porti europei non tedeschi, al fine di evitare eventuali tentativi comunisti di salvarla. Al suo arrivo, Olga fu messa in prigione, dove diede alla luce una figlia, Anita Leocádia. La bambina fu poi affidata alla nonna, Leocádia Prestes.

Questa coraggiosa comunista, Olga Benario, infine fu inviata al campo di concentramento di Ravensbrück e da lì al Centro di Eutanasia di Bernburg nel 1942, dove fu uccisa nelle camere a gas.

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Manifesto del film, “Olga”

Nel 2004 uscì il film “Olga”, basato sul libro omonimo di Fernando Morais e diretto dal regista televisivo e cinematografico Jayme Monjardim. I ruoli principali sono interpretati da Camila Morgado, Caco Ciocler, Luís Melo Fernanda Montenegro, Leona Cavalli.

“Olga” ha partecipato al 77° Oscar come miglior film straniero in rappresentanza del Brasile. Inoltre, il film ha vinto più di venti premi sia a livello nazionale che internazionale.

Di recente, “New Star Art Cinema” ha presentato il film esclusivamente presso il cinema Alkyonis ad Atene, in Grecia. Una presentazione di “Olga” è stata fatta da Liana Kanelli del KKE che lo ha definito “un potente film”.

L’anteprima del film

La liberazione a mano armata del compagno rivoluzionario Otto Braun

Un’emigrazione boicottata: i lavoratori italiani in Cecoslovacchia negli anni ‘40 – ‘50 del ‘900

Un’emigrazione boicottata: i lavoratori italiani in Cecoslovacchia negli anni ‘40 – ‘50 del ‘900

REDAZIONE NOICOMUNISTI

DI LUCA BALDELLI

Una pagina assolutamente sconosciuta del nostro dopoguerra. La stragrande maggioranza di noi ha sentito parlare esclusivamente di un’emigrazione politica verso la Cecoslovacchia: si trattava di compagni partigiani che dovevano espatriare per sottrarsi alla persecuzione giudiziaria orchestrata dal potere borghese.

Precedente a questa emigrazione ve ne fu un’altra: quella economica.

Appunto di questa emigrazione di lavoratori italiani verso una Cecoslovacchia avviata sulla strada del socialismo, ce ne parla il compagno Luca Baldelli in questo articolo.

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Bleiburg: un massacro mai avvenuto?

Bleiburg: un massacro mai avvenuto?

REDAZIONE NOICOMUNISTI

DI LUCA BALDELLI

Questo interessante articolo del compagno Baldelli entra a pieno titolo nella categoria “E le foibe?”, destinata a contenere gli articoli e gli studi che smentiscono le menzogne e le mistificazioni non solo anticomuniste ma anche offensive per la verità storica, che infestano attraverso i mezzi di comunicazioni di massa la stragrande maggioranza del pubblico mondiale.

Il tema trattato attiene al massacro mai avvenuto di migliaia, no di decine di migliaia, che dico, di centomila, forse milioni di fascisti e collaborazionisti da parte dell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo, a Bleiburg località in Carinzia vicina al confine sloveno, intorno alla metà del maggio 1945.

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Chi ha ucciso Motorola…perché?

Chi ha ucciso Motorola…perché?

REDAZIONE NOICOMUNISTI

Di Russell “Texas” Bentley

FONTE

Traduzione di Guido Fontana Ros

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Donetsk, DNR, 18 ottobre 2016

Così, Saker, Southfront e Shary dicono cose non c’entrano con la morte di Motorola. Forse, partendo da una prospettiva migliaia di chilometri da dove è successo, pensano di aver qualcosa da dire, ma io che mi trovo a circa 500 metri da dove è successo, so qual’è il mio compito …

