Il modello di Stalin

Il modello di Stalin

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Traduzione dal russo di Davide Spagnoli

Presentiamo per la prima volta in Italia, un bellissimo documentario sull’edificazione del socialismo in URSS sotto la direzione del compagno Stalin. Questa è la prima puntata di tre. Seguiranno le altre due. Naturalmente si fornisce la traduzione del testo in italiano.

Legame alla pagina del documentario

Legame alla traduzione in italiano

 

L’ “Holodomor” e il film “Bitter Harvest” sono bugie fasciste

L’ “Holodomor” e il film “Bitter Harvest” sono bugie fasciste

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Di Grover Furr

Traduzione di Guido Fontana Ros

FONTE

(nota dell’Autore: in questo articolo ricorro largamente alle prove citate nelle ricerche di Mark Tauger dell’University of West Virginia. Tauger ha trascorso la sua vita professionale studiando l’agricoltura e le carestie russe e sovietiche. E’ un’autorità mondiale riguardo a questi soggetti e è cordialmente odiato dai nazionalisti ucraini e in genere dagli anticomunisti in quanto le sue ricerche mandano in briciole le loro falsificazioni.)

La pellicola nazionalista ucraina “Bitter Harvest” diffonde le bugie inventate dai nazionalisti ucraini. In questa recensione Louis Proyect diffonde anche lui queste menzogne.

Proyect cita un articolo del 1988 comparso su Village Voice a firma di Jeff Coplon: In Search of a Soviet Holocaust: A 55-Year-Old Famine Feeds the Right.

In questo articolo Coplon evidenziava che i maggiori esperti di storia sovietica appartenenti alla corrente dominante respingevano ogni nozione che una deliberata carestia possa essere stata perpetrata contro gli ucraini. Lo fanno tuttora. Proyect dimentica di menzionare questo fatto.

Ci fu una grave carestia in URSS che includeva (ma non solo) la repubblica socialista dell’Ucraina negli anni 1932-33, ma non c’è mai stata alcuna prova di un “Holodomor” o di una carestia “pianificata” e non ce n’è alcuna neanche adesso.

L’invenzione dell’ “Holodomor” fu escogitata dai collaborazionisti ucraini che trovarono rifugio nell’Europa Occidentale, in Canada e in USA dopo la guerra. Un primo racconto è quello di Yurij Chumatskij: Why Is One Holocaust Worth More Than Others? che fu pubblicato in Australia nel 1986 da “veterani dell’esercito insurrezionale ucraino”; quest’opera è un attacco vero e proprio ai “giudei” per essere troppo favorevoli al comunismo.

La recensione di Proyect contribuisce a perpetuare le seguenti falsità sulla collettivizzazione sovietica dell’agricoltura sulla carestia degli anni 1932-33:

  • Che i contadini resisterono alla collettivizzazione  principalmente perché era una “seconda servitù della gleba”.
  • Che la carestia fu causata dalla collettivizzazione forzata. In realtà la carestia ebbe cause ambientali.
  • Che “Stalin” vale a dire la dirigenza sovietica crearono intenzionalmente la carestia.
  • Che fu concepita per distruggere il nazionalismo ucraino.
  • Che “Stalin” (il governo sovietico) “arrestò la politica di ucrainizzazione cioè la promozione di una politica per incoraggiare l’uso della lingua ucraina e la diffusione della cultura ucraina.

Nessuna di queste affermazioni è vera. Nessuna è supportata da prove storiche. Sono semplicemente asserzioni di fonti nazionalistiche ucraine create col proposito di fornire una giustificazione ideologica alla loro alleanza con i nazisti e alla loro partecipazione all’Olocausto ebraico, al genocidio degli ucraini polacchi (i massacri in Volinia degli anni 1943-44) e dell’assassinio di ebrei, comunisti e di molti contadini ucraini dopo la guerra.

Il loro fine ultimo è quello di equiparare il comunismo con il nazismo (il comunismo è attualmente fuorilegge nell’Ucraina “democratica”), l’URSS con la Germania nazista e Stalin con Hitler.

La collettivizzazione dell’agricoltura – La realtà

La Russia e l’Ucraina hanno sofferto gravi carestie ogni pochi anni per oltre un millennio. Una carestia accompagnò la Rivoluzione del 1917, diventando più seria nel 1918-1920. Un’altra grave carestia, chiamata “la carestia del Volga”, colpì dal 1920 al 2121. Ci furono carestie nel 1924 e di nuovo nel 1928-29, quest’ultima particolarmente grave nella repubblica socialista ucraina. Tutte queste carestie avevano cause ambientali. Il metodo medievale di coltivazione dell’agricoltura contadina rendeva impossibile un’agricoltura efficiente e le carestie inevitabili.

I leader sovietici, tra cui Stalin, decisero che l’unica soluzione era riorganizzare l’agricoltura sulla base delle grandi fattorie di tipo industriale come quelle del Midwest americano, che furono prese intenzionalmente a modello. Quando i sovzhozy o “fattorie sovietiche” sembrarono funzionare bene, la leadership sovietica prese la decisione di collettivizzare l’agricoltura.

Contrariamente alla propaganda anticomunista, la maggior parte dei contadini accettò la collettivizzazione. La resistenza fu modesta; gli atti di ribellione totale rari. Nel 1932 l’agricoltura sovietica, compresa quella della repubblica ucraina, fu in gran parte collettivizzata.

Nel 1932 l’agricoltura sovietica fu colpita da una combinazione di catastrofi ambientali: la siccità in alcune zone, troppa pioggia in altre, attacchi di ruggine e fuliggine (malattie fungine) e infestazioni di insetti e topi. Il diserbo venne trascurato, i contadini si indebolirono, riducendo ulteriormente la produzione.

La reazione del governo sovietico cambiò quando la dimensione del fallimento del raccolto divenne più chiara durante l’autunno e l’inverno del 1932. Credettero che la cattiva gestione e il sabotaggio fossero le cause principali del magro raccolto, il governo rimosse molti dirigernti del Partito e delle fattorie collettive (a questo riguardo non è provato che qualcuno sia stato “giustiziato” come capita a Mykola nel film). All’inizio del febbraio del 1933 il governo sovietico iniziò a fornire enormi aiuti di grano alle aree della carestia.

Il governo sovietico organizzò anche ispezioni nelle fattorie contadine per confiscare il grano in eccesso per nutrire le città, che non producevano il proprio cibo. Inoltre intervenne per frenare la speculazione; durante una carestia il grano viene venduto essere a prezzi gonfiati. Nelle condizioni di una carestia non si poteva permettere un mercato libero del grano a meno che i poveri non fossero lasciati morire di fame, come succedeva sotto gli zar.

