La questione del litio boliviano tra USA, Cina e Russia

La questione del litio boliviano tra USA, Cina e Russia

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di Luca Baldelli

Le vicende boliviane, nella loro tragica realtà, ci hanno rivelato ancora ancora una volta quanto l’imperialismo, come sistema planetario, sia sempre alla ricerca del controllo assoluto delle materie prime, delle risorse naturali del Pianeta, onde trarne il massimo profitto attraverso il loro sfruttamento. La corsa planetaria ai giacimenti minerari, di vario tipo e con diversi scopi, è un dato invariabile nel tempo, una costante che attraversa tutte le fasi di trasformazione, riassetto e ristrutturazione del capitale globale; troppo spesso ci si è dimenticati di questa costante, nell’illusoria convinzione che forme “smaterializzate” di economia, quasi eteree, fossero possibili ed anzi in atto, quando non addirittura auspicabili. Una visione perlomeno onirica, questa, come se le tecnologie informatiche, i mezzi di comunicazione, i circuiti “social”, assieme alle variegate epifanie del terziario avanzato, potessero sussistere, imporsi e conquistare spazi senza la MATERIA, senza i presupposti fisici, organici di base. Quanto fosse campata in aria quest’ermeneutica del divenire del sistema economico mondiale, estremizzazione forzata e volgare delle letture e delle analisi ben più complesse ed articolate, quantunque discutibili e claudicanti, di economisti quali Jeremy Rifkin, ce lo hanno dimostrato chiaramente i fatti di Bolivia. Alla base della defenestrazione di Morales, unico legittimo Presidente del Paese sudamericano, non vi è stato solo l’assalto, su base geopolitica, degli Usa, dei circoli imperialisti e delle oligarchie ad un tassello fondamentale di un nuovo ordine planetario, che nell’America Latina, tra mille inciampi, sabotaggi, diversioni e divisioni, ha condotto alle esperienze, dirompenti per l’assetto unipolare mondiale, dei Lula, dei Chavez, dei Kirchner e, naturalmente, dello stesso Morales; ancora una volta, ad accompagnare tutto questo processo, è stata la corsa all’accaparramento delle materie prime, nella fattispecie il LITIO. In questo, le oligarchie interne, la borghesia compradora già colpita dalle riforme progressiste di Morales, che hanno condotto ad una molto più equa redistribuzione della ricchezza, rispetto a tutta la storia della Nazione, hanno fatto blocco ancora una volta con le multinazionali e con il sistema imperialista mondiale capitanato dagli Usa, contro un Presidente determinato a difendere le risorse strategiche del Paese, che, in quest’epoca di forti ed incisivi mutamenti degli assetti economici, non sono più soltanto rappresentate dallo stagno, dal piombo, dall’argento, dal gas naturale, ma, in misura prevalente, dal LITIO.

Questo elemento chimico (dal greco lithos, ovvero pietra), metallo alcalino il più leggero di tutti, con una densità pari alla metà circa di quella dell’acqua (0,535 gt/cm3), a dispetto della sua natura quasi “evanescente”, è assai “concreto” e corposo: senza di esso, non sarebbe possibile il funzionamento di gran parte di quelle batterie e di quei congegni che, attualmente, sono complemento necessario di alcuni fra gli oggetti di più largo uso della nostra vita quotidiana: cellulari, pc ecc.. In prospettiva, il LITIO diventerà fondamentale per la fabbricazione di batterie per auto elettriche, garantendo a queste un’autonomia di oltre 800 km. Le mode e le tendenze che vanno per la maggiore in occidente e nel mondo, non vengono mai a caso, non cadono dalla luna: le auto elettriche, le tecnologie “verdi”, sono l’ultima frontiera di potenti lobbies economiche planetarie. Dietro alla corsa planetaria al LITIO ed al COBALTO (assai copiosamente presente nel CONGO), vi sono colossi quali IBM, APPLE, PANASONIC. Corporations, queste, che non aspettano gli orientamenti dei governi ma, da sempre, assieme ad altri, li dettano. Ecco dunque che la Bolivia di Morales, risolutamente decisa a difendere le proprie risorse, il proprio LITIO (70 % del totale mondiale), dall’assalto predonesco delle multinazionali, entra nel mirino e viene destabilizzata, come il Cile (altra Nazione ricca di questo materiale). Un Presidente che triplica il salario minimo, fa crescere l’economia a ritmi del 4% annuo, doppi rispetto a quelli generali dell’America Latina, dà fastidio ed indispettisce; i mezzi di ricatto e pressione economici sono molto meno influenti che quelli impiegati contro Cuba, Nazione certamente molto meno ricca di materie prime.  Dunque, ecco il copione: si arma la feccia, si inviano agenti di FBI e CIA, si utilizza il ruolo devastante della stampa e degli spazi mediatici lasciati liberi dal controllo governativo (sbaglio clamoroso averli consentiti!), si diffonde caos e… il piatto è servito.

Si colpisce la Bolivia, però, non solo per allontanare Morales, ma anche per lanciare un chiaro messaggio alla Cina: questa Nazione, in piena espansione, è da tempo naturalmente interessata, sulla base di patti equi di interscambio, al LITIO boliviano: allontanare Morales significa, pertanto, minare una piazzaforte di approvvigionamento per Pechino; in subordine, significa anche chiudere una fonte per la Russia, intenzionata a promuovere, pur con mille contraddizioni, un nuovo e più equo ordine mondiale, economico e politico. Non solo: la società che gestisce l’estrazione di LITIO in Bolivia è una joint venture boliviano-tedesca; quindi, destabilizzando il quadro politico, si genera un colpo anche a quell’Unione Europea asfittica, imbambolata ed inconsapevole, o complice, dinanzi alla guerra economica promossa dagli Usa e dai circoli oligarchi ad essi collegati. Il litio lo si vuole razziare per quattro soldi, invertendo la tendenza attuale che lo ha reso disponibile, vista l’alta richiesta sul mercato mondiale, a tre volte o più il prezzo di due – tre anni fa, ed impedendo nel contempo qualsiasi sviluppo dell’attività di trasformazione in loco del minerale. Il LITIO viene a rivestire, nell’attuale scenario boliviano, lo stesso ruolo che ebbe lo stagno ai tempi del populista progressista PAZ ESTENSSORO, che, da capo della Nazione, nel 1952 nazionalizzò le miniere e promosse la costruzione di un altoforno statale, vendendo in barre, o a piastre, quello che prima veniva venduto grezzo, con grande scorno di oligarchie e multinazionali. Se in Bolivia le cose dovessero andare male, con un ritorno di EVO, richiesto a furor di popolo, e con il tattico riconoscimento degli attuali usurpatori da parte della Russia, riconoscimento che pare preludere, assieme al netto rifiuto del Venezuela e dei Paesi non allineati di sancire anche solo tatticamente la legittimità dei golpisti, a sviluppi non certo facili per chi, teleguidato da Washington, ha fatto i conti senza l’oste, allora, in questo caso, gli Usa giocheranno, sempre contro Russia e Cina, la carta di una destabilizzazione dell’Afghanistan e dell’area geopolitica compresa fra Turchia, Iran e Cina: l’Asia centrale ex sovietica, tanto per capirsi, con ripercussioni anche nel Caucaso, elemento chiave della stabilità di quell’area. L’Afghanistan, infatti, detiene le più grandi riserve di LITIO mondiali assieme alla Bolivia, ma nessuno lo dice. Ecco perché Russia e Cina non potranno restare “neutrali” o far tattica sul quadro boliviano, anche se solo per essere determinanti, più forti e con possibilità di manovra su tutti gli interlocutori, rispetto al ridisegno dei poteri nella Nazione latino-americana: la “crisi del LITIO” è contro di loro, in primis. Compito del movimento comunista mondiale è quello di non arrendersi ai golpisti boliviani, di mobilitarsi in ogni Paese, in varie forme, contro di essi, mostrando i nessi internazionali della vicenda, per rivolgerli come un’arma contro le borghesie, pilastri dell’iniquo ordine economico mondiale.