Ci sono stati due precedenti attentati alla vita di Motorola negli ultimi sei mesi … presso l’ospedale nel mese di giugno e dietro il suo condominio nel mese di agosto. Qualcuno era in giro da un po’ per prenderlo. Chiunque lo abbia ucciso ci ha provato prima almeno due volte e non ci è riuscito. Sparta ha una propria unità di intelligence, con collegamenti con i servizi di intelligence della DNR. Se qualcuno era qui per farlo fuori e ci aveva già provato due volte, Motorola dovrebbe aver avuto una qualche idea di chi potesse essere. Se fosse stato qualcuno dalla parte della DNR, certamente si sarebbe reso conto che non c’era modo di sfuggirgli. Sarebbe stato per lui certamente un suicidio rimanere, così come rischiare la vita di moglie e figli. Egli avrebbe potuto facilmente “fare lo Strelkov”, trasferirsi in Crimea, dove si sarebbe ritirato a scrivere le sue memorie, denunnciando qualsiasi traditore che pensava ce l’avesse con lui. Tuttavia egli non l’ha fatto. L’ho visto diverse volte, a passeggio con sua moglie e il bambino nel centro della città, fare shopping, andare in palestra. Non era quello che avrebbe fatto se avesse pensato di avere qualcosa di  preoccuparsi alle sue spalle da parte dei suoi compagni o dei leader. Affatto. Era senza paura, ma non così stupido da aspettarsi un evento improbabile, soprattutto con la vita di moglie e figli in gioco.

Zakharchenko riponeva fiducia in Motorola tanto da inviarlo insieme al battaglione  Sparta nella LNR per salvaguardare Plotnitsky durante/dopo il tentativo di colpo di stato. Questa era un incarico di grande responsabilità, che è probabile che sia dato a qualcuno che si sta progettando di uccidere,  qualcuno che si è cercato di uccidere già due volte.

“Edificio ad alta sicurezza?” Sono stato io stesso in quell’edificio più di una volta. Hanno delle babushka di guardia alla porta, non l’MGB o lo Sparta. Si tratta di un edificio di appartamenti a più piani dove dei semi-oligarchi ukrop erano soliti vivere. Gli ukrop hanno i disegni dei progetti di costruzione e probabilmente anche vecchi mazzi di chiavi che potrebbe ancora funzionare. Gli ascensori sono Otis, made in USA. Forse, avevano bisogno di una recente “riparazione”, si sa, come è successo per il WTC nel mese di agosto ’01. Ci sono molti punti di osservazione, centinaia, da cui un assassino poteva vedere quando Motorola tornasse a casa e la tecnologia per far esplodere una bomba tramite telefono cellulare (2 su 3 servizi di telefonia mobile nel DNR sono ancora di proprietà e di gestione ukrop) è economica e di facile accesso; e se si dispone di un detonatore comandabile dal telefono cellulare, non è nulla aggiungere una macchina fotografica o una funzione microfono all’attrezzatura, per assicurarsi che il bersaglio si trovi nella zona preoposta all’uccisione quando si preme il pulsante.

Ho fiducia e rispetto per A. V.  Zakharchenko. E’ un bravo ragazzo e sta facendo un buon lavoro che sicuramente non è facile. Ho visto il suo video ieri sera, e non ho davvero alcun dubbio su ciò che stia facendo. Credo che il termine tecnico sia “FOTTUTAMENTE INCAZZATO”. Ha minacciato direttamente l’esercito ukrop e i servizi speciali, cosa che dubito che Mosca abbia pre-approvato. Ha definito A. S. Pavlov [Motorola] suo “buon amico” e penso che dicesse sul serio.

Cosa fa la brigata Sparta Brigata, una delle unità più grandi e più forti di tutto l’esercito novorusso? Se pensassero che Zakharchenko avesse a che fare con questo, sarebbero già per strada e nessuno potrebbe fermarli… ma non lo sono. I suoi uomini e molte altre persone qui amavano Motorola. Zakharchenko avrebbe commesso un suicidio politico ad ucciderlo e quale ragione poteva avere? Solo alcune settimane prima, Motorola si era dimostrato un ufficiale di fiducia e leale a Zakharchenko e alla Nuova Russia nella LNR. A quanto pare, le persone che sono in grado di sapere e di fare qualcosa al riguardo, non credono che sia stato un “inside job”.