Il governo sovietico organizzò dipartimenti politici (politotdely) per aiutare i contadini nel lavoro agricolo. Tauger conclude:

“Il fatto che il raccolto del 1933 fosse molto più grande di quello del 1931-1932 significa che la politica del paese aiutò le fattorie a lavorare meglio.” (Modernisation, 100)

Il buon raccolto del 1933 fu consegnato a una popolazione considerevolmente più piccola, poiché molti erano morti durante la carestia, altri erano malati o indeboliti, e altri ancora erano fuggiti in altre regioni o nelle città. Ciò riflette il fatto che la carestia non fu causata da collettivizzazione, interferenze governative o resistenza contadina, ma da cause ambientali non più presenti nel 1933.

La collettivizzazione dell’agricoltura fu una vera riforma, una svolta nella rivoluzione dell’agricoltura sovietica. C’erano ancora anni di scarsi raccolti – il clima dell’URSS non cambiò. Ma, grazie alla collettivizzazione, ci fu solo un’altra carestia devastante nell’URSS, quella del 1946-1947. Il più recente studio di questa carestia, Stephen Wheatcroft, conclude che questa carestia venne causata dalle condizioni ambientali e dalle interruzioni della coltivazione causate dalle distruzioni della guerra.

Le false affermazioni di Proyect

Proyect ripete acriticamente la versione fascista autoassolutoria  della storia ucraina senza alcuna base reale.

  • Non esisté mai una “macchina stalinista  per uccidere”.
  • I funzionari incaricati del Partito non sono stati “epurati e giustiziati”.
  • “Milioni di ucraini” non sono stati condotti a “forza nelle fattorie statali e in quelle collettive”. Tauger conclude che la maggior parte dei contadini accettò le fattorie collettive e lavorò bene in esse.
  • Proyect accetta l’afermazione nazionalista ucraina di “3-5 milioni di morti premature”. Questo è falso.

Alcuni nazionalisti ucraini citano cifre di 7-10 milioni, al fine di eguagliare o superare i sei milioni dell’olocausto ebraico (cfr. Il titolo di Chumatskij “Why Is One Holocaust Worth More Than Others?“). Il termine “Holodomor” stesso (“holod” = “hunger”, “mor” dal polacco “mord” = “omicidio”, ucraino “morduvati” = “omicidio) è stato deliberatamente coniato per sembrare simile a “Olocausto”.

L’ultimo studio scientifico sulle morti per carestia parla di 2,6 milioni di vittime (Jacques Vallin, France Meslé, Serguei Adamets e Serhii Pirozhkov, “Una nuova stima delle perdite della popolazione ucraina durante le crisi degli anni ’30 e ’40“, Population Studies 56, 3 (2002) : 249-64).

  • Jeff Coplon non è un “sindacalista canadese” ma un giornalista e scrittore newyorkese; il libro del defunto Douglas Tottle, Fraud, Famine and Fascism, una ragionevole risposta al fraudolento Harvest of Sorrow di Robert Conquest, fu scritto (così come il libro di Conquest) prima dell’inondazione dalle fonti primarie dagli archivi ex sovietici rilasciate alla fine dell’URSS nel 1991 e quindi è seriamente obsoleto.
  • L’affermazione di Walter Duranty circa “frittate” e “uova”  non fu fatta “in difesa di Stalin” come asserisce Proyect, ma come critica alla politica del governo sovietico:

Ma, per dirla alle spicce, non si può fare una frittata senza rompere le uova e i dirigenti bolscevichi sono proprio indifferenti alle perdite in cui eventualmente incappano  nel percorso verso la socializzazione proprio come un generale della Guerra Mondiale che ordinava un costoso attacco per mostrare ai suoi superiori che lui e la sua divisione possedevano il giusto spirito militare. In effetti i bolscevichi sono ancora più indifferenti poiché sono animati da una convinzione fanatica. (The New York Times March 31, 1933)

Evidentemente Proyect ha semplicemente copiato questa notizia infondata da qualche fonte nazionalista ucraina. Spazzatura in entrata, spazzatura in uscita.

  • Andrea Graziosi, che Proyect cita, non è uno studioso dell’agricoltura sovietica o della carestia del 1932-33, ma un anticomunista ideologico che asseconda qualsiasi falsità anti-sovietica. L’articolo che Proyect cita è dell’Harvard Ukrainian Studies, un giornale privo di ricerche obiettive, finanziato e curato da nazionalisti ucraini.
  • Proyect si riferisce a “due decreti segreti” del dicembre 1932 del Politburo sovietico che egli chiaramente non ha letto. Questi hanno fermato l'”ucrainizzazione” al di fuori della repubblica ucraina. All’interno della repubblica ucraina l’ “ucrainizzazione” ha continuato senza soste. Non è “finita” come sostiene Proyect.
  • Proyect non cita alcuna prova di una “politica sovietica volta alla distruzione fisica della nazione ucraina, in particolare della sua intellighenzia” perché non esisteva tale politica.

Un trionfo del socialismo

La collettivizzazione sovietica dell’agricoltura è una delle più grandi imprese della riforma sociale del XX secolo, se non la più grande di tutte, da mettere assieme alla “rivoluzione verde”, al “miracolo del riso” e alle imprese di controllo delle acque in Cina e negli Stati Uniti. Se i premi Nobel venissero assegnati anche per i risultati comunisti, la collettivizzazione sovietica sarebbe il miglior concorrente.

La verità storica sull’Unione Sovietica non è gradita non solo ai collaborazionisti nazisti, ma anche agli anticomunisti di ogni tipo. Molti che si considerano di sinistra, come i socialdemocratici e i trotskisti, ripetono le bugie dei fascisti dichiarati e degli scrittori apertamente pro-capitalisti (neretto del traduttore). Gli studiosi obiettivi della storia sovietica come Tauger, determinati a dire la verità anche quando questa verità è impopolare, sono fin troppo rari e spesso soffocati dal coro dei falsificatori anticomunisti.

Fonti

I libri frutto delle ricerche di Mark Tauger, in particolare “Modernization in Soviet Agriculture” (2006); “Stalin, Soviet Agriculture and Collectivization” (2006); e “Soviet Peasants and Collectivization, 1930-39: Resistance and Adaptation.” (2005), tutti disponibili su Internet. Altri articoli di Tauger sono disponibili in questa pagina:

https://www.newcoldwar.org/archive-of-writings-of-professor-mark-tauger-on-the-famine-scourges-of-the-early-years-of-the-soviet-union/

Vedasi anche il capitolo I del mio libro Blood Lies; The Evidence that Every Accusation against Joseph Stalin and the Soviet Union in Timothy Snyder’s Bloodlands Is False (New York: Red Star Press, 2013 a questa URL;

http://msuweb.montclair.edu/~furrg/research/furr_bloodliesch1.pdf

Sulla carestia del 1946-47 vedasi Stephen G. Wheatcroft, “The Soviet Famine of 1946–1947, the Weather and Human Agency in Historical Perspective.” Europe-Asia Studies, 64:6, 987-1005.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Verità e bugie su Stalin. Un’intervista esclusiva con Grover Furr

Verità e bugie su Stalin. Un’intervista esclusiva con Grover Furr

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Traduzione di Danila Cucurnia

A distanza di circa 15 anni dall’intervista a Grover Furr, rilasciata a Revleft nel luglio 2006 (pubblicata da noi nel 2012 nella traduzione del compagno Davide Spagnoli: Intervista a Grover Furr rilasciata il 18 luglio 2006 a RevLeft); pubblichiamo oggi una nuova intervista, più completa, del dicembre 2018. Gli studi e le ricerche documentali di Furr, che a fine intervista ricorda il collega Domenico Losurdo scomparso nel giugno del 2018, sono una delle fonti più autorevoli per combattere l’anticomunismo e continuare a spazzare via tutto il fango gettato sull’operato di Josif Stalin. (D.C.)

