La Repubblica popolare polacca prima dell’esplosione di Solidarnosc. Note di vita quotidiana in omaggio alla verità storica

La Repubblica popolare polacca prima dell’esplosione di Solidarnosc. Note di vita quotidiana in omaggio alla verità storica
i-5-maestri

Di Luca Baldelli

Se ne dicono tante sul socialismo reale, ad un punto tale che, ormai, si è persino smarrito il lume orientativo che, solo, può distinguere, illuminandole, la menzogna dalla verità. Quarant’anni di lavaggio del cervello sapientemente orchestrato hanno inculcato nel cervello di molti l’idea di sistemi economicamente inefficienti, burocratici, restii ad ogni innovazione.
Le giovani generazioni, che mai hanno conosciuto quelle esperienze, ripetono il mantra delle bugie con inerziale ritualità, come robot caricati a pile per la bisogna. La Repubblica popolare polacca, nella testa di tanti, è rimasta impressa come esempio negativo per eccellenza; in questo caso, alla propaganda capitalista, imperialista e revisionista si è sommata più che mai, sistematicamente, la crociata dei novelli Goffredo di Buglione del Vaticano, per i quali la Repubblica popolare polacca rappresentava una faglia critica da sollecitare e stimolare, al fine di provocarne il collasso ed il rovesciamento del sistema sociale ed economico.
Ed ecco gli scioperi, alimentati ed incoraggiati da chi, in Occidente, usava i toni più violenti e reazionari nei confronti degli operai che scioperavano contro i capitalisti, i parassiti, le sanguisughe. Gli stessi che in Italia ed altrove parlavano di “sacre compatibilità” dell’ordinamento economico, tali da non sopportare la minima lotta rivendicativa, quelli che nel nostro Paese smantellavano la scala mobile dando ad essa la colpa dell’inflazione (come se il termometro fosse causa della febbre), quando parlavano di Polonia si dichiaravano fieri sostenitori di Solidarnosc, di ogni tipo di sciopero rivendicativo, indetto con le più strumentali motivazioni, di ogni iniziativa volta a bloccare e sabotare la produzione.
I giornali di Agnelli, che in Italia erano la controparte mediatica del Sindacato e della classe operaia, che affibbiavano al termine “sciopero” la stessa valenza semantica della parola “Belzebù”, parlando di Polonia scoprivano ogni volta, sorprendentemente, una passione per gli incitamenti alle interruzioni del lavoro, della produzione, del normale flusso delle attività della.vita associata. Purtroppo, la stampa revisionista non solo non contrapponeva nulla a tale malafede, disonestà e mistificazione sistematica, ma si accodava alle accuse più infamanti, ai peana più assurdi nei riguardi del Kor, di Solidarnosc e dei suoi scherani finanziati da Cia, Vaticano, Massoneria, centrali trotzkiste.
Non è un mistero per nessuno che le banche di Calvi e Gelli servivano da punti di passaggio e da centri propulsori per i denari diretti verso la Polonia a fini di destabilizzazione. E, così, ci si propinava l’immagine di un Paese distrutto dal “comunismo”, piegato dalla crisi economica, dalla fame. Difficoltà, certo, nel 1979/82 ve ne furono, ma a causarle fu proprio l’attività di Solidarnosc e delle centrali eversive antisocialiste ed antisovietiche. Le quali, impunemente (e qui si dovrebbe accusare il sistema di mollezza, non certo di eccessiva forza o di carattere repressivo) scatenarono il caos in un Paese sì con qualche problema, certo, specie in ordine ad un eccessivo indebitamento, favorito peraltro dall’Occidente sovrabbondante di petroldollari in cerca di collocazione sull’arena economica internazionale, ma complessivamente sano, prospero, contraddistinto da elevati livelli di benessere.
Alcuni dati, tratti dagli “Annali” economici degli anni ’70, disponibili in rete ed anche nel sito russo “Istmat”, raccolta assai interessante di documenti, atti ed opere dell’URSS e del socialismo reale, si incaricano di dimostrare la verità di questo assunto. Piuttosto che i dati di carattere macroeconomico, andremo ad individuare i dati dell’economia “quotidiana” dei cittadini, indicatori efficaci ed incontrovertibili del tenore di vita. Nel 1977, anno che rappresenta il miglior indicatore di quanto andiamo dimostrando, il salario medio netto del lavoratore polacco ammontava a 4408 zloty. Tale media era il risultato di calcoli che contemplavano il salario medio mensile del settore statale (4542 zloty), quello del settore cooperativo (3813 zloty), quello dell’industria globalmente intesa (4677 zloty), delle costruzioni (5053 zloty), dell’agricoltura (4506 zloty), del settore scientifico (5285 zloty), del settore sociale e dell’assistenza (3384 zloty) ecc…
In quell’anno, un kg di pane costava 5,40 zloty, un chilo di carne da 30 a 100 zloty (le più care le pregiatissime salsicce di tipo II), un chilo di prosciutto 36 zloty, un chilo di aringhe salate 26 zloty, un chilo di margarina 26 zloty, un chilo di burro di prima scelta 70 zloty, lo zucchero 10,50 zloty, le sigarette senza filtro “SPORT” (pacchetto da 20 pezzi) 6 zloty, 140 cm di tessuto di ottima lana 294 zloty, 140 cm di tessuto sintetico 106 zloty, 90 cm di pregiato tessuto di cotone, in varietà di 4/5 colori, 62 zloty. 1 kWh costava 0,90 zloty, la benzina 9 zloty al litro, il canone TV 40 zloty al mese, il canone radio 15 zloty al mese. Un affitto mensile 3 zloty al metro quadrato (180/200 zloty al mese), il biglietto del treno classe II per 200 km 60 zloty, 108 l’accelerato. Tram: 1 zloty; taglio di capelli in una barbieria di prima classe, 15 zloty. Una radio 1400 zloty, un televisore (indistruttibili questi elettrodomestici!) 6500 zloty.
Il tutto, in un contesto di piena occupazione e di salari crescenti a prezzi pressoché invariati. Un Paese in crisi? Alla luce di tutti questi dati, possiamo affermare che, ancora una volta, le menzogne capitaliste e clericali hanno diffuso i loro veleni, distorcendo la verità storica e persino quella della cronaca. Alla vigilia dell’esplosione di Solidarnosc, la Polonia socialista era un Paese con alcune contraddizioni, diseguaglianze e magari carenze: gli organi del Poup, non solo non lo negavano, peraltro, ma era semmai raro trovare un articolo di giornale, un servizio radiofonico, una relazione nei consessi di Partito, che fosse apologetica e non intrisa di critica. Ciò detto, se in quel contesto si postulava e si postula la necessità di scioperi, nel mondo capitalista di oggi con inflazione nascosta e dilagante, mancanza di ogni prospettiva, precariato come regola, deindustrializzazione spinta, quali lotte occorre allora sostenere?