Cui Bono? A nessuno nella DNR, questo è sicuro e anche a nessuno che abbia cuore il futuro della RF. Motorola è stato un grande comandante… coraggioso, abile e amato dai suoi uomini. La DNR HA BISOGNO di comandanti del genere. E’stata una perdita strategica, da un punto di vista militare. Questa guerra non è ancora finita e potrebbe arrivarne la parte più difficile in un prossimo futuro. Se le cose si riscaldano in Siria, si riscaldano anche qui. La situazione è ancora caldo come l’inferno al fronte e ogni giorno diventa sempre più calda, qui e in Siria. La guerra va avanti, e non possiamo permetterci di far fuori i nostri migliori comandanti. Se l’esercito cade, cade la Repubblica e il nostro esercito ha subito una grave perdita di ieri sera. A mia conoscenza, Motorola non era alla ricerca di potere politico e non era in conflitto con l’amministrazione. Egli non era in lizza per incarichi o per le elezioni primarie; egli non ha mai fatto gran che dichiarazioni pubbliche di politica o di qualsiasi altro argomento.

Questa sera, i fascisti di Kiev e statunitensi stanno celebrando l’uccisione di uno dei loro nemici più potenti e carismatici. Qualcuno cui hanno frustato il culo all’aeroporto di Donetsk e lungo tutta il fronte del Donbass. L’unica cosa che potrebbe renderli ancora più felici sarebbe quella di vedere che sospetti e scontri scoppiassero tra Sparta e l’amministrazione o che altri comandanti della DNR cominciassero a chiedersi  quale sarà il prossimo a ricevere la proverbiale pugnalata alla schiena. Tuttavia questo non succederà, perché la verità è chiara a tutti coloro che esprimono opinioni che qui importano. Sono stati i fottuti ukropi a farlo. Ci hanno provato due volte prima e non ci sono riusciti. Questa volta, hanno mandato un A-team e alla fine hanno portato a termine il lavoro. Invece di seminare sospetto e discordia, questo attentato ci ha fatti stringere assieme per affrontare il reale e comune nemico.

I sospetti di un “lavoro interno” non sono solo infondati, sono pericolosi. Non c’era alcun motivo per chiunque nella DNR o nella RF di voler Motorola morto, mentre tutte le ragioni erano dalla parte dei fascisti di Kiev. I fascisti, proprio come con l’MH-17, avevano il movente, i mezzi e l’opportunità. Motorola si fidava del suo leader e dei compagni. Le sue azioni e gli eventi successivi lo dimostrano. Nessuna persona seria qui pensa che sia stato chiunque altro che i sabotatori Ukrop ad ucciderlo questa volta, che hanno tentato due volte prima di … capitemi. La discordia tra compagni pugnala alla schiena tutta la DNR, la Nuova Russia e la Federazione Russa. Abbiamo bisogno di unità ora, per quanto abbiamo fatto durante i giorni più bui della guerra, perché giorni ancora più scuri potrebbero presto piombare su di noi.