Verità e bugie su Stalin. Un’intervista esclusiva con Grover Furr

La verità sui gulag sovietici

La verità sui gulag sovietici

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Traduzione di Guido Fontana Ros

La verità sui gulag sovietici – Sorprendentemente rivelata dalla CIA

INTRODUZIONE
Le bugie “umanitarie” servono a lavare il cervello alla popolazione per sostenere le guerre imperialiste. Nutriti dalla propaganda d’estrema destra e sovvenzionati dalla CIA, gli organi principali di “notizie” descrivono i campi di lavoro sovietici, anche noti come “gulag”, come un mezzo adoperato da Stalin per reprimere i dissidenti pro democrazia e ridurre in schiavitù le masse sovietiche. del resto la stessa CIA che per mezzo dell’operazione Mockingbird, diede al complesso militare USA il controllo pressoché totale della stampa mainstream al fine di favorire la disinformazione antisovietica (Tracy, 2018), ha recentemente declassificato alcuni documenti che invalidano le menzogne circondanti i gulag.
La CIA che condusse operazioni antisovietiche per quasi cinque decadi e la cui direzione si sforzava di ottenere informazioni accurate sull’URSS, non poteva essere tacciata di favoritismo verso l’Unione Sovietica. Quindi i seguenti file declassificati dove vengono “confessate” sorprendentemente informazioni favorevoli all’Unione Sovietica, assumono un particolare rilievo.
Mentre concordiamo sulle dure condizioni che esistevano nei  gulag, come succede in ogni sistema carcerario nel mondo, lo scopo di questo articolo è quello di lumeggiare i seguenti fatti:
1) la durezza delle condizioni delle prigioni è stata esagerata dalla stampa occidentale, attraverso menzogne create a bella posta
2) le statistiche attinenti la popolazione dei gulag sono state esagerate
3) ci fu uno sforzo genuino per migliorare le condizioni dei prigionieri quando ci furono le possibilità e
4) i requisiti delle condizioni della prigionia erano molto più alti di quelli vigenti in molti paesi capitalisti.

LE CONDIZIONI DI DETENZIONE

Un documento della CIA risalente al 1957, intitolato “Forced Labor Camps in the USSR: Transfer of Prisoners between Camps” ci rivela queste informazioni circa i gulag sovietici da pagina due a pagina sei:
1) Fino al 1952 ai prigionieri veniva conferito un dato ammontare di cibo, aumentato nel caso che le quote di produzione fossero state superate
2) Dal 1952 in poi il sistema cominciò a funzionare sulla “responsabilizzazione economica”, vale a dire più i prigionieri lavoravano più venivano pagati
3) nel caso di completamento e superamento delle quote di produzione del 105% ogni giorno di pena veniva contato per due.
4) Inoltre grazie alla ricostruzione socialista postbellica il governo sovietico poté disporre di più fondi e così aumentò la fornitura di cibo ai detenuti.
5) Fino al 1954 i prigionieri lavoravano 10 ore al giorno, mentre gli operai ne lavoravano 8. Dal 1954 in poi i prigionieri lavorarono 8 ore come gli operai.
6) Uno studio della CIA su un campo preso come campione mostra come il 95% dei detenuti fosse composto da veri e propri criminali.
7) Nel 1953, fu concessa un’amnistia al 70% dei criminali comuni detenuti in quel campo e nei successivi 3 mesi la maggior parte di loro fu di nuovo arrestata avendo commesso nuovi reati.

Qui di seguito alcuni estratti da codesti documenti della CIA, sottolineati e riuniti insieme per facilitare il lettore:

Questi contraddicono in modo assoluto la narrazione  che i prigionieri dei gulag non fossero retribuiti. Indubbiamente il lavoro era forzato, ma erano forniti premi ed incentivi materiali. I prigionieri furono pagati dal 1952 in poi mentre precedentemente erano ricompensati con cibo.

Secondo le fantasie borghesi il “regime” sovietico di proposito affamava la popolazione dei gulag. Invece alla luce dei fatti ci furono sforzi dalla parte sovietica per incrementare la fornitura di cibo ai prigionieri dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Il fatto che la giornata lavorativa fosse solo di due ore superiore a quella degli operai fino al 1954 e che da quell’anno divenne pari a quella degli operai liberi è una chiara dimostrazione delle tendenze egalitaristiche dello stato sovietico.

Oltre tutto, fatto degno di nota è che fossero i criminali non i rivoluzionari pro democrazia ad essere spediti nei gulag. Come in tutti i sistemi giudiziari, certamente c’erano degli errori e qualche innocente poteva finire in prigione; il fatto cruciale è questo fatto venne esagerato dalla stampa imperialista.

Facciamo un paragone fra il sistema sovietico e quello USA. Il 13° emendamento permetto il lavoro schiavile dei detenuti; con molti detenuti vessati a causa della loro etnia. Anche la dinastia Clinton ebbe schiavi nello stato dell’Arkansas (News 2017).

Eccezionale concentrato di grandissime balle

I NUMERI

Secondo la quarta pagina di un altro documento della CIA (1989), intitolato “The Soviet Labour System: An Update,” il numero dei prigionieri dei gulag “crebbe fino a 2 milioni” al tempo di Stalin.

Questi dati sono comparabili a quelli provenienti dagli archivi sovietici desecretati. Il seguente documento è un documento archivistico sovietico declassificato del 1954 ((Pykhalov), di cui un estratto è stato tradotto in inglese:

NDT: A questo punto non possiamo più seguire l’articolo originale, dove è stato fatto un pasticcio ai limiti della comprensibilità con i dati tratti dal libro di Pykhalov, quindi ne facciamo un riassunto corretto e comprensibile.

