i-5-maestri

di Luca Baldelli

Le vicende boliviane, nella loro tragica realtà, ci hanno rivelato ancora ancora una volta quanto l’imperialismo, come sistema planetario, sia sempre alla ricerca del controllo assoluto delle materie prime, delle risorse naturali del Pianeta, onde trarne il massimo profitto attraverso il loro sfruttamento. La corsa planetaria ai giacimenti minerari, di vario tipo e con diversi scopi, è un dato invariabile nel tempo, una costante che attraversa tutte le fasi di trasformazione, riassetto e ristrutturazione del capitale globale; troppo spesso ci si è dimenticati di questa costante, nell’illusoria convinzione che forme “smaterializzate” di economia, quasi eteree, fossero possibili ed anzi in atto, quando non addirittura auspicabili. Una visione perlomeno onirica, questa, come se le tecnologie informatiche, i mezzi di comunicazione, i circuiti “social”, assieme alle variegate epifanie del terziario avanzato, potessero sussistere, imporsi e conquistare spazi senza la MATERIA, senza i presupposti fisici, organici di base. Quanto fosse campata in aria quest’ermeneutica del divenire del sistema economico mondiale, estremizzazione forzata e volgare delle letture e delle analisi ben più complesse ed articolate, quantunque discutibili e claudicanti, di economisti quali Jeremy Rifkin, ce lo hanno dimostrato chiaramente i fatti di Bolivia. Alla base della defenestrazione di Morales, unico legittimo Presidente del Paese sudamericano, non vi è stato solo l’assalto, su base geopolitica, degli Usa, dei circoli imperialisti e delle oligarchie ad un tassello fondamentale di un nuovo ordine planetario, che nell’America Latina, tra mille inciampi, sabotaggi, diversioni e divisioni, ha condotto alle esperienze, dirompenti per l’assetto unipolare mondiale, dei Lula, dei Chavez, dei Kirchner e, naturalmente, dello stesso Morales; ancora una volta, ad accompagnare tutto questo processo, è stata la corsa all’accaparramento delle materie prime, nella fattispecie il LITIO. In questo, le oligarchie interne, la borghesia compradora già colpita dalle riforme progressiste di Morales, che hanno condotto ad una molto più equa redistribuzione della ricchezza, rispetto a tutta la storia della Nazione, hanno fatto blocco ancora una volta con le multinazionali e con il sistema imperialista mondiale capitanato dagli Usa, contro un Presidente determinato a difendere le risorse strategiche del Paese, che, in quest’epoca di forti ed incisivi mutamenti degli assetti economici, non sono più soltanto rappresentate dallo stagno, dal piombo, dall’argento, dal gas naturale, ma, in misura prevalente, dal LITIO.

Questo elemento chimico (dal greco lithos, ovvero pietra), metallo alcalino il più leggero di tutti, con una densità pari alla metà circa di quella dell’acqua (0,535 gt/cm3), a dispetto della sua natura quasi “evanescente”, è assai “concreto” e corposo: senza di esso, non sarebbe possibile il funzionamento di gran parte di quelle batterie e di quei congegni che, attualmente, sono complemento necessario di alcuni fra gli oggetti di più largo uso della nostra vita quotidiana: cellulari, pc ecc.. In prospettiva, il LITIO diventerà fondamentale per la fabbricazione di batterie per auto elettriche, garantendo a queste un’autonomia di oltre 800 km. Le mode e le tendenze che vanno per la maggiore in occidente e nel mondo, non vengono mai a caso, non cadono dalla luna: le auto elettriche, le tecnologie “verdi”, sono l’ultima frontiera di potenti lobbies economiche planetarie. Dietro alla corsa planetaria al LITIO ed al COBALTO (assai copiosamente presente nel CONGO), vi sono colossi quali IBM, APPLE, PANASONIC. Corporations, queste, che non aspettano gli orientamenti dei governi ma, da sempre, assieme ad altri, li dettano. Ecco dunque che la Bolivia di Morales, risolutamente decisa a difendere le proprie risorse, il proprio LITIO (70 % del totale mondiale), dall’assalto predonesco delle multinazionali, entra nel mirino e viene destabilizzata, come il Cile (altra Nazione ricca di questo materiale). Un Presidente che triplica il salario minimo, fa crescere l’economia a ritmi del 4% annuo, doppi rispetto a quelli generali dell’America Latina, dà fastidio ed indispettisce; i mezzi di ricatto e pressione economici sono molto meno influenti che quelli impiegati contro Cuba, Nazione certamente molto meno ricca di materie prime.  Dunque, ecco il copione: si arma la feccia, si inviano agenti di FBI e CIA, si utilizza il ruolo devastante della stampa e degli spazi mediatici lasciati liberi dal controllo governativo (sbaglio clamoroso averli consentiti!), si diffonde caos e… il piatto è servito.