Io rispetto  Saker, Shary e Southfront e sono sorpreso che abbiano esposto queste speculazioni senza alcuna prova. Se c’è qualche prova che Motorola avesse  avuto problemi con i compagni qui, vediamole. Tuttavia non ne vedo alcuna e vivo a Donetsk e ho amici qui a conoscenza di cose che di solito non sono rese pubbliche. Ci sono stati alcuni omicidi inquietanti e magari anche sospetti, di comandanti novorussi, ma sono avvenuti tutti nella LNR, non qui. Del resto io non parlo su Plotnitsky o sul funzionamento del LNR perché semplicemente non ne so nulla e lo ammetto. Tuttavia so che la DNR non è la LNR. Zakharchenko non è Plotnitsky e gode qui di un meritato sostegno popolare e non ha alcun buon motivo per rischiare di perdere tutto uccidendo uno dei suoi migliori amici e compagni. Non è un pazzo e sa che il suo destino sarà lo stesso della DNR. Attaccare Motorola sarebbe un attacco contro tutta la DNR, quindi contro stesso. Pensateci. I fascisti Ukrop e americani avevano tutte le ragioni per voler Motorola morto. Il governo di qui (e gli ambienti vicini) aveva tutte le ragioni per non farlo, tra cui una delle ragioni più importanti è che la sua morte avrebbe causato proprio voci infondate e sospetti. A tutti coloro che speculano senza prove, dico che le loro speculazioni sono stupide e pericolose. Se  disponete di qualche prova, vediamola.Esponetela o state zitti.

 

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Solzhenitsyn: agente dell’imperialismo, anticomunista convinto, desideroso di riportare indietro le lancette della storia.

Solzhenitsyn: agente dell’imperialismo, anticomunista convinto, desideroso di riportare indietro le lancette della storia.

REDAZIONE NOICOMUNISTI

DI LUCA BALDELLI

Sulle menzogne che hanno costellato il cammino di agit – prop anticomunista e antisovietico di Aleksandr Isaevich Solzhenitsyn, abbiamo ampiamente scritto e dibattuto: le mistificazioni indecenti sulla sua condanna alla detenzione, sul regime dei GULAG, sul numero di detenuti nelle strutture concentrazionarie sovietiche, sul suo ruolo di “dissidente”, sono state dettagliatamente passate in rassegna in articoli e saggi qui pubblicati. Vale la pena soffermarsi, ora, su una serie di episodi ai quali precedentemente si è accennato, che dimostrano inequivocabilmente come lo scrittore “dissidente” russo abbia difeso il fascismo e l’imperialismo non in chiave letteraria, e non solo in Urss, ma apertamente e deliberatamente nel corso di incontri, viaggi e da tribune tutt’altro che neutre o poco influenti. Si è sempre cercato di nascondere, ad esempio, quando non lo si è negato, che Solzhenitsyn sia stato un sostenitore del regime autoritario e genocida di Pinochet in Cile. Le evidenze emerse negli anni ’70 e dopo, rendono invece chiaro e certo che il “dissidente” tanto preoccupato dalla mancanza (secondo lui) di libertà nell’Urss, non era in eguali ambasce per la negazione sistematica dei diritti umani, le torture e i massacri attuati dalla giunta militare cilena. Solzhenitsyn lodò pubblicamente Pinochet e altri dittatori anticomunisti più volte, giustificando i golpe e le successive repressioni di comunisti, progressisti e democratici. Per Solzhenitsyn, la libertà era ad ovest, nel mondo capitalista, un paravento degli odiati comunisti per raggiungere il potere, paravento da distruggere ed annientare, puntellando le peggiori dittature, mentre ad est diventava, come per magia, istanza indiscutibile da sostenere in ogni modo contro i comunisti stessi. Una malafede assoluta, da parte di un uomo accecato dall’odio contro ogni fermento progressista, contro ogni rivendicazione di progresso, pace e vera democrazia. Alla televisione francese, il 9 marzo 1976, lo scrittore megafono dell’antisovietismo si produsse in una subdola e scandalosa difesa, questa volta indiretta del regime di Pinochet in Cile, sostenendo che egli non aveva alcuna intenzione di recarsi nel Paese sudamericano, ma anche che “se il Cile non ci fosse stato, lo si sarebbe dovuto inventare” (sic!) e che in Europa ci si preoccupava più di Pinochet che del Muro di Berlino, dell’occupazione dell’Ungheria e della Cecoslovacchia (1). Come dire, perché preoccuparsi per le decine di migliaia di morti provocati dalla giunta di Santiago del Cile, per gli arresti, le esecuzioni sommarie, le sparizioni, gli esuli, quando in Europa c’era il Muro di Berlino da bersagliare come unico e solo simbolo di ogni male (come se quel vallo non fosse stato originato dalla destabilizzazione imperialista), accanto all’esistenza del campo socialista? La stampa reazionaria e filo imperialista cilena ricambiò la stima e l’ammirazione dello scrittore per il regime, dedicando alcuni articoli alla sua figura, tra i quali “El grito de Solzhenitsyn”, comparso su “El Mercurio” del 1° ottobre 1978 (2).