“Nel periodo intercorrente fra il 1921 e l’inizio del 1953, per reati controrivoluzionari furono condannate  a morte 642.980 persone, 2.369.220 alla reclusione e 765.160 al confino.
Tuttavia vi sono altri dati, sempre dal libro citato, che dettagliano con cifre di poco differenti il numero delle persone condannate a morte in quell’arco temporale: 815.619 condannati a morte su 4.308.487 persone processate.
Bisogna considerare però che in questi dati è compresa una notevole quota di criminali comuni (almeno il 30%) e che spesso non tutte le sentenze capitali venivano eseguite. Per esempio, su 76 condanne a morte emesse dalla Corte distrettuale di Tyumen nella prima metà del 1929, al gennaio del 1930 solo 9 furono eseguite… e 46 furono trasformate in pene detentive o annullate.”

Gli archivi sovietici rimasero riservati per decenni, furono aperti solo dopo il collasso dell’Unione Sovietica. In aggiunta, dopo la morte di Stalin, il capo della NKVD (Ministero degli Interni russo) , Lavrenty Beria, sostenitore di Stalin, fu fatto uccidere prontamente da  Khrushcev, accanito antistalinista (History in an hour 2010).

Questi fatti rendono molto improbabile che i servizi di sicurezza sovietici fossero favorevoli a Stalin.

IL NOBEL DELLA MENZOGNA

Lo storico italoamericano Michael Parenti (1997, pp. 79-80), analizzò ulteriormente i dati provenienti dagli archivi sovietici:

“Nel 1993, per la prima volta, diversi storici hanno ottenuto l’accesso agli archivi precedentemente segretati della polizia sovietica  e sono stati in grado di stabilire stime ben documentate della popolazione delle prigioni e dei campi di lavoro e hanno scoperto che la popolazione totale dell’intero sitema dei gulag a partire dal gennaio 1939, verso la fine delle Grandi Purghe, era di 2.022.976, e in quel periodo iniziò pure una purga degli epuratori, tra cui molti funzionari dell’intelligence e della polizia segreta (NKVD) e membri della magistratura e altri comitati investigativi, che furono da quel momento ritenuti responsabili per gli eccessi del terrore nonostante le loro proteste di fedeltà al regime.”

“I campi di lavoro sovietici non erano campi di sterminio come quelli che i nazisti costruirono in Europa: non c’era uno sterminio sistematico dei detenuti, nessuna camera a gas o forni crematori per sbarazzarsi di milioni di corpi …” La grande maggioranza dei detenuti del gulag sopravvisse e alla fine ritornò alla società quando fu concessa l’amnistia o quando finirono di scontare la pena. Ogni anno, dal 20 al 40% dei detenuti erano rilasciati, secondo i registri degli archivi. Nonostante questi fatti, il corrispondente di Mosca del New York Times (7/31 / 96) continua a descrivere il gulag come “il più grande sistema di campi di sterminio nella storia moderna”.

“Quasi un milione di prigionieri di gulag furono rilasciati durante la seconda guerra mondiale per prestare servizio militare. Gli archivi rivelano che più della metà di tutti i decessi nei gulag per il periodo 1934-53 avvenne durante gli anni della guerra (1941-45), per lo più a causa dalla malnutrizione, quando la fame e gli stenti erano il destino comune dell’intera popolazione sovietica (circa 22 milioni di cittadini sovietici morirono durante la guerra). Nel 1944, ad esempio, il tasso di mortalità nei campi di lavoro era di 92 su 1000. Nel 1953, con la ripresa postbellica, le morti dei campi erano scese a 3 per 1000.”

“Tutti i detenuti dei gulag possono essere considerati vittime innocenti della repressione rossa? Contrariamente a quanto siamo stati portati a credere, quelli arrestati per crimini politici (“reati controrivoluzionari “) erano compresi tra il 12 e il 33% della popolazione carceraria, con variazioni annuali. La maggior parte dei detenuti era accusata di reati non politici: omicidio, aggressione, furto, banditismo, contrabbando, truffa e altre violazioni punite in qualsiasi società.”

Così, secondo la CIA, circa due milioni di persone furono inviate al Gulag negli anni ’30, mentre secondo gli archivi sovietici declassificati, 2.369.220 fino al 1954. Rispetto alla popolazione dell’URSS dell’epoca, facendo un raffronto con le statistiche di un paese come gli Stati Uniti, la popolazione del Gulag nell’URSS nel corso della sua storia era  in percentuale inferiore a quella carceraria degli Stati Uniti di oggi o degli anni ’90. Infatti, secondo la ricerca di Sousa (1998), negli Stati Uniti c’era una percentuale più grande di prigionieri (rispetto all’intera popolazione) di quanti ce ne fossero mai stati nell’URSS:

“In una notizia senza alcun risalto che appariva sui giornali dell’agosto 1997, l’agenzia di stampa FLT-AP riferiva che negli Stati Uniti non c’erano mai state così tante persone nel sistema carcerario come i 5,5 milioni detenuti nel 1996. Questo rappresenta un aumento di 200.000 persone dal 1995 e significa che il numero di criminali negli Stati Uniti è pari al 2,8% della popolazione adulta. Questi dati sono disponibili per tutti coloro che fanno parte del dipartimento di giustizia nordamericano …. Il numero di detenuti negli Stati Uniti oggi è di 3 milioni più alto del numero massimo di detenuti in Unione Sovietica! Nell’Unione Sovietica, ci fu un massimo del 2,4% della popolazione adulta in carcere: negli Stati Uniti la cifra è del 2,8% ed è in aumento! Secondo un comunicato stampa diffuso dal dipartimento della giustizia degli Stati Uniti il ​​18 gennaio 1998, il numero di detenuti negli Stati Uniti nel 1997 è aumentato di 96.100 persone”.

CONCLUSIONE

Ritenendo l’URSS come la maggior sfida ideologica, la borghesia imperialistica occidentale demonizzò Stalin e l’Unione Sovietica. Ora dopo decenni di propaganda, archivi desecretati russi e americani smascherano insieme queste menzogne antisovietiche. Degno della nostra attenzione è il fatto che la CIA, fonte aspramente antisovietica, abbia pubblicato documenti desecretati che smantellano i veri e propri miti che promuoveva e continua a promuovere nei mezzi di comunicazioni di massa. I file CIA insieme ai documenti declassificati degli archivi sovietici hanno dimostrato che la stampa borghese mentiva sui gulag.