Si colpisce la Bolivia, però, non solo per allontanare Morales, ma anche per lanciare un chiaro messaggio alla Cina: questa Nazione, in piena espansione, è da tempo naturalmente interessata, sulla base di patti equi di interscambio, al LITIO boliviano: allontanare Morales significa, pertanto, minare una piazzaforte di approvvigionamento per Pechino; in subordine, significa anche chiudere una fonte per la Russia, intenzionata a promuovere, pur con mille contraddizioni, un nuovo e più equo ordine mondiale, economico e politico. Non solo: la società che gestisce l’estrazione di LITIO in Bolivia è una joint venture boliviano-tedesca; quindi, destabilizzando il quadro politico, si genera un colpo anche a quell’Unione Europea asfittica, imbambolata ed inconsapevole, o complice, dinanzi alla guerra economica promossa dagli Usa e dai circoli oligarchi ad essi collegati. Il litio lo si vuole razziare per quattro soldi, invertendo la tendenza attuale che lo ha reso disponibile, vista l’alta richiesta sul mercato mondiale, a tre volte o più il prezzo di due – tre anni fa, ed impedendo nel contempo qualsiasi sviluppo dell’attività di trasformazione in loco del minerale. Il LITIO viene a rivestire, nell’attuale scenario boliviano, lo stesso ruolo che ebbe lo stagno ai tempi del populista progressista PAZ ESTENSSORO, che, da capo della Nazione, nel 1952 nazionalizzò le miniere e promosse la costruzione di un altoforno statale, vendendo in barre, o a piastre, quello che prima veniva venduto grezzo, con grande scorno di oligarchie e multinazionali. Se in Bolivia le cose dovessero andare male, con un ritorno di EVO, richiesto a furor di popolo, e con il tattico riconoscimento degli attuali usurpatori da parte della Russia, riconoscimento che pare preludere, assieme al netto rifiuto del Venezuela e dei Paesi non allineati di sancire anche solo tatticamente la legittimità dei golpisti, a sviluppi non certo facili per chi, teleguidato da Washington, ha fatto i conti senza l’oste, allora, in questo caso, gli Usa giocheranno, sempre contro Russia e Cina, la carta di una destabilizzazione dell’Afghanistan e dell’area geopolitica compresa fra Turchia, Iran e Cina: l’Asia centrale ex sovietica, tanto per capirsi, con ripercussioni anche nel Caucaso, elemento chiave della stabilità di quell’area. L’Afghanistan, infatti, detiene le più grandi riserve di LITIO mondiali assieme alla Bolivia, ma nessuno lo dice. Ecco perché Russia e Cina non potranno restare “neutrali” o far tattica sul quadro boliviano, anche se solo per essere determinanti, più forti e con possibilità di manovra su tutti gli interlocutori, rispetto al ridisegno dei poteri nella Nazione latino-americana: la “crisi del LITIO” è contro di loro, in primis. Compito del movimento comunista mondiale è quello di non arrendersi ai golpisti boliviani, di mobilitarsi in ogni Paese, in varie forme, contro di essi, mostrando i nessi internazionali della vicenda, per rivolgerli come un’arma contro le borghesie, pilastri dell’iniquo ordine economico mondiale.

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