Nell’estate del 1975, però, i peana di Solzhenitsyn verso l’imperialismo statunitense avevano raggiunto il culmine: lo scrittore, in quel periodo, aveva intrapreso una sorta di “tournée”, non solo protetto e acclamato dai circoli ultrareazionari di destra, ma anche ricevuto con tutti gli onori dal potere ufficiale. In un incontro patrocinato dall’AFL – CIO (American Federation of Labor and Congress of Industrial Organizations), il Sindacato statunitense noto per il suo anticomunismo e le sue compromissioni con la CIA e con il padronato, Solzhenitsyn aveva lanciato strali contro la distensione mondiale e aveva rivolto, alla presenza di alti funzionari governativi e influenti personaggi dell’establishment, un appello plateale all’intromissione imperialista negli affari interni dell’Urss e dei Paesi socialisti. Queste le sue testuali parole:

“I leaders comunisti dicono: ‘non interferite nei nostri affari interni. Lasciateci soffocare i nostri cittadini in pace e in tranquillità’. Io invece dico a voi: “ingeritevi sempre di più. Interferite quanto più potete'”(3).

In quell’assise di neo – crociati, Solzhenitsyn era stato “tenuto a battesimo” nientemeno che da George Meany, Presidente storico del Sindacato yankee e acceso fautore della Guerra del Vietnam. Lo scrittore russo, non pago di appelli a riedizioni della guerra fredda, aveva poi ringraziato l’AFL – CIO per aver pubblicato, negli anni ’40, una mappa dei Gulag sovietici (una patacca volta ad accreditare la presenza di lavoro semi – schiavile in Urss, proprio mentre negli Usa questa pratica raggiungeva la massima estensione nel sistema penitenziario); inoltre, da quella tribuna menzognera e corrotta, la penna più prolifica dell’antisovietismo aveva profuso parole volte a rinfocolare odio per il suo Paese natale e per l’umanità progressista:

“con l’avvento della bomba atomica statunitense – aveva affermato- i comunisti hanno cambiato le loro tattiche. Essi sono diventati improvvisamente araldi della pace a tutti i costi. Hanno cominciato a convocare congressi per la pace, a far circolare petizioni per la pace, finché il mondo occidentale non è caduto in questo inganno. Gli obiettivi, però, l’ideologia, sono rimasti gli stessi. Essi sono incentrati sulla distruzione della vostra società, sulla distruzione del modo di vita occidentale “(4).

Nel 1976, il nostro Goffredo di Buglione cosacco, dopo aver incensato col fioretto Pinochet, rinnovò in Spagna i fasti del più truce anticomunismo, glorificando, questa volta in modo aperto, la tirannia di Francisco Franco, da poco defunto e mettendo in guardia il Re Juan Carlos ed il suo entourage dal mettere in atto (Dio non volesse!) moderate riforme in senso liberale. Ospite, sabato 20 marzo, del popolare programma televisivo “Directisimo”, Solzhenitsyn vaneggiò, alla faccia di ogni senso del ridicolo, di 110 milioni di morti provocati dal socialismo sovietico dal 1917 al 1959 e paragonò, con faccia di bronzo impareggiabile, “la schiavitù a cui il popolo sovietico è stato sottoposto” alla “libertà di cui si gode in Spagna”. Per Solzhenitsyn, nella Spagna franchista non vi erano stati 400.000 desaparecidos, 500.000/1.000.000 di esuli (2 – 4% della popolazione totale), centinaia di migliaia di prigionieri, centinaia di migliaia di fucilati prima e dopo la guerra civile. Niente di tutto questo! Con Franco e con i franchisti, per lo scrittore,

“aveva vinto il Cristianesimo” (5). Libertà soppresse? “Conosco un solo posto dove non c’è libertà, è la Russia”.