FONTI

13th Amendment to the U.S. Constitution: Abolition of Slavery. (n.d.). Retrieved August 28, 2018, from https://www.archives.gov/historical-docs/13th-amendment

Central Intelligence Agency (CIA). (1989). THE SOVIET FORCED LABOR SYSTEM: AN UPDATE (GI-M 87-20081). Retrieved February 12, 2018, fromhttps://www.cia.gov/library/readingroom/docs/DOC_0000500615.pdf

Central Intelligence Agency (CIA). (2010, February 22). 1. FORCED LABOR CAMPS IN THE USSR 2. TRANSFER OF PRISONERS BETWEEN CAMPS 3. DECREES ON RELEASE FROM FORCED LABOR 4. ATTITUDE OF SOVIET PRISON OFFICIALS TOWARD SUSPECTS 1945 TO THE END OF 1955. Retrieved January 5, 2018, from https://www.cia.gov/library/readingroom/docs/CIA-RDP80T00246A032000400001-1.pdf

Hillary and Bill used ‘slave labour’. (2017, June 08). Retrieved June 10, 2017, from https://www.news.com.au/technology/online/social/hillary-and-bill-clinton-used-black-prisoners-for-forced-slave-labour-in-the-arkansas-governors-mansion/news-story/9af23848a5d44770b538c931c62460fe

Игорь, П. (n.d.). Книга: За что сажали при Сталине. Невинны ли «жертвы репрессий»? Retrieved August 28, 2018, from https://www.e-reading.club/bookreader.php/1008874/Pyhalov_-_Za_chto_sazhali_pri_Staline._Nevinny_li_zhertvy_repressiy.html

Parenti, M. (1997). Blackshirts and reds: Rational fascism and the overthrow of communism. San Francisco, Calif: City Lights Books.

Sousa, M. (1998, June 15). Lies concerning the history of the Soviet Union. Retrieved August 27, 2018, from http://www.mariosousa.se/LiesconcerningthehistoryoftheSovietUnion.html

The Death of Lavrenty Beria. (2015, December 23). Retrieved August 31, 2018, from http://www.historyinanhour.com/2010/12/23/lavrenty-beria-summary

Tracy, J. F. (2018, January 30). The CIA and the Media: 50 Facts the World Needs to Know. Retrieved August 28, 2018, fromhttps://www.globalresearch.ca/the-cia-and-the-media-50-facts-the-world-needs-to-know/5471956

Malcom X affacciato sul Mar Nero: storia del kolkhoz africano in Abkhazia

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I 5 MAESTRI

Di LUCA BALDELLI

Che l’Urss sia stato il primo Paese a bandire razzismo, antisemitismo, odio etnico nel mondo, è un dato di fatto ampiamente noto: ogni pagina degli atti politici e delle fonti giuridiche primarie dell’immenso Paese socialista, gronda del nettare dell’umanesimo, del rispetto per il valore della persona, di una sorta di cristianesimo delle origini, archiviato ed anzi negato dal potere temporale della Chiesa e dagli ordinamenti politici ad essa infeudati. Basta sfogliare ancora oggi la Costituzione del 1937, la più avanzata del mondo, assieme a quella italiana ed americana (a differenza di queste, però, tradotta in pratica) per veder rifulgere la più piena concezione dell’uomo come fine e non come mezzo, il valore della libertà, la lotta tenace, indefessa, intransigente, contro le velenose dottrine di odio etnico, razziale, religioso, nazionale. In Urss, negli anni ’20 e ’30, si stabilirono migliaia e migliaia di occidentali e di neri americani, colpiti duramente dalla devastante crisi del capitalismo, esplosa in modo particolare nel 1929: questi proletari, ex artigiani, impiegati del ceto più basso, contadini senza terra o contadini proprietari rovinati dai debiti, trovarono in Urss una madre accogliente, pronta a dare loro quel pane negato dalle sanguisughe capitaliste. Su questo aspetto, da qualche anno, si sono cominciate a scrivere pagine importanti, anche se spesso viziate dal pregiudizio anticomunista ed antisovietico, un pregiudizio assai curioso nelle modalità e nelle forme con le quali si appalesa: per decenni, esso ha negato l’esistenza di ogni emigrazione diretta verso l’Urss; quando non l’ha più potuta negare, dal momento che l’evidenza documentale ha preso il sopravvento, ecco spuntare allora l’artifizio della critica iperbolica: sì, è vero, in molti emigrarono in Urss dai Paesi capitalisti, ma arrivati vi trovarono una realtà deprimente. La bugia e la calunnia sono armi spuntate: quando il loro sipario si squarcia, pensano di difendere i fortini ai quali sono abbarbicate con la carta velina, e così chi le ha in mano non si accorge che, semplicemente, su di esse il cannone della realtà ha trionfato. Nella fattispecie, vi sono prove incontrovertibili del fatto che, su 100 emigrati dai Paesi capitalisti (Usa in particolare) verso l’Urss negli anni dal 1928/29 al 1932 circa, 98 rimasero in Urss, segno questo che, evidentemente, la Patria sovietica tutto era meno che una fonte di delusione per chi vi approdava dai tuguri di Chicago e di Miami, dai ghetti di Harlem e del Bronx, dalla sterminata miseria dei villaggi montani degli Appalachi. Sicuramente, l’Urss non fu una delusione, bensì una generosa, fiorente, calda e ricca Terra promessa per i neri d’America che, con tanta speranza e voglia di riscatto, alla fine degli anni ’20 decisero di emigrare e di stanziarsi nella Patria degli operai e dei contadini, specialmente in quella meravigliosa porzione di Paradiso dove gli echi della Colchide e dell’antica Iberia, con in lontananza i profluvi delicati della Tauride, cingono uomini e cose di aromi di mandarino, limone, grano ed uva. In Abkhazia, terra rigogliosa e carezzata dal sole, Repubblica autonoma all’interno della Georgia sovietica, gli Afro – Americani incontrarono altri loro fratelli che, da tempo immemorabile, vivevano da quelle parti.

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Nell’insediamento denominato Adzyubzha, nei pressi del fiume Kodori, e nei villaggi circostanti (Chlou, Pokvesh, Agdarra, Merkulov ed altri ancora), fin dal ‘600 era attestata la presenza di Africani, uomini dalla pelle scura e dalle caratteristiche somatiche inequivocabilmente riconducenti al Continente Nero. Secondo alcuni racconti, la dinastia principesca abkhaza degli Shervashidze (nota anche come Chachba o Chachibaia), aveva portato nei suoi domini questi uomini, affinchè lavorassero nelle piantagioni di agrumi. Nel settembre del 1929, il grande Maksim Gorky, accompagnato dallo scrittore abkhazo Samson Chanba, intraprese un viaggio in quelle terre e poté conoscere la fiorentissima cultura degli Afro – abkhazi, nonché la loro narrazione storico leggendaria del retaggio al quale, a loro dire, erano legati: essi, infatti, si ritenevano discendenti dalle antiche genti d’Etiopia, prova ne sarebbe stata la singolare somiglianza tra i nomi di alcuni villaggi della terra della Regina di Saba e quelli abkhazi nei quali erano stanziati. Toponimi etiopi di villaggi quali Tabakur, Bagadi, Gunma, si ritrovavano, magari solo leggermente modificati, anche in Abkhazia e proprio dove predominante, se non esclusiva, era la misteriosa presenza degli Africani.