Le lezioni da imparare dal colpo di stato in Bolivia

Le lezioni da imparare dal colpo di stato in Bolivia

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Traduzione di Guido Fontana Ros

Articolo originale

Il colpo di stato in Bolivia è devastante per la maggior parte delle persone di quel paese. Quali lezioni se ne devono trarre?

Andrea Lobo scrive al WSWS:

Il presidente boliviano Evo Morales del partito Movimento verso il socialismo (MAS) è stato costretto a dimettersi domenica sera dai militari boliviani in un colpo di stato appoggiato dagli Stati Uniti. Ieri sera, Morales ha twittato che “sta partendo per il Messico” dopo che quel paese ha accettato di concedergli l’asilo.

Dopo tre settimane di proteste a seguito delle contestate elezioni presidenziali del 20 ottobre, le potenze imperialiste e la loro élite-cliente boliviana hanno rovesciato il governo di Morales. Nel contesto di una crescente crisi del capitalismo globale e di una ripresa della lotta di classe a livello internazionale, compresi i recenti scioperi di massa in Bolivia dei minatori e dei medici medici, la classe dirigente ha perso la fiducia che Morales e l’apparato della MAS potessero continuare a reprimere l’opposizione sociale.

Durante i suoi dodici anni in carica, Evo Morales ha ottenuto buoni risultati:

Tasso di analfabetismo:
2006 13,0%, 2018 2,4%

Tasso di disoccupazione
2006 9,2%, 2018 4,1%

Tasso di povertà moderata
2006 60,6%, 2018 34,6%

Tasso di povertà estrema
2006 38,2%, 2018 15,2%

Ma Morales non è riuscito a costruire le difese necessarie per rendere permanenti tali cambiamenti. La leadership dei militari e della polizia era contro di lui. Perché questi uomini occupavano ancora quelle posizioni?

Jeb Sprague @JebSprague – 20:19 UTC · 11 nov 2019

La connessione degli USA con il colpo di stato
I funzionari che hanno costretto #Evo a dimettersi hanno lavorato come attachés militari della # Bolivia a Washington DC. La CIA cerca spesso di reclutare addetti militari che lavorano nel DC.
2013: Gen. Kaliman è stato addetto militare
2018: il commissario di polizia, Calderón Mariscal era presidente dell’APALA in DC

L’Agregados Policiales de América Latina (APALA) dovrebbe combattere la criminalità organizzata internazionale in America Latina. È curiosamente ospitato a Washington DC.

Questi poliziotti e militari hanno collaborato con un multimilionario razzista cristiano-fascista per abbattere Morales.

Morales aveva chiaramente vinto le elezioni del 20 ottobre per un quarto mandato. Il conteggio dei voti era confuso (pdf) perché seguiva il percorso definito dall’Organizzazione degli Stati americani:

Il [Tribunal Supremo Electoral, o TSE] ha due sistemi di conteggio dei voti. Il primo è un conteggio rapido noto come Transmisión de Resultados Electorales Preliminares (TREP, di seguito denominato conteggio rapido). Questo è un sistema che la Bolivia e molti altri paesi dell’America Latina hanno implementato seguendo le raccomandazioni dell’OAS. È stato implementato per le elezioni del 2019 da una società privata in collaborazione con il Servicio de Registro Cívico (SERECÍ), il servizio di registro civile, ed è progettato per fornire un rapido, ma incompleto e non definitivo risultato nella notte delle elezioni per dare ai media un’indicazione della tendenza al voto e informare il pubblico.

I numeri precoci e incompleti fecero sembrare che Morales non avesse vinto il vantaggio del 10% di cui aveva bisogno per evitare un secondo turno di votazioni. I distretti rurali in cui Morales ha un alto supporto di solito sono in ritardo per riportare i risultati e non sono stati inclusi. I risultati completi hanno mostrato che Morales aveva vinto oltre il 10% di vantaggio di cui aveva bisogno per evitare un deflusso.

Kevin Cashman @kevinmcashman – 1:36 UTC · 11 nov 2019
Alla fine, il conteggio ufficiale è stato rilasciato: Morales ha vinto nel primo turno dal 47,08% al 36,51%. Se avete assistito ai sondaggi prima delle elezioni, 5 su 6 hanno previsto lo stesso risultato. E’ strano avere una frode che si abbina ai sondaggi.
Poll Tracker: Presidential Race 2019 della Bolivia

Affermare dei falsi risultati elettorali per istigare rivoluzioni o colpi di stato a colori è uno strumento tipico dell’interferenza degli Stati Uniti. Nel 2009 Mahmoud Ahmedinejad vinse il suo secondo mandato alle elezioni presidenziali iraniane. Le opposizioni appoggiate dagli Stati Uniti hanno sollevato un putiferio anche se i risultati si adattano perfettamente al precedente sondaggio.

L’OAS che ha raccomandato lo schema di conteggio rapido che consente tali manipolazioni riceve il 60% del suo budget da Washington DC.

I media occidentali non definiscono quello boliviano un colpo di stato perché era quello che gli Stati Uniti volevano che accadesse:

Generali dell’esercito  appaiono in televisione per chiedere le dimissioni e l’arresto di un capo di stato legittimamente eletto, sembrano proprio un esempio tratto da manuale di un colpo di stato. Eppure non è certo così che i media delle corporation presentano gli eventi del weekend in Bolivia.

Nessuna agenzia di stampa ha definito l’accaduto come un colpo di stato; invece, il presidente Evo Morales “si è dimesso” (ABC News, 11/10/19), tra diffuse “proteste” (CBS News, 11/10/19) di una “popolazione infuriata” (New York Times, 11/10/19 ) arrabbiata per la “frode elettorale” (Fox News, 11/11/19), per la “vera e propria dittatura” (Miami Herald, 09/11/19). Quando la parola “colpo di stato” viene usata del tutto, viene usata solo come un’accusa da parte di Morales o di un altro funzionario del suo governo, che i media delle corpration  hanno demonizzato fin dalla sua elezione nel 2006 (FAIR.org, 06/06/09, 8 / 1/12, 4/11/19).

I poveri e gli indigeni che hanno sostenuto Morales avranno poche possibilità contro i paracadutisti e la polizia di estrema destra (vid) che ora vanno di porta in porta (vid) per rasrellare la sinistra e i sostenitori di Morales.

Evo Morales ha trovato asilo in Messico. La Bolivia si trasformerà ora in un inferno neoliberista e in una quasi dittatura. Ci vorrà tempo, molti sforzi e probabilmente una guerra civile per riguadagnare ciò che è stato perso durante questo colpo di stato.

Cosa si può imparare da tutto questo?

  • Come ha osservato una persona: “Quando si vuole vincere e mantenere una rivoluzione socialista, si devono erigere ghigliottine”.
  • I movimenti socialisti che salgono al potere devono neutralizzare i loro più grandi nemici locali. Hanno bisogno di costruire le proprie difese. Non possono fare affidamento su quelle istituzioni, come i militari e la polizia, che ereditano da regimi precedenti.
  • Tali movimenti non devono mai fare affidamento su organizzazioni affiliate negli Stati Uniti come l’OAS o su personale militare e di polizia che è stato sottoposto all’indottrinamento degli Stati Uniti.
  • Un movimento ha bisogno di una voce pubblica. Deve costruire i propri media a livello locale e internazionale.

Hugo Chavez sapeva tutto questo. Non appena vinse le elezioni presidenziali in Venezuela, costruì le forze necessarie per difendere lo stato. È l’unica ragione per cui il suo successore Nicolás Maduro ha sconfitto il tentativo di colpo di stato contro di lui ed è ancora al potere.