L’opinione pubblica progressista, che si era mobilitata contro le condanne a morte di antifascisti spagnoli? Una manica di utopisti, fuori dalla realtà e anzi utili agenti dell’onnipresente comunismo prodighi nel difendere nient’altro che dei “terroristi” (6). Tutto un programma anche i “consigli” impartiti ai nuovi reggitori del potere iberico:

“Coloro che cercano rapide riforme democratiche, capiscono cosa potrà accadere domani o il giorno seguente? La Spagna può avere la democrazia domani, ma poi sarà in grado di evitare che la democrazia diventi totalitarismo ? ” (7).

Già, totalitarismo, parola magica che la malafede della propaganda borghese e reazionaria usa ad ogni piè sospinto per celare la realtà tirannica, oppressiva, disumanizzante del sistema capitalista, imputando quegli aspetti al socialismo.

Non soddisfatto della sua predicazione di odio e mistificazione, Solzhenitsyn tornò negli Usa nel 1978: si era accorto di aver lasciato un po’ troppo sullo sfondo la guerra del Vietnam, vinta tre anni prima dalla lotta cosciente e determinata di tutto un popolo unito contro l’imperialismo, appoggiato dalla solidarietà internazionalista in ogni angolo del pianeta. Sì, nel suo viaggio americano del 1975 aveva preannunciato stermini e ogni sorta di sciagura in seguito alla recentissima vittoria dei Vietcong, ma la ruota della storia aveva girato in senso opposto e… bisognava pur raccontare qualche frottola sulla nuova realtà indocinese! Le anime dei corrotti oppressori sud – vietnamiti scalpitavano dall’oltretomba! Davanti alla platea scelta di Harvard, il barbuto enciclopedista dell’anticomunismo attaccò i pacifisti, colpevoli di essere strumenti in mano (guarda caso!) dei comunisti .

“Il più tremendo errore – tuonò Solzhenitsyn – si è verificato con l’incapacità di comprendere la guerra del Vietnam. Alcune persone desideravano sinceramente che il conflitto cessasse il prima possibile; altre persone pensavano vi sarebbe stato spazio per l’autodeterminazione nazionale o comunista, in Vietnam oppure in Cambogia (…). Gli attivisti statunitensi del movimento contro la guerra, però, hanno finito con il rendersi complici del tradimento verso le Nazioni dell’Estremo Oriente, del genocidio e della sofferenza imposti a 30 milioni di persone. Questi convinti pacifisti sentono i lamenti che provengono da laggiù? Capiscono, oggi, le loro responsabilità? Oppure preferiscono non sentire?” (8).

Domande indisponenti, ridicole, offensive dell’intelligenza e del buonsenso, provenienti da chi se ne era strafregato di 5 milioni di vietnamiti uccisi dagli yankee e dai loro fantocci e da chi fingeva di non rendersi conto che la lotta dei Vietcong era stata la lotta della quasi totalità del popolo vietnamita, mercenari e sfruttatori esclusi.

Anche questo, e soprattutto questo, è stato Solzhenitsyn: un agente dell’imperialismo, non solo un anticomunista convinto, desideroso di riportare indietro le lancette della storia.