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D’altro canto, com’è noto, Pietro il Grande portò in Russia numerosi Africani, in quel secolo così febbrilmente pieno di cambiamenti che fu il ‘700, tanto che, come è noto, il bisnonno del grande scrittore Pushkin fu il nero d’Africa Abram Petrovich Gannibal (o Hannibal), uomo di eccezionale intelligenza, militare, ingegnere, nato nel 1696, con ogni probabilità, a Logone Birni, nel Camerun e passato a miglior vita nel 1781, dopo aver servito con lealtà ed entusiasmo l’Impero ed esser stato fregiato di titoli nobiliari. Addirittura, nel V secolo a.C., Erodoto descrisse la popolazione della Colchide come di pelle scura, aggiungendo particolari e cenni che fanno pensare ad una possibile origine africana, specie in relazione all’emigrazione, in quel luogo, di soldati del Re egiziano Sesostris, conquistatore di terre e domini.

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Comunque sia andata, e qualunque sia il retaggio degli Africani d’Abkhazia, essi, con la vittoria della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, lottarono a fianco dei loro compatrioti e fratelli di tutte le etnie per edificare l’Urss e garantire, a loro stessi ed ai loro figli, un domani radioso di benessere e sviluppo. I risultati non tardarono ad arrivare: in una Georgia sovietica sempre più caratterizzata dall’opulenza e dall’incedere di una modernità positiva, non devastante né alienante, l’ “Abkhazia nera“ conobbe i suoi fasti. Tanto da costituire, assieme ad altri luoghi dell’Urss, un riparo sicuro ed un crogiolo, provvisorio o definitivo, per tanti Afro – Americani che sfuggivano alla miseria ed al razzismo imperanti negli Usa. Un nome su tutti: il kolkhoz “J.V.Stalin“ di Adzyubzha, formato da neri e meticci, orgoglio e vanto non solo degli Afro – abkhazi, ma di tutti gli Abkhazi, dei Georgiani e dei Sovietici di ogni latitudine. Esso rappresentò un faro di dignità, riscatto, convivenza e multiculturalità, proiettando sul globo la luce di quelle idee che Malcom X avrebbe più tardi portato avanti con coraggio ed abnegazione, assieme a Martin Luther King e ad altri apostoli della lotta al razzismo, alla segregazione, all’odio suprematista. Nel kolkhoz “J.V. Stalin“, funzionavano una scuola, un centro sanitario, una biblioteca, un centro culturale; l’attività agricola era fiorente, con colture rigogliose e variegate. Grano, uva, agrumi, cereali di vario tipo si alternavano nei campi, sapientemente condotti da mani esperte e da menti lucide, naturalmente portate per la terra. Prova inequivocabile dell’elevato tenore di vita degli abitanti del kolkhoz, la longevità: molti erano i centenari, come Sofija Muzaleva, che visse quasi 120 anni. In pochi anni, nel territorio del kolkhoz “Stalin“ e nei kolkhoz che con esso collaborarono, le condizioni di vita si elevarono a tal punto che quelle delle nostre campagne a quel tempo, in paragone, si potrebbero definire medievali: strade asfaltate, telefoni anche nelle case private, automobili di proprietà degli agricoltori, trasporti pubblici paragonabili a quelli delle città. Anche grazie all’intraprendenza degli Afro – Abkhazi, la loro zona divenne un punto di riferimento, un centro attrattivo anche per tanti coloni georgiani, russi, ucraini, al punto tale che, nel 1940, nell’area vi erano almeno 264 kolkhoz con presenza significativa di coloni, con oltre 9000 alberi da frutto piantati in breve tempo, 250 case edificate nell’arco dell’anno, 14 reti fognarie realizzate di fresco.

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L’aiuto recato a queste realtà da Lavrentij Pavlovic Berija, punta di diamante dei comunisti georgiani e sovietici, fu inestimabile, a dispetto di quanto si è scritto di diffamante e disonorante su questa grande figura. L’economia florida del kolkhoz “Stalin“ è, ancora oggi, uno schiaffo per tutti coloro i quali, superate ormai le soglie del 2000, ancora credono a bugie circa l’esistenza di razze inferiori, non mentalmente predisposte, a livello neuronale, per il lavoro, la produzione di ricchezza, l’industria. Menti meschine e ignoranti, che fanno finta di non vedere come il loro benessere, la loro opulenza sfacciata, sia stata costruita su pletore di schiavi dal fisico forte e dalle menti raffinate, ancorché chiuse nei serragli dello sfruttamento.

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Bisognerebbe parlare in maniera più estesa (vi abbiamo fatto rapido cenno, per ora) delle migliaia di Afro – Americani che si stanziarono in ogni parte dell’Urss, recando il loro enorme contributo allo sviluppo della Patria socialista, su un piede di parità assoluto con i loro connazionali. Bisognerebbe far cenno ai tanti Afro – Americani che, senza diventare cittadini sovietici, in Urss viaggiarono e là ebbero la loro seconda casa. Lo faremo presto. Per ora, siamo voluti partire dall’Abkhazia, da una “periferia” che tanto ha dato all’Urss ed è ancora centrale nel quadro geopolitico.

Fonti bibliografiche e sitografiche

Sono fonti italiane, russe, abkhaze non certo diffuse e note al grande pubblico, spesso nemmeno a quello militante, ma sempre e comunque significative, anzi da divulgare maggiormente :
Sidney e Beatrice Webb: Il comunismo sovietico: una nuova civiltà, 2 voll (Einaudi, 1950).

https://kolhozsity.livejournal.com/12908.html

http://www.apsuara.ru/lib_a/abh131.php

 

Il fronte del grano

Il fronte del grano

I 5 MAESTRI

REDAZIONE NOICOMUNISTI

Circa un anno fa, proprio su queste pagine, il compagno Baldelli pubblicava un sunto,(reperibile a questo link), dello studio Climate Dependence and Food Problems in Russia 1900-1990 di Nikolai M. Dronin e di Edward G. Bellinger, accademici di provata fede anticomunista, che quasi obtorto collo evidenziava gli straordinari successi raggiunti nella produzione agricola dai Piani Quinquennali elaborati dal “feroce dittatore georgiano” (naturalmente le virgolette sono d’obbligo, trattandosi di ironia).

Per avere un quadro generale completo consiglio la lettura di questo scritto del compagno Stalin intitolato Sul fronte del grano contenuto in Questioni del Leninismo, Edizioni in lingue estere, Mosca, 1946 (questo volume sarà ripubblicato nella primavera ventura dalle Edizioni Rapporti Sociali).

Impressionante è il livello di approfondimento su una questione tecnica, l’incremento della produzione cerealicola dello scritto del compagno Stalin, soprattutto se paragonato al livello delle discussioni non solo degli esponenti politici della borghesia, ma anche alla quasi totalità degli attuali leaderini e intellettuali che si definiscono comunisti; veri e propri minus habentes non solo in riferimento alla padronanza della scienza marxista, ma anche per quello che attiene all’intellettualità e alla cultura.