Purtroppo Evo Morales non è riuscito a seguire questa strada.

Il “miracolo irlandese”

Il “miracolo irlandese”

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Di Luca Baldelli

Le sirene neoliberiste hanno cantato, per due decenni abbondanti, le magnifiche sorti e progressive del liberismo in salsa celtica dell’Irlanda. Un laissez faire quasi assoluto, che negli anni ’90 ha generato un aumento vertiginosi dei prezzi degli immobili residenziali (un appartamento veniva a costare, in quegli anni, e per tutti i primi anni 2000, l’equivalente di 3/400.000 euro). Dopo la sbornia speculativa e smithiana, la realtà della dinamica economica, in assenza di qualsiasi ruolo di razionale di programmazione da parte dello Stato, si è incaricata, anche lassù, di svelare come sotto al vestito non ci fosse nulla, se non ottimismo mal riposto e fiducia sconsiderata nella fantomatica “mano invisibile”, un arto in realtà molto evidente nel suo dare a chi aveva già è nel suo togliere a chi già aveva poco.

L’economia irlandese, drogata dalle perversioni di Smith, Friedman e compagnia, è collassata su se stessa, lasciando sul terreno, come sempre, morti e feriti tra i ceti subalterni, che mai avevano beneficiato di alcun miracolo, e tra la classe media che si era illusa di poter raggiungere il livello economico dei grandi percettori di reddito, per l’antico suo vizio di avere la puzza al naso nei riguardi dei proletari e degli operai e di orientarsi sempre verso chi intende distruggerla per concentrare ricchezza. Il primo frutto di questo collasso è stato proprio il crollo del mercato immobiliare, crollo del quale però lo Stato, fedele fino all’ultimo, nella.maniera più demenziale possibile, ai principi che avevano generato la catastrofe, non ha approfittato per ricalibrare scelte di azione e per affermare un ruolo non solo auspicabile, ma NECESSARIO, di pianificazione. Al contrario, lo Stato ha acquisito intere aree edificabili da istituti di credito ed attività economiche minati dalle insolvenze e dalle spericolate contorsioni speculative del “ventennio d’oro” e…cosa ha fatto? Non vi ha costruito o non vi ha agevolato l’edificazione di case popolari che avrebbero dato una risposta, la sola efficace e risolutiva, ai tanti senzatetto generati dagli anni del “boom” e dai contraccolpi successivi, ma ha rivenduto le aree ad agenzie orientate verso la costruzione di appartamenti e dimore di lusso, a beneficio dei soli ricchi, dei percettori parassitari o meno di alti redditi, ovvero di coloro i quali proprio non avevano bisogno di INTERVENTI STATALI.

Risultato? I senzatetto sono aumentati a dismisura e si è arrivati al paradosso per il quale i poveri si stipano in camere d’albergo ed i ricchi acquistano appartamenti edificati, col concorso primario dello Stato, sui terreni dove, per logica, etica e pure convenienza a lungo termine, sarebbero dovuti nascere appartamenti per i poveri, i proletari e per il ceto medio impoverito, proletarizzato dai ricchi. Si dimostra dunque, ancora una volta, che non è vero che il liberismo non tollera alcun tipo di azione da parte dello Stato: esso, al contrario, non può fare a meno di un ruolo completamente “alla rovescia” dello Stato e dei pubblici poteri, assenti nella programmazione a beneficio della collettivita’ ma sempre presenti quando si tratta di redistribuire benefici a chi già ne ha tanti, arricchendo i facoltosi ed impoverendo ulteriormente lavoratori e ceto medio piccolo-borghese.

Oggi vi sono almeno 50.000 senza tetto e quasi 100.000 famiglie in lista per una casa popolare o per una soluzione minima e necessitata di aiuto sociale in campo locativo. In questi giorni, si parla di ripartenza dell’economia irlandese, ma siamo alle solite, ed anzi emergerà in maniera ancora più evidente il danno prodotto dal neoliberismo: i prezzi delle case, fino ad ora scesi, ma,.come abbiamo visto, non al punto da renderli abbordabili da chi è a reddito fisso o si situa nei ranghi del ceto medio-basso anche con un lavoro autonomo, torneranno a salire ed allora ai senzatetto presenti se ne aggiungeranno altri ancora, visto il prevedibile ed anzi logicamente consequenziale balzo verso l’alto dei canoni di affitto e dei tassi dei mutui (questa tendenza è già visibile). E così la demenza del capitalismo è ancora una volta oscenamente evidente a chi la vuol vedere: i poveri negli alberghi a cinque stelle, in dieci per camera, oppure pigiati in condomini falangisti; i ricchi, invece, al caldo e ben protetti con tre, quattro, cinque case a testa. Aggiungiamoci che la “ripresa” che si dice in corso sta avvenendo per il traino delle esportazioni da parte delle multinazionali, presenti in Irlanda per via del regime fiscale ultrapermissivo e leggero, voluto dai governanti (a spese dei servizi sociali e dei lavoratori) e la frittata è fatta: un’economia eterodiretta ed uno Stato volutamente privatosi dei minimi strumenti di controllo ed allocazione delle risorse, genererà nuove crisi, nuovi crolli, sempre pagati dai poveri…a meno che…non venga una Rivoluzione… Ma questa è un’altra storia.

 

Maccartismo di sinistra

Maccartismo di sinistra

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Mccarthyism & What Fascism Really Means…

[Il maccartismo di sinistra e cosa realmente implica il termine fascismo]

di Caleb Maupin

 

 