NOTE:
(1) Vedasi: Michael Scott Christofferson, “French Intellectuals Against the Left: The Antitotalitarian Moment of the 1970’s“, Bergahn Books, Oxford, 2004;

Vedasi anche Mario Spataro, “Pinochet, las incomodas verdadestraduzione in spagnolo di Mario Spataro, “Pinochet, le scomode verità”, Settimo Sigillo, 2003;

(2) Citato in José Miguel Armendariz Azcarate, “Solzhenitsyn : el dedo en llaga“, Editorial Andrés Bello;

(3Aleksandr I. Solzhenitsyn, “The Voice of Freedom“, Washington, DC: Washington : American Federation of Labor and Congress of Industrial Organizations, 1975;

(4) Ivi

(5) Vedasi qui

(6) Ibidem

(7) Ibidem

(8) Si senta il discorso qui

Falsi occidentali duri a morire/3: come scoppiò la guerra di Corea (1950/53)

Falsi occidentali duri a morire/3: come scoppiò la guerra di Corea (1950/53)

REDAZIONE NOICOMUNISTI

DI LUCA BALDELLI

Da 70 anni leggiamo ovunque dell’aggressione da parte della feroce Corea del Nord alla piccola, pacifica, indifesa e, dimenticavamo DEMOCRATICA PERBACCO!, Corea del Sud.

E’ successo veramente così o la Corea del Nord è stata trascinata in un terrificante conflitto dall’aggressione imperialistica USA?

Il compagno Luca Baldelli in questo articolo ci espone i fatti che portarono alla guerra

PDF DELL’ARTICOLO

Un tizio alla “Hugo Chavez” terminerà la rivoluzione filippina?

Un tizio alla “Hugo Chavez” terminerà la rivoluzione filippina?

REDAZIONE NOICOMUNISTI

Di Jefry M. Tupas, corrispondente del Manila Times

FONTE

[Una domanda sorge spontanea: può la retorica populista influenzare i cuori e le menti, senza i petrodollari? – Frontlines ndr].

Joma considera  Duterte come la versione pinoy (1)  di Hugo Chavez

10 ottobre 2015

Utrecht, Paesi Bassi: José Maria Sison [Joma], presidente fondatore del Partito Comunista delle Filippine (CPP), ha chiarito che non ha appoggiato il sindaco Rodrigo Duterte come il suo preferito prossimo presidente delle Filippine.

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José Maria Sison (Joma)

“Ma come posso farlo quando non ha ancora dichiarato di essere in corsa per la presidenza”, ha detto ridendo, di fronte a lui c’era una tazza di caffè intonsa ormai fredda, su un lungo tavolo bianco, il ‘centro’ all’interno l’ufficio del Fronte Nazionale Democratico delle Filippine (NDFP).

Sison insieme al capo del gruppo per la pace del NDFP Luis Jalandoni e al portavoce del NDFP Fidel Agcaoili, recentemente si è seduto con il Times per un colloquio a ruota libera.

Sison ha detto che Duterte ha tutte le caratteristiche per essere un buon leader.

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Rodrigo Duterte

Ma tra gli aspiranti alla presidenza, i funzionari del NDFP hanno chiaramente da dire alcune cose positive su Duterte, proprio mentre Sison deve ancora dichiarare la sua candidatura presidenziale; a differenza di altri aspiranti alla carica di presidente, Duterte conosce e comprende le lotte del popolo filippino ed è l’unico che ha un’idea di come affrontare il problema della pace nel paese.

Hindi Siya Sakim a kilala Nya ang mga Problema ng Pilipinas (Non è uno avido e conosce e capisce i problemi della gente)”, ha detto Sison.

Se diventa presidente, Duterte può diventare l’Hugo Chavez filippino.

“Ha le caratteristiche di Hugo Chavez”, ha detto Sison, notando come il defunto leader della sinistra venezuelana che galvanizzò lo sviluppo del suo paese quando salì al potere nel 1999. Proprio come Chavez, Duterte, Sison ha detto, è “intrepido e coraggioso”.

Jalandoni ha definito Duterte come il  “più progressita” tra i candidati.

“Solo lui ha stabilito le possibili politiche che sottolineano il suo impegno per la pace. Egli è il più progressista di tutti i candidati”, ha detto.