Le condizioni di vita dei coloni speciali in Siberia: un documento rivelatore

Le condizioni di vita dei coloni speciali in Siberia: un documento rivelatore

REDAZIONE NOICOMUNISTI

DI LUCA BALDELLI

Stalin=Hitler, gulag=lager. Quante volte sentiamo ripetere questa mostruosità e non solo da anticomunisti, ma anche da sedicenti comunisti. Abbiamo pubblicato molti articoli su questo tema e continueremo a farlo.
Questo articolo del compagno Luca Baldelli si inserisce in questo filone storiografico: esso smantella la menzogna dei “poveri” kulaki mandati a morire nelle lande desolate della Siberia dall’uomo più malvagio della storia…

Non leggetelo, mi raccomando, fermatevi solo al titolo.

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La gioventù rivoluzionaria in URSS. Nascita e ruolo del Konsomol

La gioventù rivoluzionaria in URSS. Nascita e ruolo del Konsomol

REDAZIONE NOICOMUNISTI

 

EDIZIONI RAPPORTI SOCIALI

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Un articolo del Partito dei CARC, tratto da Resistenza n.10/2017

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Nella società capitalista i giovani proletari sono oppressi due volte: come proletari e come giovani dipendenti dalle famiglie e sottoposti all’autorità degli adulti. Questa doppia oppressione si manifesta chiaramente nel fatto che i giovani delle masse popolari sono destinati a una vita da precari e disoccupati, a una vita da esuberi. Nella società socialista invece non ci sono esuberi e, anzi, il contributo dei giovani è fondamentale per il progresso della società. La storia del Komsomol dell’Unione Sovietica (abbreviazione di Unione comunista della gioventù) è uno degli esempi più importanti in questo senso. Organizzati nel Komsomol, i giovani dell’URSS furono artefici fondamentali dell’edificazione del socialismo, trovando nel lavoro l’ambito in cui valorizzare le proprie aspirazioni e capacità, la voglia di imparare, di scoprire, di viaggiare, di istruirsi, di costruire un mondo nuovo, che, a differenza del vecchio, fosse anche a loro misura. Esattamente il contrario del lavoro inteso nella società capitalista, un concentrato di ricatti, privazioni, sfruttamento, umiliazioni e rinunce.

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Per comprendere la storia e la funzione del Komsomol bisogna tenere presenti le differenze tra la condizione dei giovani nella Russia di allora e quella dei giovani nel nostro paese oggi. In Russia i giovani erano principalmente operai, lo studio era riservato alle classi abbienti e solo con la rivoluzione socialista i giovani proletari conquistarono il diritto all’istruzione. Nel nostro paese i giovani delle masse popolari sono principalmente studenti, perché sull’onda della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale scaturita proprio dalla Rivoluzione d’Ottobre, anche le masse popolari italiane hanno conquistato il diritto all’istruzione (oggi pesantemente sotto attacco). Ma l’oppressione che subivano i giovani nella Russia zarista e quella che subiscono oggi i giovani dei paesi imperialisti è della medesima natura, ha le stesse cause, e uguale è il bisogno di scrollarsela di dosso.

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Ultima nota introduttiva: in seguito alla morte di Stalin (1953) e all’avvento al potere dei revisionisti con Krushev (1954), al pari dell’intera società socialista (vedi “Le tre fasi dei primi paesi socialisti” su Resistenza n. 9/2017), anche il Komsomol perse progressivamente quel ruolo di spinta nell’educazione, nella formazione, nell’organizzazione dei giovani; lassismo e corruzione crescenti offuscarono gravemente l’immagine dell’organizzazione giovanile che si sciolse definitivamente nel 1990, mentre i suoi dirigenti ormai corrotti prendevano posto tra gli oligarchi dell’attuale Russia. Questa parabola è rappresentativa del corso seguito dai primi paesi socialisti, lo sottolineiamo per due motivi. Il primo è avvertire il lettore a non sottovalutare mai, nell’analisi dell’esperienza dei primi paesi socialisti, il valore e il peso che ebbe la svolta del 1954: iniziò il periodo in cui primi paesi socialisti, e in particolare l’URSS, furono diretti da chi promuoveva un graduale ritorno al capitalismo, un periodo caratterizzato da un progressivo e costante smantellamento delle conquiste ottenute nella fase precedente, quella della rivoluzione socialista e dell’edificazione del socialismo. Il secondo è stimolare il lettore a ragionare sulle obiezioni circa il presunto superamento dell’esperienza sovietica (“è roba del passato”): si tratta in verità del più alto livello raggiunto dall’umanità nel suo sviluppo e per vedere qual è il futuro possibile che abbiamo di fronte, dobbiamo rivolgere lo sguardo esattamente in quella direzione e a quel periodo storico.

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Prima del Komsomol: il ruolo del Partito comunista
Dopo la rivoluzione democratico-borghese del febbraio 1917 che abbatté lo zarismo, le masse popolari poterono disporre delle libertà democratiche di parola, di stampa, di associazione, di riunione e di manifestazione prima proibite. Nei più grandi centri industriali, anzitutto a Pietrogrado, cominciarono a sorgere Unioni della gioventù operaia. Circa centomila giovani operai incolonnati dimostrarono il Primo Maggio del 1917 contro la Grande Guerra e per la pace, per più ampi diritti politici e per il miglioramento delle condizioni economiche. Non si trattò di un movimento spontaneo, ma frutto del lavoro di propaganda e di organizzazione svolto dai giovani proletari del Partito comunista. Per conquistare il suo ruolo sulla gioventù, il Partito bolscevico condusse una lotta accanita contro i menscevichi e i socialisti rivoluzionari, che volevano limitare l’attività delle Unioni della gioventù operaia a un lavoro puramente culturale. I bolscevichi lavorarono invece per orientare le Unioni affinché fossero l’ambito nel quale i giovani proletari potevano contribuire alla lotta contro il regime borghese, alla rivoluzione socialista. Nel VI Congresso del Partito bolscevico (luglio 1917), che si tenne poco prima della Rivoluzione d’Ottobre e nel corso del quale il Partito si orientò verso l’insurrezione armata, fu affrontata con attenzione la questione delle Unioni giovanili: menscevichi e trotzkisti erano contrari a che la gioventù avesse le proprie organizzazioni, il Congresso deliberò invece che gli organismi del Partito dovevano mobilitarsi per promuovere e favorire la costituzione di organizzazioni socialiste della gioventù operaia indipendenti. Secondo le parole di Lenin infatti:

“Senza una completa autonomia, la gioventù non potrà educare nelle sue file dei buoni socialisti e non potrà prepararsi a far progredire il socialismo” – da Lenin, Opere Complete, vol. 23, Editori Riuniti, Roma, 1967.