Trascrizione e traduzione di Davide Spagnoli

È interessante… C’e tutta questo tormento nei circoli di sinistra.
La gente dice «hai stretto la mano alla tal persona» «hai parlato con la tal persona».
Bakunin, era collegato con Karl Marx ed era coinvolto nell’Associazione Internazionale dei Lavoratori, la Prima Internazionale.
Ma era selvaggiamente antisemita.
Odiava visceralmente gli ebrei.
Solo davvero veramente antisemita, e nessuno dice mai, «Marx era collegato con Bakunin» e gli anarchici sono i re di questo maccartismo di sinistra. «andiamo a caccia di tutti i tankie».1
A tutti piace Bakunin.
E Bakunin era selvaggiamente antisemita.
Si dice che Marx era antisemita per via del suo saggio sulla questione ebraica, ma l’antisemitismo di Bakunin era una parte enorme della sua identità.
Lui odiava gli ebrei, e gli anarchici lo amano e lo ameranno.
Sono innamorati di lui, ma volevo arrivare a questo: c’è un nuovo maccartismo che si è sviluppato nei circoli della sinistra.
Non farò nomi, ma in tutta la rete ci sono molte persone che pensano che ci sia una sorta di cospirazione nazista clandestina.
E c’è un problema.
I nazionalisti bianchi negli Stati Uniti stanno crescendo e sono cattivi e terribili, e li denuncio con tutto me stesso.
Non ho compassione per persone così. Sono esseri umani terribili. Tuttavia, questo fa credere che ci sia una sorta di vasta cospirazione nazista clandestina, e questa credenza sta diventando davvero ridicola.
Si sta arrivando al punto che se sei di sinistra, ma non vuoi una guerra con la Siria, beh, secondo alcune forze sei un assadista, e Assad è un fascista, quindi sei l’equivalente di Adolf Hitler. Se non vuoi sostenere la rivoluzione in Siria, sei l’equivalente di Adolf Hitler. Oppure dire che sei femminista, e muovi alcune critiche del movimento transgender, beh, sei vicino all’altra parte, e quindi un fascista, l’equivalente di Adolf Hitler. O dire che ammiri il tal governo socialista che il tal altro governo di sinistra è autoritario, beh, allora sei un tankie e un antisociale, e sei l’equivalente di Adolf Hitler.
Questo è il modo in cui parlano alcuni esponenti della sinistra in questo momento. E questo è molto pericoloso e le persone che dovrebbero preoccuparsi per questo, ti dicono che ti sbagli.
Ti sbagli sulla questione dei transgender.
Hai torto nel sostenere il governo siriano.
Hai torto nel sostenere un governo socialista.
Sei l’equivalente di Adolf Hitler.
Sei un fascista.
E tenete presente che ora i circoli di sinistra, non solo sono vietati ai fascisti, lo sono sempre stati, ma se accusi qualcuno di essere fascista, diventa quindi giustificato essere violenti nei suoi confronti.
Nei circoli di sinistra se sostenete un governo anti imperialista, se ponete delle obiezioni sulla questione transgender, e non siete in linea con questo movimento, se vi state opponendo alla guerra in Siria, se siete amichevoli con la Russia, vi meritate di essere violentemente attaccati e uccisi. Questo è quello che dicono molte di queste forze antifa.
Non ci si limita a dire che ti sbagli.
Se prendi posizioni con cui la sinistra non è d’accordo, alcune forze antifa non sono d’accordo, allora meriti di essere picchiato, attaccato e ucciso: questo è quello che dicono.
Ed è davvero pericoloso.
E si può essere etichettati come fascisti per qualsiasi motivo.
La prima cosa che dicono è che «ogni fascista dice di non esserlo».
Quindi, per quanto tu sia antifascista, questo non conta.
O se hai avuto una storia di attivismo antirazzista, non conta: è solo una storia di copertura.
Oppure hanno sempre una qualche ragione.
Se stringi la mano in un certo modo, o fai un segno di approvazione, o fai questo o quello, è tutto un essere fascista.
E hanno degli elenchi di segnali simili a quelli dei fascisti.
Se sei stato a un evento e hai parlato con qualcuno, sei un fascista. Ti meriti di essere picchiato.
Questo è quello che dicono queste persone.
E non credo di essere l’unico a rendersi conto di quanto sia pericoloso; la cosa triste è che il fascismo è terribile. E queste persone abbassano il livello politico, e sta diventando uno scherzo.
Lo stanno facendo diventare uno scherzo.
Stanno facendo in modo che tu sia un fascista se fai qualcosa con cui loro non sono d’accordo. E per di più, se ascoltate quello che dicono è come ascoltare un fascista, e beh, naturalmente loro dicono di non esserlo.
Avete mai notato che per una qualunque cosa venga detta, loro sostengono che si tratta di una parola chiave fascista segreta o è in codice?
Se ascoltate le elucubrazioni di queste persone, e sostituite la parola fascisti con comunisti, sentirete Joe McCarthy e la John Birch Society: «sappiamo tutti che John F. Kennedy era un comunista perché sosteneva il movimento per i diritti civili, ed è una cospirazione comunista contro il nostro stile di vita».
Questo è quello che dicevano i Birchers negli anni ’60.
Si sbagliavano.
John F. Kennedy non era un comunista, ma ha fatto qualcosa che non condividevano, e lo hanno etichettato come comunista.
E quello con cui loro non sono d’accordo è tutto fascista.
E Jack Rabbit dice che il KKK non è fascista.
Direi che il KKK è fascista nel modo in cui io intendo il fascismo.
Ora è qui che tutto comincia a diventare un po’ folle.
Che cos’è in realtà il fascismo? Ci sono molte interpretazioni.
Ho fatto un video su questo.
Quindi ci sono stati tre modi di affrontare la questione, che io sappia, nel movimento comunista.
La definizione del vecchio Comintern, i cui partiti avevano questa linea, molti socialdemocratici hanno questa linea, dicevano cioè che il fascismo è l’autoritarismo di destra.
I repubblicani si trasformano e passano da conservatori a dittatoriali e autoritari, e quindi a fascisti.
E dicono sempre che i repubblicani sono il fascismo strisciante. Si stanno muovendo verso il fascismo.
Il fascismo è la destra.
Questo è lo standard che per lo più sentirete.
Conosco Georgi Dimitrov, il rappresentante del Comintern negli anni ’30, egli disse che il fascismo altro non è che il governo della parte più a destra della classe dirigente.
Beh, questa è una definizione.
C’è poi la definizione di Trotsky.
Trotsky scrisse a lungo sulla questione e sosteneva che il fascismo era un movimento di destra del ceto medio. Un’impennata del ceto medio. Un movimento del ceto medio emergente. Persone del ceto medio che odiano sia il movimento comunista che il grande capitale.
E poi sosteneva che Mussolini e la classe dominante avevano dirottato questo movimento di destra, e che in presenza di una crisi lo hanno usato per attaccare il socialismo.
Questo è l’argomento di Trotsky.
E poi c’è la definizione che l’Internazionale comunista usava all’inizio degli anni ’30, quella che chiamano socialfascismo. Dissero che chiunque non fosse comunista ›«se sembri comunista ma non lo sei, allora sei fascista! »
In realtà ci sono persone che vogliono che io canti di nuovo.
C’era una canzone che i militanti del vecchio Partito Comunista statunitense cantavano, e io l’ho imparato da qualcuno che a sua volta l’aveva imparata. Quando ero un bambino piccolo c’era una donna più anziana che era nel Partito Mondiale dei Lavoratori. Aveva circa 80 anni. Da bambina era andata in un campo estivo del Partito Comunista degli USA, quando aveva tipo quattro o cinque anni, all’inizio degli anni trenta e le insegnarono questa canzone.
Lei era di Brooklyn.

the cloakmakers’ union is a no-good union,
It’s a company union of the bosses.
They right-wing cloakmakers and the Socialist fakers
Are making by the workers double crosses.
And the Hillquits and Dubinskys and the Thomases
Are making by the workers false promises,
They preach Socialism, but they practice Fascism
To preserve Capitalism for the bosses. 2