Si riferiva alle dichiarazioni precedenti di Duterte che metterà in piedi una coalizione con il Partito Comunista delle Filippine per porre fine alla ribellione comunista che dura da 47 anni nelle Filippine.

La possibilità di una coalizione con i governi precedenti era stata proposta dal NDFP, ma le passate amministrazioni avevano sempre respinto questo.

Jalandoni ha fatto anche notare il ruolo di Duterte nel rilascio di diversi prigionieri di guerra a Mindanao e la sua amicizia con il ribelle ucciso del Nuovo Esercito Popolare, Leoncio Pitao o comandante Parago.

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Il leader rivoluzionario Leoncio Pitao, amico personale di Duterte, caduto l’anno scorso

Duterte ha anche ripetutamente chiesto al governo e al NDFP di riprendere i negoziati di pace, anche offrendosi come negoziatore.

Ma Sison ha anche chiaro che i complimenti a Duterte, un ex studente che non riusciva più a ricordare, erano per il suo tipo di leadership e le sue caratteristiche distinte che lo contraddistinguono dagli altri.

“Pinuri Ko Siya” [L’ ho lodato], ha detto.

I tre hanno parlato degli ostacoli al processo di pace tra governo e il NDFP e le prospettive di rinnovare i negoziati dopo le elezioni del 2016, quando le Filippine, ancora una volta, eleggeranno un nuovo leader.

Sembra che il NDFP si sia già rassegnato al fatto che l’amministrazione Aquino non è affatto interessata a spingere per la ripresa del processo di pace.

Essi hanno riconosciuto che gli aspiranti alla presidenza, Grazia Poe e Jejomar Binay hanno fatto dichiarazioni circa i loro piani di aprire di nuovo i colloqui, ma il NDFP è prudente.

Ho chiesto al trio del NDFP se queste dichiarazioni di ‘promesse’ di Poe, Binay, e Duterte li interessassero. Hanno semplicemente riso.

Connie Ledesma, un membro del gruppo di pace del NDFP, è intervenuta dal retro.

“Forse la questione non dovrebbe essere se il NDFP sia interessato”, ha detto la moglie di Jalandoni, che era presente in ufficio, insieme con la moglie di Sison, Julie.

“Forse dovrebbe essere se il NDFP abbia delle aspettative”, ha detto, dichiarazione che ha generato una risata.

“Queste affermazioni sono affermazioni generiche. Non ci sono dettagli”, ha sottolineato Agcaoili. “Per quanto riguarda Duterte, le sue promesse non sono coerenti.”

NDT: per le miriadi di stolti che non credessero agli stretti contatti tra il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte e i comunisti del NDFP, consigliamo di digitare sul motore di ricerca google, 2 parole: Duterte e NDFP

(1) Si tratta di un termine informale per indicare il popolo filippino

Il reggimento Normandie-Niemen: gli aviatori francesi in Unione Sovietica

Il reggimento Normandie-Niemen: gli aviatori francesi in Unione Sovietica

REDAZIONE NOICOMUNISTI

A cura di Guido Fontana Ros

Presentiamo la traduzione di un articolo riguardante il reggimento di aviatori francesi Normandie-Niemen che si batté dal 1943 al 1945 con grande coraggio e abnegazione insieme all’aviazione sovietica sul Fronte Orientale.
Per dare un’idea del loro contributo ecco i loro risultati:

5240 sortite in missioni di combattimento

869 duelli aerei

273 vittorie certe

37 probabili

27 treni distrutti

22 locomotive distrutte

2 E-boat distrutti

132 autocarri distrutti

24 veicoli comando distrutti

4 piloti insigniti del titolo di Eroi dell’Unione Sovietica

E questo è il tributo di sangue:

52 piloti morti in missione

87 aerei distrutti 

Qui un bellissimo video sulla loro storia:

 

LINK AL PDF DELLA TRADUZIONE