Il “miracolo irlandese”

Il “miracolo irlandese”

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di Luca Baldelli

 

Le.sirene neoliberiste hanno cantato, per due decenni abbondanti, le.magnifiche sorti e progressive del liberismo in salsa celtica dell’Irlanda. Un laissez faire quasi assoluto, che negli anni ’90 ha generato un aumento vertiginosi dei prezzi degli immobili residenziali (un appartamento veniva a costare, in quegli anni, e per tutti i primi anni 2000, l’equivalente di 3/400.000 euro).

Dopo la sbornia speculativa e smithiana, la realtà della dinamica economica, in assenza di qualsiasi ruolo di razionale di programmazione da parte dello Stato, si è incaricata, anche lassù, di svelare come sotto al vestito non ci fosse nulla, se non ottimismo mal riposto e fiducia sconsiderata nella fantomatica “mano invisibile”, un arto in realtà molto evidente nel suo dare a chi aveva già è nel suo togliere a chi già aveva poco. L’economia irlandese, drogata dalle perversioni di Smith, Friedman e compagnia, è collassata su se stessa, lasciando sul terreno, come sempre, morti e feriti tra i ceti subalterni, che mai avevano beneficiato di alcun miracolo, e tra la.classe media che si era illusa di poter raggiungere il livello economico dei grandi percettori di reddito, per l’antico suo vizio di avere la puzza al naso nei riguardi dei proletari e degli operai e di orientarsi sempre verso chi intende distruggerla per concentrare ricchezza.