Nei primi anni ’30 il Partito Comunista USA, diceva che Norman Thomas e il Partito Socialista erano fascisti. Dicevano che i trotskisti erano fascisti. Dicevano che l’IWW e l’anarco-sindacalista erano fascisti.
Se non eri nel Partito Comunista eri fascista.
Questa era un’altra definizione di fascismo.
Che poi Mao e la Banda dei quattro l’ha fatta rivivere negli anni ’70.
Negli anni ’70 Mao Tse Tung e la Banda dei quattro ha fatto rivivere quella definizione, e affermavano che l’Unione Sovietica dice che è socialista, ma in realtà è social-imperialista e quindi fascista.
Questa era la loro linea e questa era la loro giustificazione per allinearsi, ad esempio, con Pinochet.
Pinochet può anche essere un brutale dittatore, ma ›«hey sta combattendo quei fascisti dei leader sovietici, che in fin dei conti che erano socialfascisti».
E quella linea del socialfascismo proprio ora che era una linea ultra sinistra.
Ma il fatto è che esiste un granello di verità in tutte e tre le definizioni.
Abbiamo la definizione tradizionale che il fascismo è di destra.
Quella trotskista che il fascismo è un movimento di massa del ceto medio, e poi abbiamo quella dura che se sei un poliziotto, se sei un comunista se parli come un comunista ma non lo sei, allora sei un fascista.
Qual è l’elemento di verità in tutto questo?
Il fascismo è un movimento autoritario di destra, e viene dirottato dai più ricchi dei ricchi in un periodo di crisi, questo è vero.
I movimenti fascisti tendono ad avere una base di massa tra la classe media, che prova ostilità verso la classe dirigente ma anche verso i movimenti socialdemocratici, e questo è un elemento di verità della definizione trotskista.
E anche i fascisti tradizionalmente assumono un carattere populista o demagogico, che sono per l’uomo comune e tutto il resto.
Ma odiano i comunisti per davvero: ucciderò tutti i comunisti. Così si potrebbe dire che sembrano comunisti, ma non lo sono.
Tutte e tre queste definizioni indicano una certa verità. Ma tutte e tre, in sostanza, sono sbagliate.
Il fascismo non è così complicato.
Tutto questo è vero quando si osservano i movimenti fascisti, ma tutto ciò non è rilevante.
Il fascismo è un movimento di massa di violenza e terrore per preservare il capitalismo.
Sono quelli che vogliono risolvere la crisi con la distruzione, ecco cos’è il fascismo. Quando c’è una crisi del capitalismo, ci sono attivisti progressisti che dicono che abbiamo bisogno di prendere il controllo, il che significa la produzione, che dobbiamo muoverci verso il socialismo. E poi avete gli attivisti distruttivi che dicono che non abbiamo bisogno di distruggere e abbattere, e uccidere un sacco di persone e tornare indietro.
Così quando c’è una crisi della società, quando il vecchio modo di governare le crisi non funziona, quando l’élite al potere non sa quello che sta facendo, quando ci sono grandi problemi nell’economia, quando ci sono divisioni politiche all’interno della classe dirigente, quando la società sembra sgretolarsi, cosa fate?
I socialisti di sinistra, i socialisti sono costruttivi e vogliono andare avanti. Vogliono pianificare l’economia, sviluppare i mezzi di produzione, costruire una società migliore.
I fascisti vogliono abbattere, picchiare e uccidere le persone. Promuovere i sentimenti più arretrati tra la gente: bigottismo razziale, odio, crudeltà, sadismo.
Il fascismo è linciaggio. Il fascismo è il Ku Klux Klan negli Stati Uniti. Fascismo
è il Partito dei Centoneri in Russia, che fa i pogrom e massacra interi villaggi di ebrei. Il fascismo è una mobilitazione di violenza e terrore, è distruzione di massa per salvare il capitalismo.
È quando c’è una crisi nel sistema, il fascismo è quelli che si impegnano nella violenza e nella distruzione di massa e nel terrore, nel tentativo di risolvere la crisi.
Mentre il socialismo è quello che dice di no, il modo in cui risolviamo questa crisi è di andare avanti, di essere progressisti, di unire le persone, di costruire, di lavorare sodo per costruire un futuro migliore.
I fascisti fanno appello agli aspetti peggiori degli esseri umani, i socialisti a quelli migliori.
I fascisti vogliono che le persone siano arretrate, bigotte, piene odio, violente e distruttive, i socialisti vogliono che le persone si uniscano, cooperino, siano razionali, scientifiche e costruttive.
E che direi che negli Stati Uniti in questo momento, stiamo assistendo a un’ascesa del fascismo, lo vediamo a destra, con questi elementi dei Nazionalisti bianchi dove questi odiosi bigotti vogliono solo preoccuparsi di abbattere le cose e uccidere la gente, e direi che c’è anche un po’ di corrente fascista a sinistra. Molte di queste forze primitive, quelle che non credono nel progresso sociale, e pensano che la sovrappopolazione sia il problema, e pensano che dobbiamo solo abbattere le cose e tornare indietro.
E impegnarsi nell’avventurismo di ultra-sinistra, e sventolano una bandiera della sinistra.
Voglio dire che sono anche un po’ fascisti. E che se vuoi risolvere la crisi del capitale del capitalismo, abbattendo, picchiando, facendo a pezzi e muovendosi all’indietro, sei un fascista.
E se vuoi risolvere la crisi del capitalismo andando avanti, volendo costruire una vita migliore, promuovendo la scienza, la ragione, la tecnologia e lo sviluppo, e costruendo la solidarietà umana, e tenendo insieme la società, e curando chi ne ha bisogno, e sottolineando la cooperazione umana, e la solidarietà, e abbattendo il bigottismo, e facendo lavorare insieme le persone per costruire e costruire, allora sei un socialista.
Penso che purtroppo a questo punto di fascismo ne stiamo vedendo molto mentre è il socialismo la scelta giusta.
Penso che molti americani a questo punto sono socialisti e non lo sanno.
Eppure penso che ci siano molti americani che vogliono che il governo agisca per aiutare a combattere i lavoratori.
Fondamentalmente ho enfatizzato questo slogan e ne farò un video, ma questo slogan che penso debba essere presente ovunque nella società statunitense. Abbiamo bisogno di un governo che si batta per le famiglie che lavorano.
Lo ripeto: abbiamo bisogno di un governo che si batta per le famiglie che lavorano, questo è lo slogan che voglio sentire ovunque.
Sono andato in tutto il mondo per dirlo perché questo è l’antidoto al neoliberismo.

1 NDT, un sostenitore dell’intervento militare dell’Unione Sovietica per il mantenimento dei regimi comunisti. Letteralmente un carrista.

2 https://www.lyricsondemand.com/u/unknownlyrics/cloakmakersunionlyrics.html
Il sindacato dei fabbricanti di mantelli è un sindacato che non va bene,
è un sindacato dei padroni.
I fabbricanti di mantelli di destra e i fornai socialisti
stanno facendo ai lavoratori un doppio tradimento.
E gli Hillquits e i Dubinskys e i Thomases
stanno facendo ai lavoratori false promesse,
predicano il socialismo, ma praticano il fascismo
per preservare il capitalismo per i padroni

 

Dobbiamo cogliere l’occasione per un cambiamento di rotta pacifico di G.Zjuganov

Dobbiamo cogliere l’occasione per un cambiamento di rotta pacifico di G.Zjuganov

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Presentiamo questo lungo articolo del segretario del KPRF, G. Zjuganov, mai comparso in occidente, con le parole del traduttore italiano Davide Spagnoli:
“E’ un articolo molto interessante perché getta una luce sul pensiero dei comunisti russi dei quali, per la verità, al netto della retorica della propaganda dei media occidentali che, come noto, poco o niente hanno a che vedere né con l’informazione, né con la correttezza né con l’onestà intellettuale.
Se si legge con attenzione l’intervento di Zjuganov si trova molto più Berlinguer di quanto si possa immaginare: e anche questa è una cosa assolutamente insospettabile negli eredi di Lenin e Stalin, eppure…
Già l’aggettivo “pacifico”, e non “rivoluzionario” come invece in molti si sarebbero aspettato, del titolo è indice di una trasformazione in atto dei comunisti russi che brillano per capacità analitica.
Certo su alcune questioni – la loro visione dell’Europa – non ci troviamo d’accordo, ma il documento nel suo complesso resta un esempio per quello che i comunisti dovrebbero essere in grado di analizzare per elaborare la nostra alternativa.
Il lavoro di Zjuganov naturalmente risente anche dell’influenza dell’elaborazione teorica marxista prodotta dal gruppo attorno a Xi Jinping, erede e continuatrice di quella prodotta dal gruppo attorno a Stalin dal 1928 al 1936, cioè dal Primo piano quinquennale alla sconfitta patita da Stalin nel Comitato Centrale che doveva affrontare la questione del ritiro del Partito dallo Stato e delle libere elezioni: a questo proposito si veda https://drive.google.com/file/d/1QWsBxLNxQ8rODR3Tuhp8Y18aCuJ19TPV/view

Dobbiamo cogliere l’occasione per un cambiamento di rotta pacifico

L’incubo di Putin: l’urna elettorale

L’incubo di Putin: l’urna elettorale

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Dal The New York Times pubblichiamo un articolo uscito poco prima delle elezioni russe che hanno visto la grande avanzata del KPRF e il declino del partito di Putin. Si tratta chiaramente di un articolo della destra (qui in occidente presentata come progressista) liberale che prevedeva grossi problemi elettorali per Putin. Tuttavia non è andata come speravano i liberal russi: l’unica opposizione seria e in decisa crescita a Putin è quella del Partito Comunista

L’incubo di Putin: l’urna elettorale

di Michael Khodarkovsky

(Michael Khodarkovsky è professore di storia alla Loyola University Chicago)

Traduzione di Davide Spagnoli

FONTE

3 settembre 2019

Alla vigilia delle elezioni regionali, il Cremlino ha utilizzato trucchi, minacce e dimostrazioni di forza per superare le ombre gettate dalle proteste e la caduta dei consensi del presidente russo.