Proprio per questo stretto legame con il Partito, nel corso della rivoluzione d’ottobre e della successiva guerra civile (1917 – 1922) i membri delle Unioni giovanili furono nelle prime file dei combattenti che presero d’assalto il vecchio mondo per instaurare il potere sovietico. Con la vittoria della rivoluzione socialista la necessità di costruire un’Unione giovanile di tutta la gioventù sovietica si fece maggiore. Essa doveva aiutare il Partito e il governo a formare la gioventù alla lotta di classe, una gioventù istruita e colta, intraprendente e risoluta, capace di edificare la nuova società socialista.

Nascita del Komsomol
Il 29 ottobre 1918 si riunì a Mosca, su spinta del Partito bolscevico, il primo Congresso panrusso delle Unioni della gioventù operaia e contadina. 176 delegati rappresentarono 22.100 membri delle Unioni. Presidente onorario del Congresso fu eletto Lenin, che in seguito ricevette i delegati.

Il primo Congresso approvò come base dell’organizzazione giovanile che stava per sorgere tre principi imprescindibili: – l’Unione è solidale con il Partito Comunista russo (bolscevico); – l’Unione si propone di diffondere le idee del comunismo e di attirare la gioventù operaia e contadina nell’attiva edificazione della Russia sovietica; – l’Unione è un’organizzazione indipendente, che lavora sotto la direzione del Partito.

118699-komsomol-0-230-0-345-cropNasceva così l’Unione comunista della gioventù, abbreviata in Komsomol, ideologicamente legata al Partito. “La formazione del Komsomol – scriverà 20 anni dopo Mikail Kalinin (presidente del presidium del soviet supremo dell’URSS dal 1919) – è stata in sostanza un nuovo passo avanti verso l’edificazione del socialismo nel nostro paese”.
Il Komsomol nella lotta per l’edificazione del socialismo La successiva, difficile, prova per il nuovo potere sovietico, dopo la guerra civile, era la ricostruzione del paese e la trasformazione della Russia arretrata in un paese industrializzato. Al XIV Congresso del Partito, nel 1925, Stalin espose il piano dell’industrializzazione socialista indicando che in questo consisteva l’essenza della linea generale del Partito. Il Komsomol ebbe un ruolo di primo piano nell’attuazione di questa linea. Nuove masse di giovani erano coinvolte nella produzione mano a mano che si sviluppava l’industria e faceva la sua comparsa nella storia dell’umanità la generazione che non aveva conosciuto il giogo del capitalismo. Si trattava di organizzare questa generazione, di insegnarle una professione, di educarla al lavoro, alla responsabilità di fronte alle masse popolari.

imgres-12 Su iniziativa del Komsomol cominciarono a sorgere in tutto il paese, in migliaia di aziende, brigate d’assalto della gioventù, con il compito di aumentare la produttività del lavoro, impiegando meglio le macchine e i materiali. Esse esprimevano nuovi rapporti coscienti, socialisti, verso il lavoro. Anche nelle campagne il Komsomol organizzò mobilitazioni di massa per il raccolto e la collettivizzazione e, assieme ai membri del Partito, contribuì a organizzare i Colcos (fattorie collettive). Le brigate d’assalto avviarono un movimento d’emulazione tra i giovani di tutto il paese. Alla fine del Primo Piano Quinquennale (1928 – 1933, ma il Piano fu concluso un anno prima per il raggiungimento in anticipo degli obiettivi prefissati) un milione e mezzo di giovani si erano uniti alle brigate d’assalto. Sempre Kalinin scriveva:

“tutto il Komsomol si è trasformato in una brigata d’assalto e il movimento cominciato dietro sua iniziativa, si è trasformato in un’emulazione alla quale aderiscono tutti gli operai e che ha radicalmente mutato i rapporti verso il lavoro, elevandoli a cime mai viste”.

Il Komsomol fornì, fra il Primo e il Secondo Piano Quinquennale (1933 – 1937, concluso anch’esso in anticipo), 300.000 giovani per i cantieri, che furono la spina dorsale della mano d’opera per la costruzione di importanti infrastrutture e città come le famose officine di trattori di Stalingrado, la centrale idroelettrica del Dniepr, la metropolitana di Mosca e, nel lontano oriente, la città industriale che portava il suo nome, Komsomolsk.

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Dopo gli anni difficili della ricostruzione socialista, si pose il problema di padroneggiare i più moderni e progrediti mezzi tecnici di cui era ora fornita la nuova industria sovietica. Il Partito comunista, diretto da Stalin, pose come questione centrale la conquista della tecnica. Nel 1934, secondo dati incompleti, 170.000 giovani comunisti e 860.000 giovani operai e operaie, più della metà della gioventù occupata allora nelle industrie, affrontarono e superarono con successo gli esami tecnici. Nelle campagne l’80% degli autisti e meccanici dei nuovi mezzi, trattori e mietitrebbiatrici, erano giovani. Il frutto migliore di questo costante lavoro, e in particolare riguardo l’assimilazione della tecnica, fu il movimento stachanovista: il 31 agosto del 1935 un giovane minatore, Stachanov, in occasione della Giornata internazionale della gioventù, raggiunse un primato mai conosciuto prima di allora, mettendo a punto una nuova tecnica lavorativa che gli consenti di superare di 14 volte la norma di carbone estratto in un turno di lavoro. Ben presto migliaia di giovani ne seguirono l’esempio, ingrossando le fila del movimento stachanosvista e mettendo a punto in ogni ambito lavorativo nuove procedure e forme di organizzazione del lavoro, che permettevano di aumentare la produttività e diminuire la fatica. Negli stessi anni i giovani si impadronivano anche della scienza e della cultura, grazie alle nuove possibilità di studio offerte dallo stato socialista: il Komsomol, negli anni dei primi due Piani Quinquennali, fornì all’URSS 118.000 ingegneri, 69.000 agronomi, 91.000 maestri, 9.000 medici. Nel 1938, alla vigilia della nuova guerra mondiale, per la quale avrebbe fornito numerosi giovani combattenti per l’armata rossa, il Komsomol arrivava ad avere 3.345.000 iscritti.

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NON E’ UN PARAGONE FORZATO, E’ UN ESERCIZIO A RAGIONARE.
Ognuno dei nostri lettori faccia un paragone fra il processo di mobilitazione dei giovani delle masse popolari nell’Unione Sovietica e il contenuto della Buona scuola, dei vari Erasmus, progetto giovani, alternanza scuola-lavoro, stage, dote scuola, gli effetti degli sgravi fiscali alle aziende che assumono giovani, la favola delle start up, la falsa prospettiva di un reddito minimo garantito, del reddito di cittadinanza, del reddito sociale, ecc. C’è un’alternativa a questo mondo virtuale che nasconde il deserto mortifero in cui, se va bene, si riesce a sopravvivere. E’ la lotta politica rivoluzionaria per il socialismo. Milioni di giovani e giovanissimi delle masse popolari ci porgono un testimone che i giovani delle masse popolari dei paesi imperialisti possono e devono raccogliere. Raccogliamolo, nella Carovana del (nuovo)PCI.