Il primo frutto di questo collasso è stato proprio il crollo del mercato immobiliare, crollo del quale però lo Stato, fedele fino all’ultimo, nella.maniera più demenziale possibile, ai principi che avevano generato la catastrofe, non ha approfittato per ricalibrare scelte di azione e per affermare un ruolo non solo auspicabile, ma NECESSARIO, di pianificazione. Al contrario, lo Stato ha acquisito intere aree edificabili da istituti di credito ed attività economiche minati dalle insolvenze e dalle spericolate contorsioni speculative del “ventennio d’oro” e…cosa ha fatto? Non vi ha costruito o non vi ha agevolato l’edificazione di case popolari che avrebbero dato una risposta, la sola efficace e risolutiva, ai tanti senzatetto generati dagli anni del “boom” e dai contraccolpi successivi, ma ha rivenduto le aree ad agenzie orientate verso la costruzione di appartamenti e dimore di lusso, a beneficio dei soli ricchi, dei percettori parassitari o meno di alti redditi, ovvero di coloro i quali proprio non avevano bisogno di INTERVENTI STATALI.

Risultato? I senzatetto sono aumentati a dismisura e si è arrivati al paradosso per il quale i poveri si stipano in camere d’albergo ed i ricchi acquistano appartamenti edificati, col concorso primario dello Stato, sui terreni dove, per logica, etica e pure convenienza a lungo termine, sarebbero dovuti nascere appartamenti per i poveri, i proletari e per il ceto medio impoverito, proletarizzato dai ricchi. Si dimostra dunque, ancora una volta, che non è vero che il liberismo non tollera alcun tipo di azione da parte dello Stato: esso, al contrario, non può fare a meno di un ruolo completamente “alla rovescia” dello Stato e dei pubblici poteri, assenti nella programmazione a beneficio della collettivita’ ma sempre presenti quando si tratta di redistribuire benefici a chi già ne ha tanti, arricchendo i facoltosi ed impoverendo ulteriormente lavoratori e ceto medio piccolo-borghese.

Oggi vi sono almeno 50.000 senza tetto e quasi 100.000 famiglie in lista per una casa popolare o per una soluzione minima e necessitata di aiuto sociale in campo locativo. In questi giorni, si parla di ripartenza dell’economia irlandese, ma siamo alle solite, ed anzi emergerà in maniera ancora più evidente il danno prodotto dal neoliberismo: i prezzi delle case, fino ad ora scesi, ma,.come abbiamo visto, non al punto da renderli abbordabili da chi è a reddito fisso o si situa nei ranghi del ceto medio-basso anche con un lavoro autonomo, torneranno a salire ed allora ai senzatetto presenti se ne aggiungeranno altri ancora, visto il prevedibile ed anzi logicamente consequenziale balzo verso l’alto dei canoni di affitto e dei tassi dei mutui (questa tendenza è già visibile). E così la demenza del capitalismo è ancora una volta oscenamente evidente a chi la vuol vedere: i poveri negli alberghi a cinque stelle, in dieci per camera, oppure pigiati in condomini falangisti; i ricchi, invece, al caldo e ben protetti con tre, quattro, cinque case a testa. Aggiungiamoci che la “ripresa” che si dice in corso sta avvenendo per il traino delle esportazioni da parte delle multinazionali, presenti in Irlanda per via del regime fiscale ultrapermissivo e leggero, voluto dai governanti (a spese dei servizi sociali e dei lavoratori) e la.frittata è fatta: un’economia eterodiretta ed uno Stato volutamente privatosi dei minimi strumenti di controllo ed allocazione delle risorse, genererà nuove crisi, nuovi crolli, sempre pagati dai poveri…a meno che…non venga una Rivoluzione… Ma questa è un’altra storia.