Il professor Khodarkovsky è autore del recente “Novecento russo: Un viaggio in 100 storie“.

L’8 settembre, i russi voteranno alle elezioni comunali e regionali, e le autorità hanno paura. Non di una qualsiasi interferenza di una potenza straniera – da decenni non ci sono elezioni trasparenti – ma del popolo russo e dei candidati dell’opposizione, che sono molto più popolari di quelli ufficiali.

La vecchia scatola dei trucchi elettorali sopravvive – per esempio spostando le elezioni da dicembre ai primi di settembre, in modo che le vacanze estive avrebbero lasciato gli sfidanti poco tempo per organizzarsi. Anche le autorità hanno fatto ricorso a nuovi trucchi, come ostruire il sistema elettorale con falsi candidati e presentare quelli fedeli come candidati indipendenti.

Le elezioni di quest’anno vedranno anche un nuovo sistema di voto digitale mobile che permette alle persone di votare online da qualsiasi luogo. I critici dicono che è un altro trucco per avvantaggiare le autorità.

Non lasciando nulla al caso, la commissione elettorale di Mosca ha trovato falsi motivi per escludere tutti i candidati a loro non graditi. E per intimidire questi aspiranti candidati le loro case sono state saccheggiate e molti di loro sono stati arrestati, portati in Questura e interrogati nel bel mezzo della notte.

Eppure niente di tutto questo ha funzionato: migliaia di persone sono scese in piazza, a partire dal 28 luglio, per protestare contro le decisioni del comitato elettorale. In risposta, le autorità hanno dispiegato una schiacciante forza di polizia locale e federale che ha arrestato la maggior parte dei leader dell’opposizione e quasi 1.400 manifestanti.

Due settimane dopo, quando le autorità di Mosca hanno autorizzato una manifestazione, circa 60.000 persone si sono radunate per le strade nonostante gli avvertimenti e le intimidazioni del governo. Anche se la manifestazione è stata ufficialmente autorizzata, la polizia ha usato la forza per disperdere i manifestanti e ne ha arrestati centinaia. Da allora, tutte le richieste dell’opposizione di autorizzare le manifestazioni sono state respinte.

Il Cremlino ha inviato un messaggio chiaro: qui non ci sarà nessuna Hong Kong, con le sue enormi proteste, né Istanbul, con le sue elezioni trasparenti che hanno portato alla vittoria l’opposizione. E per raggiungere questo obiettivo, il Cremlino è determinato a usare la violenza su larga scala. Non dovrebbe sorprendere nessuno. Questa è la naturale evoluzione di un’autocrazia – quando l’opinione pubblica si rivolta lentamente contro il regime, la forza bruta rimane l’unico mezzo per rimanere al potere.

Qualsiasi indicatore si adotti il declino del Putinismo è indiscutibile. È stato catturato da un sondaggio condotto a maggio dal Centro dell’opinione pubblica gestito dal governo, che ha dimostrato che la fiducia del pubblico nel presidente Vladimir Putin era scesa al 25%. Il Cremlino, che utilizza il centro per misurare l’opinione pubblica e raramente rende pubblici i risultati, era furioso e ha chiesto un altro sondaggio. Alcuni giorni dopo, un nuovo sondaggio ha dimostrato che il 72% dei russi ha fiducia nel presidente. Il Cremlino era felice, e il centro ha promesso di “migliorare la sua metodologia”.

Poi a giugno, dopo l’apparizione annuale di Putin alla Linea Diretta TV – una maratona di domande e risposte in scena per presentare un leader onnisciente nella comunicazione diretta con i cittadini – il sito YouTube del canale ha registrato 12.000 Mi piace e 170.000 Non mi piace. Alcuni esperti hanno calcolato che il sostegno a Putin tra questo pubblico è stato di circa il 7%.

Forse con gli esempi di Hong Kong e Istanbul in mente, Putin e i suoi amici sicuramente ricordano come, 30 anni fa, Mikhail Gorbaciov sperimentò una libera elezione limitata. Le precedenti elezioni nazionali e regionali sovietiche erano state una vergogna, con i candidati del Partito Comunista che invariabilmente vincevano perché non si trovavano di fronte a concorrenti.

Gorbachev voleva rinvigorire il sistema sovietico rendendolo più competitivo e permettendo ad alcuni membri non di partito di entrare nel suo corpo legislativo.

Per farlo creò un nuovo organo legislativo, il Congresso dei deputati del popolo, composto da 2.250 delegati. Un terzo dei seggi era riservato ai membri del Partito Comunista, lasciando gli altri due terzi aperti. Naturalmente, anche nei seggi aperti, i candidati appoggiati dal partito avevano numerosi vantaggi. Eppure, quando le elezioni si svolsero nel marzo 1989 ci furono grandi sorprese: 300 candidati, ovvero circa il 16% del nuovo organo legislativo, avevano sconfitto i candidati approvati dal partito. Tra coloro che hanno perso c’erano cinque membri del Comitato Centrale, un membro del Politburo e 35 capi regionali del partito.

Gorbachev pubblicizzò le nuove elezioni come una vittoria per le sue riforme e un riuscito sforzo per democratizzare il sistema politico sovietico. Gli intransigenti, innervositi dalla nuova libertà, e non abituati a una qualsiasi opposizione politica, non si divertivano allora, più di quanto non si divertono ora.

Un addetto ai lavori del Cremlino e architetto del regime di Putin, Vladislav Surkov, ha recentemente dichiarato che la Russia può essere mantenuta solo come stato di polizia militare e che Putin è l’unico leader di cui il popolo russo può fidarsi. Il putinismo, sosteneva, era un nuovo sistema politico e, come il marxismo o il leninismo, sarebbe durato secoli.

Nonostante questi desideri – o atteggiamenti – al vertice, il Putinismo è andato sempre più in pezzi: i media controllati dal governo stanno lottando per sostenere il calo di rating del presidente; le regioni russe sono impoverite; l’economia dipendente dal petrolio e dal gas è anemica; le élite russe sono consumate da lotte intestine per pezzi di torta in diminuzione; e le giovani generazioni sono meno suscettibili dei loro genitori e nonni alla propaganda governativa.

Il putinismo sembra destinato a durare molto meno del marxismo o del leninismo. È stato concepito come un’autocrazia ibrida in cui un’élite al potere controlla la maggior parte dell’economia e dei media in nome dello stato, tollerando un numero limitato di imprese e media indipendenti ma attentamente controllati. A differenza del Partito Comunista Cinese, con il suo controllo totale della società, il Cremlino di Putin ha scelto di lasciare una valvola di sfogo alle opinioni dissenzienti – purché rimangano marginali e non rappresentino una minaccia per chi è al potere.

Ma questo modello potrebbe essere giunto alla sua fine. L’opposizione si è rivelata meno marginale di quanto il Cremlino sperava e, mentre l’insoddisfazione per il regime cresceva, ha deciso che non c’era più alcuna utilità nel fingere che governasse la democrazia. L’ironia è che, nonostante la nuova disponibilità di Mosca a muoversi verso una modalità cinese più rigida, è la serietà con cui i russi si sono apporpriati delle precedenti concessioni di libertà limitate che ora rendono necessaria una dura repressione.

In realtà, la Russia è già tornata a essere uno stato di polizia militare, mantenendo Putin e il suo regime al potere principalmente con la forza e l’intimidazione. Non contando sulla sola polizia, nel 2016 il Cremlino ha creato una forza speciale di 340.000 guardie russe, la cui missione è principalmente “proteggere l’ordine pubblico”. Il governo ha inoltre smantellato costantemente ciò che resta di un’economia di mercato, spostando beni nelle casse dello Stato e investendo in un complesso militare-industriale in rapida espansione.

La maggior parte dei recenti arresti di massa, e il trattamento brutale dei manifestanti e dei membri dell’opposizione, sono una chiara indicazione che il regime è preparato a usare la violenza per rimanere al potere.

Il Cremlino comprende che una vera democrazia significherebbe la fine del Putinismo, e quindi lascia coloro che desiderano cambiare con mezzi democratici senza possibilità di scelta. Ma Putin vuole davvero trasformare la Piazza Rossa in una Tienanmen russa?

 

 

Tulsi Gabbard, candidata democratica alle presidenziali USA, esclusa dai dibattiti televisivi

Tulsi Gabbard, candidata democratica alle presidenziali USA, esclusa dai dibattiti televisivi

i-5-maestri

Di Caleb Maupin

Traduzione di Davide Spagnoli

Un piccolo esempio di come funziona la democrazia nella terra dei liberi. In questo caso nel Partito Democratico USA di cui la controparte qui nella provincia dell’Impero chiamata Repubblica Pontificia, è appunto il PD.

E notate bene stiamo parlando di Tulsi Gabbard non di Angela Davis…

 

Il Comitato Nazionale Democratico esclude Tulsi Gabbard e altri candidati dai dibattiti televisivi per le Presidenziali.

Tulsi Gabbard: L’intero processo manca per davvero di trasparenza. Le persone meritano di averla, perché alla fine è il popolo che deciderà chi sarà il nostro candidato democratico, e alla fine chi sarà il nostro prossimo Presidente comandante in capo, e la mancanza di trasparenza, com’è noto, crea una mancanza di fiducia nel processo elettorale.

Caleb Maupin: È un intervento fatto in TV in prima serata. Se vuoi essere qualcuno nel Partito Democratico, assicurati di salire sul palco dei dibattiti presidenziali.
Quindi, quali caratteristiche devi avere per farlo?
Due cose.
Innanzitutto, ricevere oltre 130.000 singole donazioni.
Due, ottenere almeno il 2% in un sondaggio a carattere nazionale.
Ah, ma ecco che qui diventa complicato: non tutti i sondaggi sono uguali e se al Comitato nazionale democratico non piaci, possono rifiutare i risultati del sondaggio che si mostrano a tuo favore.
Ora, Tulsi Gabbard ha raggiunto la soglia delle donazioni. Ha superato il 2% in 26 diversi sondaggi nazionali.
Tuttavia, il Comitato Nazionale Democratico afferma che non conta, hanno il loro elenco certificato.
Certo, è importante controllare le informazioni fornite.
Ma diamo una rapida occhiata ad alcuni sondaggi che sono stati respinti.
Quelli Politico, The Economist, Reuters.
Se questi risultati e agenzie di stampa ampiamente rispettati non sono credibili, allora in America, chi lo è?

Esperto sondaggi: Le società che fanno sondaggi negli Stati Uniti sono un club. Una rete di stretti collaboratori e amici, che non vedono di buon occhio i sondaggi realizzati da nuove società o che non sono membri del loro club o della loro Associazione.
Quindi, vorrei certamente ipotizzare che [NDT, quanto detto da Tulsi Gabbard] abbia qualcosa a che fare con questo visto che il Comitato nazionale democratico è un’organizzazione partigiana.
Quindi, qualsiasi sondaggio si dica che potrebbe provenire da una società che ha una tradizione di tendenze repubblicane, o non essere considerato facente parte della partigianeria democratica, verrebbe escluso.

Caleb Maupin: Anche i sondaggi ritenuti credibili dal Partito Democratico hanno un margine di errore compreso tra il 2 e il 6%, e quando il criterio per essere invitata a partecipare ai dibattiti presidenziali è solo il 2% un margine di errore come questo è un grosso problema.
Così Tulsi Gabbard potrebbe avere tra lo 0 e il 7% del sostegno tra gli elettori americani. Ora, tenete a mente che ci sono oltre 200 milioni di persone che sono registrate per votare negli Stati Uniti d’America.
Allora, qual è la differenza tra 0 e 14 milioni?
Beh, qualunque cosa sia, a quanto pare non è importante per il Comitato Nazionale Democratico.

Esperto sondaggi: Nel campionamento c’è un margine di errore.
Quindi, se il margine di errore è più o meno il 4%, come si fa a rappresentare il 2%?
Nei sondaggi se il candidato ha l’1,51%, si arrotonda fino al 2%, mentre con un 1,44% siamo di fronte a un risultato insignificante.
Possono dire che il Comitato Nazionale Democratico è un’organizzazione privata: possiamo stabilire le nostre regole. Ma poi devono anche essere aperti alle accuse di qualcuno come Tulsi Gabbard che dice che questo non ha l’odore di essere una cosa ben fatta.
E francamente sono d’accordo con lei. Non credo che abbia un buon odore.

Caleb Maupin: Ora, il DNC non ha esattamente una reputazione di imparzialità e correttezza.
Le E-mail del 2016 che sono trapelate, hanno mostrato che i leader del Partito Democratico stavano lavorando alacremente per far perdere Bernie Sanders e assicurarsi che fosse Hillary Clinton a confrontarsi con Donald Trump.
Ora, dopo lo sdegno diffusosi dopo quanto trapelato di quanto è stato fatto nel 2016 dal DNC, il nuovo presidente del Partito Democratico, Tom Perez, ha promesso di dare potere agli attivisti di base.

Tom Perez: Sono impegnato più che mai a ripristinare la fiducia degli elettori nel nostro processo democratico, perché anche la percezione d’imparzialità o di un vantaggio ingiusto mina la nostra capacità di vincere. Questo è inaccettabile. A tal fine, il nuovo DNC sotto la mia guida si impegna a fare in modo che il nostro processo di nomina per il 2020 sia indubbiamente equo e trasparente.

Caleb Maupin: Così, mentre la lista dei candidati viene ridotta ad un solo candidato finale, gli elettori dovranno decidere se il signor Perez sta mantenendo la promessa fatta.

 

Bezos contro Trump: 3 grandi elementi di divisione nella classe dominante degli Stati Uniti

Bezos contro Trump: 3 grandi elementi di divisione nella classe dominante degli Stati Uniti

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Traduzione di Davide Spagnoli

Da una mail del traduttore del presente articolo:

“Ho appena terminato la traduzione di un interessantissimo articolo di Caleb Maupin sulle tre fratture principali che attualmente dividono le élite degli USA, ricchi contro ultra-ricchi, e che pubblicherò nei prossimi giorni, in cui Caleb Maupin analizza con grande acume la situazione politica attuale negli Stati Uniti. Una lettura che mi ha affascinato molto per l’originalità del taglio prospettico che l’autore dà alla sua analisi, e che mi ha sorpreso non poco; ma il materialismo dialettico che guida tutto il reportage illumina con grande forza molti punti ancora oscuri della storia recente degli USA. Non fatevi illusioni: il ritorno al keynesismo, al capitalismo moderato dallo stato non sono farina del sacco della sinistra, ma degli ultra-ricchi per difendere i propri interessi economici. Le famiglie degli ultra-ricchi ricordano bene cosa accadde in una situazione analoga nel 1917 in Russia, i ricchi no.”

Bezos contro Trump: 3 grandi elementi di divisione nella classe dominante degli Stati Uniti

 

Il “miracolo irlandese”

Il “miracolo irlandese”

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di Luca Baldelli

 

Le.sirene neoliberiste hanno cantato, per due decenni abbondanti, le.magnifiche sorti e progressive del liberismo in salsa celtica dell’Irlanda. Un laissez faire quasi assoluto, che negli anni ’90 ha generato un aumento vertiginosi dei prezzi degli immobili residenziali (un appartamento veniva a costare, in quegli anni, e per tutti i primi anni 2000, l’equivalente di 3/400.000 euro).

Dopo la sbornia speculativa e smithiana, la realtà della dinamica economica, in assenza di qualsiasi ruolo di razionale di programmazione da parte dello Stato, si è incaricata, anche lassù, di svelare come sotto al vestito non ci fosse nulla, se non ottimismo mal riposto e fiducia sconsiderata nella fantomatica “mano invisibile”, un arto in realtà molto evidente nel suo dare a chi aveva già è nel suo togliere a chi già aveva poco. L’economia irlandese, drogata dalle perversioni di Smith, Friedman e compagnia, è collassata su se stessa, lasciando sul terreno, come sempre, morti e feriti tra i ceti subalterni, che mai avevano beneficiato di alcun miracolo, e tra la.classe media che si era illusa di poter raggiungere il livello economico dei grandi percettori di reddito, per l’antico suo vizio di avere la puzza al naso nei riguardi dei proletari e degli operai e di orientarsi sempre verso chi intende distruggerla per concentrare ricchezza.

Il primo frutto di questo collasso è stato proprio il crollo del mercato immobiliare, crollo del quale però lo Stato, fedele fino all’ultimo, nella.maniera più demenziale possibile, ai principi che avevano generato la catastrofe, non ha approfittato per ricalibrare scelte di azione e per affermare un ruolo non solo auspicabile, ma NECESSARIO, di pianificazione. Al contrario, lo Stato ha acquisito intere aree edificabili da istituti di credito ed attività economiche minati dalle insolvenze e dalle spericolate contorsioni speculative del “ventennio d’oro” e…cosa ha fatto? Non vi ha costruito o non vi ha agevolato l’edificazione di case popolari che avrebbero dato una risposta, la sola efficace e risolutiva, ai tanti senzatetto generati dagli anni del “boom” e dai contraccolpi successivi, ma ha rivenduto le aree ad agenzie orientate verso la costruzione di appartamenti e dimore di lusso, a beneficio dei soli ricchi, dei percettori parassitari o meno di alti redditi, ovvero di coloro i quali proprio non avevano bisogno di INTERVENTI STATALI.

Risultato? I senzatetto sono aumentati a dismisura e si è arrivati al paradosso per il quale i poveri si stipano in camere d’albergo ed i ricchi acquistano appartamenti edificati, col concorso primario dello Stato, sui terreni dove, per logica, etica e pure convenienza a lungo termine, sarebbero dovuti nascere appartamenti per i poveri, i proletari e per il ceto medio impoverito, proletarizzato dai ricchi. Si dimostra dunque, ancora una volta, che non è vero che il liberismo non tollera alcun tipo di azione da parte dello Stato: esso, al contrario, non può fare a meno di un ruolo completamente “alla rovescia” dello Stato e dei pubblici poteri, assenti nella programmazione a beneficio della collettivita’ ma sempre presenti quando si tratta di redistribuire benefici a chi già ne ha tanti, arricchendo i facoltosi ed impoverendo ulteriormente lavoratori e ceto medio piccolo-borghese.

Oggi vi sono almeno 50.000 senza tetto e quasi 100.000 famiglie in lista per una casa popolare o per una soluzione minima e necessitata di aiuto sociale in campo locativo. In questi giorni, si parla di ripartenza dell’economia irlandese, ma siamo alle solite, ed anzi emergerà in maniera ancora più evidente il danno prodotto dal neoliberismo: i prezzi delle case, fino ad ora scesi, ma,.come abbiamo visto, non al punto da renderli abbordabili da chi è a reddito fisso o si situa nei ranghi del ceto medio-basso anche con un lavoro autonomo, torneranno a salire ed allora ai senzatetto presenti se ne aggiungeranno altri ancora, visto il prevedibile ed anzi logicamente consequenziale balzo verso l’alto dei canoni di affitto e dei tassi dei mutui (questa tendenza è già visibile). E così la demenza del capitalismo è ancora una volta oscenamente evidente a chi la vuol vedere: i poveri negli alberghi a cinque stelle, in dieci per camera, oppure pigiati in condomini falangisti; i ricchi, invece, al caldo e ben protetti con tre, quattro, cinque case a testa. Aggiungiamoci che la “ripresa” che si dice in corso sta avvenendo per il traino delle esportazioni da parte delle multinazionali, presenti in Irlanda per via del regime fiscale ultrapermissivo e leggero, voluto dai governanti (a spese dei servizi sociali e dei lavoratori) e la.frittata è fatta: un’economia eterodiretta ed uno Stato volutamente privatosi dei minimi strumenti di controllo ed allocazione delle risorse, genererà nuove crisi, nuovi crolli, sempre pagati dai poveri…a meno che…non venga una Rivoluzione… Ma questa è un’altra storia.

 

Il saccheggio del patrimonio industriale dell’URSS (V)

Il saccheggio del patrimonio industriale dell’URSS (V)

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Traduzione di Davide Spagnoli

 

Restituire al paese una base forte!

Articolo pubblicato dal settimanale «Аргументы и Факты» № 23 07/06/2017

«40 anni fa, mi sono laureato all’istituto, sono diventato ingegnere elettrico». Sergei Sknarin, ingegnere, Rostov-sul-Don. «Ho passato la maggior parte della sua vita allo stabilimento dei materiali da costruzione N°. 1. N°. 1 parla da sé: è stata una delle migliori imprese della regione di Rostov. C’era un piazzale enorme, poligoni di prova, due sottostazioni proprie, il proprio sito sperimentale, dove si inventavano e creavano nuove attrezzature e macchine. Tutta la vita ruotava intorno al complesso industriale. Trovare un lavoro qui era considerata una grande fortuna. Siamo andati in diverse città della Russia, ci siamo scambiati esperienze e abbiamo fatto quello che abbiamo fatto.

E poi c’è stata la privatizzazione….. e tutto è andato in pezzi. È iniziata la corsa al profitto immediato. A scapito dello stabilimento e dei suoi piazzali, cominciarono a nascere alcune aziende dubbie a beneficio dei loro amici e parenti, amici della direzione. Non c’era bisogno di professionisti. Come risultato, l’impianto è fallito.

C’è un più grande pericolo in tali processi: non sono le singole aziende a morire, ma intere professioni. Io, un ingegnere, ho lavorato in un liceo tecnico per un paio d’anni e ho scoperto che i programmi di formazione erano scollegati dalla vita, dalla produzione. Tiro una conclusione: persone incompetenti sono venute a gestire non solo gli impianti, ma anche il processo di formazione di specialisti.

Si parla molto del ritorno dell’antica grandezza della Russia. Ma la sua grandezza dovrebbe basarsi su qualcosa – non solo su petrolio e gas, ma anche su petrolio e gas. L’URSS aveva questa base: il paese stava seguendo la strada dello sviluppo tecnico, creando impianti e fabbriche. E non era necessario interromperlo!

Oggi, la dirigenza del paese sembra aver colto l’opportunità d’investire nuovamente nella sua produzione, ad esempio nella difesa. Ma la sola difesa non tirerà fuori il paese da dove è finito. È necessario rilanciare l’intero settore. Altrimenti, altri tre anni e il nostro paese sarà per sempre dietro le grandi potenze industriali. E poi dovremo acquistare cinese, dipendere dalle importazioni e permettere ad altri paesi di arricchirsi grazie alla nostra miopia».